Una casa centenaria, una casa fatta di altre storie. Si trova nel centro storico della città, in mezzo ad altre abitazioni antiche, immersa in un tessuto urbano improbabile che nessuno ha mai disegnato. Era la casa madre intorno alla quale si è sviluppato il quartiere circostante. Abbiamo percepito subito, fin dal primo sopralluogo, che possedeva struttura e consistenza, chiarezza e potenzialità.
C'erano alcuni aspetti pratici da risolvere: l'esistenza di un unico bagno molto piccolo, mentre ne avevamo bisogno di quattro. C'era bisogno di molta luce, mentre i vani delle finestre, per quanto molto alti, erano stretti.
La luce: un'ossessione. Le finestre: da spalancare e da tenere sempre aperte. C'era bisogno di una disposizione e di nuovi usi per una famiglia flessibile, nomade e fluttuante. E l'antica casa è stata invasa da grandi oggetti. Affascinante la questione della scala architettonica. Quand'è che un oggetto smette di essere un oggetto? Appesi alle pareti, questi grandi oggetti hanno origine dal pavimento e possono arrivare fino al soffitto: sono sospesi in punti improbabili, alcuni ovvi e funzionali, altri quasi inutili. È positiva quest'apparente inutilità. Crea spazio mentale. Come i colori, che possiedono la stessa forza delle forme. Con Pedro Gadanho non abbiamo discusso di queste bensì, e parecchio, dei colori: per mesi e mesi, fino a quando non abbiamo raggiunto un accordo. I colori modellano la luce, trasformano una casa, ci chiamano o ci sospingono. Appaiono flussi e ritmi tra le porte, i corridoi, e il gioco di ampliare o contenere lo spazio, secondo il proprio desiderio. Nella rivisitazione del terrazzo, è stata disegnata una piscina azzurra con i gradini e la forma che
rievocano Casa Malaparte: casa e film feticci.
È l'altro oggetto, che sta fuori, ma che entra all'interno della casa, con più o meno forza, secondo la fase della giornata. E c'è anche una pelle. Una nuova pelle che, in contrapposizione agli antichi azulejos della facciata su strada, ha impresso nel prospetto interno un tratto di metallo grigio, inframmezzato di vetro, che finisce per avvolgersi in una scala esterna.
Exuberância cromática
Un interno lusitano, disegnato da Pedro Gadanho, modellato da luci e colori e popolato da grandi oggetti enigmatici.
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- Guta Moura Guedes
- 29 aprile 2011
- Torres Vedras
Il secondo piano, che non esisteva, è un ambiente nuovo e una sorta di contrappunto neutro all'esuberanza cromatica del primo piano. Neutro per l'uso del bianco, è coerente nell'uso dello stesso linguaggio formale. Tranquillo. Di sopra, si prende fiato dal trambusto sottostante. Tutta la casa vibra, anche quando non c'è nessuno.
Abbiamo cominciato adesso ad abitarla. Non è una cosa ovvia vivere qui, perché i colori e i grandi oggetti possiedono una specie di vita propria, indipendente dalla nostra. Ce ne stiamo accorgendo: giorno dopo giorno. Ci stiamo divertendo a sperimentare i diversi ambienti per scoprire il modo migliore di abitarli, e poi cambiare idea il giorno dopo. A volte, ci sediamo fuori, sul tetto in zinco del terrazzo di sopra, solo per vedere l'effetto d'insieme. Non c'è una combinazione di linguaggi: esiste una lingua originaria sulla quale si è innestato un nuovo alfabeto. Come se con questo si potessero formare parole nuove, pronte per essere usate in conversazioni già antiche. In questa casa ci sono giorni in cui ci sentiamo parte di una storia cominciata da noi, altri in cui, senza sapere da dove o perché, storie diverse arrivano a noi. Guta Moura Guedes
I colori modellano la luce, trasformano una casa, ci chiamano o ci sospingono. Appaiono flussi e ritmi tra le porte, i corridoi, e il gioco di ampliare o contenere lo spazio, secondo il proprio desiderio.
Design: Pedro Gadanho
Project Team: Pedro Gadanho, with Sara Silva Natária
Client: Guta Moura Guedes