Villa Planchart, Caracas 1953-57

Anala e Armando Planchart, affascinati dall'amore di Ponti per l'architettura, gli commissionarono la loro casa nella capitale venezuelana.

Pubblicato in origine su Domus 375/febbraio 1961


Una villa fiorentina
Casa per Anala e Armando Planchart a Caracas
Gio Ponti, nello Studlo Ponti Fornaroli Rosselli

Questa costruzione è dedicata ad Anala e Armando Planchart. Essa sorge a Caracas, sulla cima di un cerro (una collina) che sovrasta le alture dalle quali si vede, in meravigliosa infilata, la città (Caracas s'allunga in una valle che corre fra le pendici più alte della catena dell'Avila, da un lato, e questi colli più dolci, dall'altro). Paolo Gasparini ha lavorato non solo da espertissimo fotografo quale egli è, in questo difficile campo delle fotografie d'architettura, ma anche da conoscitore dell'architettura (senza di che non la si fotografa). Egli ha fotograficamente reso nel miglior modo possibile questo complesso difficilissimo da riprodurre, perchè qui ogni spazio si apre per più lati sull'altro, determinando una serie di mutevoli spettacoli architettonici, composti e integrati gli uni con gli altri, con vedute incrociate, attraversanti, d'infilata, e dall'alto in basso e viceversa; e con dislivelli e trasparenze, componendo piani e spazi in un gioco senza intermittenze, dove sempre nuove prospettive appaiono e si inquadrano col muoversi del visitatore.
Si può osservare in queste fotografie degli esterni, come i muri di facciata appaiano distaccati fra loro ai margini, e non si incontrano sugli angoli a formare volume chiuso e pieno: ciò perchè il muro - che non è più portante ma è solo uno schermo portato dalla struttura - non deve ‘pesare’ neanche visualmente e ciò è espresso dalla evidenza, dei suoi bordi sottili. Questi muri di facciata sono distaccati anche dalla copertura, la cui ampia, e sottile ala di gronda appare come lo continuazione del soffitto del salone. Questo tetto è come una grande ala appoggiata sulla casa, a proteggerla. Le pareti esterne, e il disotto dell’ala di gronda, sono rivestiti in mosaico bianco di ceramica, della Joo
Si può osservare in queste fotografie degli esterni, come i muri di facciata appaiano distaccati fra loro ai margini, e non si incontrano sugli angoli a formare volume chiuso e pieno: ciò perchè il muro - che non è più portante ma è solo uno schermo portato dalla struttura - non deve ‘pesare’ neanche visualmente e ciò è espresso dalla evidenza, dei suoi bordi sottili. Questi muri di facciata sono distaccati anche dalla copertura, la cui ampia, e sottile ala di gronda appare come lo continuazione del soffitto del salone. Questo tetto è come una grande ala appoggiata sulla casa, a proteggerla. Le pareti esterne, e il disotto dell’ala di gronda, sono rivestiti in mosaico bianco di ceramica, della Joo
Questa costruzione, come l'altra mia a Caracas, la villa di Bianca Arreaza (vedi Domus 349), è un gioco di spazi, superfici e volumi che si offrono con aspetti diversi a chi vi penetra: è una 'machina', o se volete una scultura astratta in scala enorme, non da guardare dal di fuori, ma da guardare dal di dentro, penetrandovi e percorrendola: fatta per essere osservata girando continuamente l'occhio. Ma non solo per l'occhio questa costruzione è fatta; è fatta anche per la vita di chi la abita; ha assecondato con attenta comprensione ciò che è stato richiesto, e ne ha ricevuto infine quella che è poi la lode più vera per l'architetto: l'affermazione che si è riusciti a ciò ch'era desiderato, ciò che era chiesto per la vita di chi abita.

