Il numero di maggio di Domus 1068 si concentra sull’abitare. Il Guest Editor 2022 Jean Nouvel nel suo editoriale mostra come l’architettura, per lasciare il segno ed essere considerata arte, debba analizzare e mettere in discussione il mondo.. “L’architettura dà prova di essere arte quando riesce a trovare un modo per mettere in discussione e analizzare il mondo in profondità. Come la natura, come le specie a rischio d’estinzione”.
Segue nei Saggi il professore e ex Direttore di Domus Deyan Sudjic, analizza le analogie presenti tra il mondo meccanico e quello dell’architettura, confrontando le diverse realtà su obiettivi comuni di innovazione e nuove soluzioni: dagli investimenti all’efficacia effettiva della ricerca. Segue una riflessione di Haig Beck e Jackie Cooper sull’opera del Pritzker Prize Glenn Murcutt, percepita come autenticamente australiana, anche se si innesta nell’approccio modernista internazionale.
Domus 1068 è in edicola, un numero dedicato ai desideri
Il magazine di maggio si focalizza sulla capacità immaginifica dell’architettura, con un focus sull’opera dello studio svizzero Herzog & de Meuron. Sfoglia la gallery per scoprire i contenuti della rivista.
Testo Jean Nouvel. Foto OMA
Testo Deyan Sudjic. Foto © Foster + Partners
Testo Haig Beck, Jackie Cooper. Foto © Glenn Murcutt. Courtesy of Architecture Foundation Australia
Testo Ian Volner. Foto Iwan Baan
Testo Alex Beam. Foto Iwan Baan
Testo Alex Beam. Foto Masaki Hamada
Testo Alex Beam. Foto Dia Mrad
Testo Alex Beam. Foto Wang Ziling © DnA_Design and Architecture
Testo Frédéric Maurin. Foto © Charles Duprat/Opéra national de Paris
Testo Volkan Alkanoglu. Foto Peter Molick
Testo Marc Newson. Foto © Alexandra de Cossette. Courtesy of Galerie kreo
Testo Shiro Kuramata. Foto Hiroshi Iwasaki
Testo Emilio Ambasz. Foto © Collection Artedia / Bridgeman Images
Testo Giulia Ricci. Illustrazione Roberta Ragona
Testo Chiara Testoni. Foto Kyung Roh
Testo Antonio Armano. Foto courtesy Lualdi
Testo Elena Sommariva. Foto Jonathan Mauloubier
Testo Andrea Bajani. Illustrazione Roberta Ragona
Foto © Iwan Baan
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- La redazione di Domus
- 07 maggio 2022
La prima parte della sezione Architettura è dedicata alla torre residenziale 56 Leonard Street realizzata dallo studio svizzero Herzog & de Meuron. Se finora a New York il grattacielo era una tipologia riservata agli uffici e connotata da facciate uniformi, l’edificio con la sua forma dendellata rielabora l’idea delle “case nel cielo” in un gioco di equilibrio fra volumi. “A cinque anni dal suo debutto, il 56 di Leonard Street appare una combinazione di relativo successo tra una stravagante fantasia urbana e una pragmatica machine à habiter” ne scrive Ian Volner.
Continua la sezione il progetto Broad Beach Residence dell’architetto Michael Maltzan, una residenza privata sulla spiaggia di Malibu, con una composizione di volumi che massimizza le viste sull’oceano, mentre i suoi interni sono amplificati da una serie di murali di Sol LeWitt. Kiyoaki Takeda Architects, invece, mostrano un progetto residenziale a Tokyo nato come esperimento sulla convivenza fra uomo e natura: un’architettura che si allontana dall’idea di verde come mera decorazione, presentandosi, invece, come infrastruttura per l’ambiente. Infine, una villa appoggiata sulle alle rocce aguzze libanesi di Karim Nader Studio, e un’infrastruttura pubblica creata in un’ex area mineraria di DnA_Design and Architecture.
Le pagine dedicate all’Arte sono incentrate sull’opera teatrale Turandot curata da Robert Wilson, dove l’elegante e il ludico, lo statico e l’agile si alternano nelle luci, nelle scene e nei costumi attribuiti d’istinto a un’ispirazione giapponese, ma la cui origine, sia pur lontana, si potrebbe fare risalire all’Espressionismo. Per Design Volkan Alkanoglu ci racconta il ponte pedonale commissionato da Fort Worth Public Art, mentre Marc Newson illustra la libreria modulare Quobus, disegnato per contenere altri oggetti e, quindi, per scomparire parzialmente. Infine Shiro Kuramata spiega il disegno del suo “calice di luce”.
Chiude il numero una riflessione finale di Emilio Ambasz, architetto e designer argentino. Ambasz descrive l’architettura come prodotto dell’immaginazione sociale. “Dobbiamo creare una nozione di architettura maggiormente a-tettonica, in cui l’architettura sia concepita come una componente integrale di quella natura generata dall’uomo che stiamo creando volutamente, ma anche involontariamente” scrive. “Il compito che abbiamo di fronte è riconciliare la natura che costruiamo senza sosta con quella organica che ci è stata affidata”.