Debbo dire che questo è stato un compito estremamente piacevole, perchè la richiesta è stata sempre intelligente, chiara, discreta, fatta con confidente amicizia dalle impareggiabili persone alle quali ho dedicato questo lavoro. Dice Vitruvio che dell'architettura il committente è il padre, l'architetto la madre. I committenti di Caracas sono stati genitori esemplari, e non tanto per la grande liberalità di mezzi che han voluto dedicare alla loro villa, quanto per la simpatia umana, la discrezione rara, la comprensione e la fiducia con la quale hanno accompagnato il lavoro dell'architetto, moltiplicano do il suo impegno.
L'aspetto del versante dell'ingresso. L'ala a grandissimo sbalzo della pensilina ombreggia il garage all'aperto
L'aspetto del versante dell'ingresso. L'ala a grandissimo sbalzo della pensilina ombreggia il garage all'aperto
Oh, se tutti i committenti fossero così! Il committente - dice il mio amico Rogers - è colui senza il quale non si può fare architettura, e con il quale nemmeno. Ma a Caracas il committente è stato colui con il quale si è potuto fare, secondo le nostre forze, architettura. Cioè si è potuto dedicare tutto il tempo all'architettura, invece di dedicarne il più a battagliare con un committente autolesionista, e il meno all'architettura. E sono anche grato ad Anala e Armando Planchart della simpatia con la quale sono venuti incontro al mio desiderio di onorare la loro casa anche con cose d'arte italiane, accanto alle opere degli astrattisti venezuelani ed internazionali, e a quelle del grande maestro venezuelano Reveron che appartengono alla loro collezione: dai quadri di Morandi a quelli di Campigli, dalle opere di Melotti e di Rui ai vetri di Venini e Seguso, alle ceramiche di Gambone, alle sete di Ferrari, alle sedie e poltrone di Cassina, agli oggetti di Danese. Il più dei mobili e delle finiture san stati eseguiti magistralmente da Giordano Chiesa, non produttore soltanto ma vero collaboratore; le lampade sono di Arredoluce; i tappeti 'astratti', in pelle di vacca, sono di Colombi di Milano: i marmi sono marmi italiani. (Una collaborazione esecutiva nell'architettura, mi venne data in Caracas prima da Mario De Giovanni, in fine da Graziano Gasparini, architetto ed amico).
Il committente - dice il mio amico Rogers - è colui senza il quale non si può fare architettura, e con il quale nemmeno
A sinistra: L'ambiente naturale in cui sorge la casa, in cima a un ‘cerrito’ (una collinetta).  Sul ‘cerrito’ attorno alla casa, il giardino non è stato disegnato ma creato, con una stupenda collezione di alberi e di fiori tropicali, scelti dai committenti stessi che amano queste cose e se ne intendono. A destra: la facciata verso Caracas
A sinistra: L'ambiente naturale in cui sorge la casa, in cima a un ‘cerrito’ (una collinetta). Sul ‘cerrito’ attorno alla casa, il giardino non è stato disegnato ma creato, con una stupenda collezione di alberi e di fiori tropicali, scelti dai committenti stessi che amano queste cose e se ne intendono. A destra: la facciata verso Caracas
Parlando di cose italiane voglio aggiungere un fatto curioso, che si riconnette però ad una convinzione che attraverso successivi episodi si è fatta e si va facendo sempre più ferma in me.

Nessuna pregiudiziale che non fosse la mia più assoluta e libera espressione personale, e una adesione a principi ed esperienze esclusivamente moderni, è esistita in me di fronte a questo lavoro: nessuna. In esso mi è stato consentito di effettuare in pieno questa desiderata espressione: di seguire quei principi - della espressione del "muro portato", della architettura 'autoilluminata', e via via - cioè quei 'pensieri' che costituiscono il mio credo nella architettura moderna; fuori e al di là di ogni pregiudizio espressivo 'nazionale' o ambientale.
La scala a vista dal soggiorno
La scala a vista dal soggiorno
I risultati? Uno è che, quando si opera con la dovuta e più che naturale attenzione alle condizioni climatiche del luogo, il che è doveroso ed elementare e facile, l'architettura vi si inquadra 'naturalmente' senza bisogno di richiami o copiature ambientali. L'altro è che, avendo operato solo con sincerità senza nessun presupposto 'italiano', cioè senza voler fare, per dirla alla Cocteau, une architecture (italienne) d'après l'architecture (italienne), si è avverato il sorprendente (ed a me carissimo) episodio di sentirmi dire che questa era una "villa fiorentina". Questo giudizio, formulato con spontanea sincerità da persone del luogo, al di fuori da ogni pretesa di esprimere un giudizio "d'architettura", è probativo d'una cosa, cioè del fatto che anche facendo una architettura spregiudicatamente conseguente al proprio tempo, si è (o si resta) inconsapevolmente ma felicemente del proprio paese, italiani cioè, in più nella tradizione profonda e vera, e non formale e accademica. on è necessario nè essere dogmatici seguaci di un disegno moderno, nè dogmatici seguaci di un disegno tradizionale, per essere moderni e tradizionali, e nemmeno di essere preoccupati di tutto ciò: basta conoscere gli spiriti di una cultura moderna, ed in quanto ad 'italianità', basta essere italiani. Così, da italiano, ho potuto rendere omaggio ai cittadini venezue1ani, che mi hanno onorato chiamandomi a lavorare nella loro bella capitale.
L’ambiente della scala interna, che è situata fra il soggiorno e il patio: il rivestimento in ceramica del patio penetra nell'ambiente della scala: le due statue in ceramica sono di Fausto Melotti
L’ambiente della scala interna, che è situata fra il soggiorno e il patio: il rivestimento in ceramica del patio penetra nell'ambiente della scala: le due statue in ceramica sono di Fausto Melotti
Il patio dalla vetrata del soggiorno.
Nel patio le pareti sono coperte da una ‘tessitura’ di fondo in elementi di maiolica murati: davanti ad essa corrono, distaccate dal muro, delle sagome sottili in maiolica di diversi disegni (una sorta di fantastica vegetazione rampicante astratta). Le ceramiche sono di Fausto Melotti
Il patio dalla vetrata del soggiorno. Nel patio le pareti sono coperte da una ‘tessitura’ di fondo in elementi di maiolica murati: davanti ad essa corrono, distaccate dal muro, delle sagome sottili in maiolica di diversi disegni (una sorta di fantastica vegetazione rampicante astratta). Le ceramiche sono di Fausto Melotti
Al primo piano, lo stanza degli ospiti: da qui si gode una profonda visuale prospettica (una delle sette studiate visuali prospettiche che attraversano il corpo della casa): dalla camera al patio, alla scala, alla vetrata sopra l'ingresso, al cielo. Si osservi, nel patio, il margine alto della parete in ceramica: è inclinato in dentro e schermato: di notte, la luce piove dall'alto (dietro lo schermo), radendo la parete
Al primo piano, lo stanza degli ospiti: da qui si gode una profonda visuale prospettica (una delle sette studiate visuali prospettiche che attraversano il corpo della casa): dalla camera al patio, alla scala, alla vetrata sopra l'ingresso, al cielo. Si osservi, nel patio, il margine alto della parete in ceramica: è inclinato in dentro e schermato: di notte, la luce piove dall'alto (dietro lo schermo), radendo la parete
Nella stanza da letto matrimoniale, il mobile a parete porta una collezione di giade: nella vetrina centrale, illuminata, vi è il gioco di due aspetti a sorpresa, positivo e negativo, a seconda della posizione dell’antina girevole che copre la nicchia
Nella stanza da letto matrimoniale, il mobile a parete porta una collezione di giade: nella vetrina centrale, illuminata, vi è il gioco di due aspetti a sorpresa, positivo e negativo, a seconda della posizione dell’antina girevole che copre la nicchia

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