Il Diario di questo mese, pagine dedicate all’attualità, è aperto dalla sezione Punti di vista, dove Alison Brooks, a capo dello studio studio Alison Brooks Architects, e Smith Mordak, direttorə per la Sostenibilità e la Fisica presso Buro Happold, dialogano sul futuro del mercato edilizio e delle strategie dell’architettura per realizzare nuovi modelli di sviluppo. Elena Sommariva racconta le collezioni di Pierre Charpin per Saint-Louis, che coniuga tradizione e design contemporaneo. Antonio Armano in dialogo con Pierluigi Lualdi racconta l’azienda di famiglia: dalle radici, racchiuse nel pulpito in noce della chiesa di San Nazario e Celso a Marcallo con Casone, a Welcome, la porta di Philippe Starck che integra in sé tutti gli elementi tecnologici.
Walter Mariotti, Direttore Editoriale di Domus, chiude con una riflessione su Giuseppe Tucci, un orientalista, esploratore, docente e storico delle religioni. Nel 1933 ha fondato con Giovanni Gentile l’Istituto italiano per il Medio ed Estremo Oriente di Roma (IsMEO).
Nell’editoriale di Domus 1068, il guest editor mostra come l’architettura, per lasciare il segno ed essere considerata arte, debba analizzare e mettere in discussione il mondo.
L’ex direttore di Domus analizza le analogie presenti tra il mondo meccanico e quello dell’architettura, confrontando le diverse realtà su obiettivi comuni di innovazione e nuove soluzioni: dagli investimenti all’efficacia effettiva della ricerca.
Dal punto di vista ambientale, semiotico e sociale, le case di Murcutt funzionano come verande super-efficienti.
Se finora a New York il grattacielo era una tipologia riservata agli uffici e connotata da facciate uniformi, l’edificio residenziale dello studio svizzero rielabora l’idea delle “case nel cielo” in un gioco di equilibrio fra volumi.
Disegnata per il leggendario agente di Hollywood Michael Ovitz, la residenza è una composizione di volumi che massimizza le viste sull’oceano, mentre i suoi interni sono amplificati da una serie di murali di Sol LeWitt.
Nata come esperimento sulla convivenza fra uomo e natura, questa casa è definita nella forma dal flusso dell’acqua piovana: un’architettura che si allontana dall’idea di verde come mera decorazione, presentandosi, invece, come infrastruttura per l’ambiente.
Il profilo orizzontale della residenza risponde alle rocce aguzze su cui si staglia, mentre, dall’interno, il paesaggio è incornicato da aperture precise.
Un’infrastruttura pubblica, dedicata a residenti e visitatori, rivitalizza un’ex area mineraria adattandosi al paesaggio e rigenerando l’ecosistema.
L’elegante e il ludico, lo statico e l’agile si alternano nelle luci, nelle scene e nei costumi attribuiti d’istinto a un’ispirazione giapponese, ma la cui origine, sia pur lontana, si potrebbe fare risalire all’Espressionismo.
Un ponte pedonale, commissionato da Fort Worth Public Art, mette insieme arte pubblica, urbanistica plug and play e infrastrutture.
Avviato nel 2015 per la libreria Taschen di Milano, Quobus è un oggetto disegnato per contenere altri oggetti e, quindi, per scomparire parzialmente.
Un progetto ha più forza quando riesce a unire visione artistica e funzionalità, come ha dimostrato il designer giapponese disegnando un calice di luce.
L’architettura è, prima di tutto, un prodotto dell’immaginazione sociale. Per dirla in altre parole, prima dovrebbe venire l’Immagine, e solo dopo il Verbo. Questo è il modo in cui l’arte propaga una cultura e feconda una società.
Di fronte al costo dell’energia e dei materiali che continua ad aumentare, quali sono le strategie dell’architettura per realizzare nuovi modelli di sviluppo? Ne parlano Alison Brooks e Smith Mordak.
Alle pendici di Gyeryongsan, in Sud Corea, Nameless Architecture offre ai visitatori un rifugio per una sosta, prima o dopo le fatiche della salita.
Pierluigi Lualdi racconta l’azienda di famiglia: dalle radici, racchiuse nel pulpito in noce della chiesa di San Nazario e Celso a Marcallo con Casone, a Welcome, la porta di Philippe Starck che integra in sé tutti gli elementi tecnologici.
Con una nuova collezione trasversale di 29 oggetti, che coniuga tradizione e design contemporaneo, la più antica cristalleria di Francia ha lo sguardo ben puntato sul futuro.
Le pensioni modeste, più che gli hotel di lusso, sono per lo scrittore un surrogato di casa. Come il piccolo albergo sulle colline vicentine, dove in occasione di una rassegna letteraria locale, ha occupato per anni, una settimana alla volta, la stanza numero otto.
Herzog & de Meuron, 56 Leonard Street, New York City