I nomi e i cognomi della migrazione

Dopo Marrakech, Dakar, Parigi e Firenze, l'installazione “People of Tamba” arriva a Milano, alla Fondazione Sozzani (e nelle strade della città).

Ispirato da “Uomini del XX secolo”, la celebre serie di ritratti tipologici realizzati dal fotografo tedesco August Sander poco prima dell’ascesa nazista, con “People of Tamba” Giovanni Hänninen compie un atto vitale e necessario, proprio nel momento in cui l’Europa rischia nuovamente di voltare le spalle a concetti basilari come unione, solidarietà, diritto e, in ultima e triste analisi, umanità. 

I suoi duecento ritratti dei Tamba, realizzati nel cuore povero e rurale di quel Senegal da cui molti dei moderni migranti arrivano, parlano la stessa lingua chiara e diretta, ma si rivolgono a un pubblico che dalla storia dovrebbe aver imparato un’importante lezione, e che pure sembra commettere gli stessi errori di sempre. Privati dei loro nomi e cognomi dalla cronaca giornalistica quotidiana e anestetizzante, i migranti sono stati sommersi dall’oceano dei grandi numeri, buono per le statistiche ma incapace di spiegare davvero i fenomeni.

È invece alle storie di queste persone che Hänninen mira, ai volti delle donne e degli uomini che stanno dietro a questa grande storia collettiva, ai loro nomi, alle loro professioni, in una parola all’identità che troppo spesso gli è stata negata. Ma a differenza di una fototessera, che è il massimo atto di riconoscimento cui i migranti possono aspirare una volta attraversato il Mediterraneo, qui, in queste generose e colorate rappresentazioni della nativa Tambacounda, abiti e soprattutto ambientazioni raccontano tutta una vita, la dignità di un racconto personale che è fondamentale condividere.

Perciò è importante il viaggio che queste fotografie, stampate in formato 3 x 2 metri, hanno compiuto finora, spostandosi dai muri di una città a quelli di un’altra: prima, nel 2018, nello stesso Senegal, alla Biennale d’Arte Africana Contemporanea Dak’ Art, e a Parigi, durante la Nuit Blanche; poi, quest’anno, a Firenze per il Black History Month Festival e alla Medina di Marrakech durante l’1–54 Contemporary African Art Fair al Musée d’Art Contemporain Africain Al Maaden. Ora, ancora una volta stampati su manifesti — una tecnica povera, diretta e però complessa — e affissi in giro per la città in un’operazione di arte pubblica di effetto suggestivo, in occasione della mostra alla Fondazione Sozzani dal 17 maggio al 2 giugno, i ritratti a grandezza naturale arriveranno anche a Milano, non solo sulle pareti della terrazza di Corso Como 10 ma anche per le strade della città, a guardarci direttamente negli occhi per chiederci attenzione e considerazione. 

Senegal/Sicily: Alpha/Aisadou, trailer

In contemporanea verrà presentato “Homecomings”, uno dei corti video-documentari realizzati dal regista e autore Alberto Amoretti con Giovanni Hänninen. Nato dalla collaborazione con la Josef e Anni Albers Foundation e la Ong Le Korsa, “Senegal/Sicily” fa infatti in qualche il paio perfetto con “People of Tamba”, a cui è direttamente correlato pur essendo un progetto differente. I film, testimonianze video dirette di migranti che raccontano la loro esperienza o dei loro connazionali che sono rimasti in patria, rappresentano un dialogo a distanza che da un lato rispetta i canoni della tradizione orale e dall’altro s’innesta nel sistema locale di istruzione e prevenzione con gli strumenti della contemporaneità.

Dopo essere stati dapprima proiettati nei vari villaggi di Tambacounda, con una modalità itinerante anch’essa reminiscente dei primi anni del secolo scorso, i video sono poi arrivati al Maysles Documentary Center di Harlem, a New York, via Dakar, Marrakech e Palermo. La ricerca, affascinante nella sua composta ed essenziale linearità narrativa, spazia dalle conversazioni virtuali tra madri e figli alle differenze tra i migranti degli anni ’90 e quelli delle ultime ondate, dalle speranze delle studentesse del Foyer de Jeunes Filles a Tambacounda alle esperienze di chi ha dovuto lasciare il Senegal perché omosessuale, fino al caso di Thiaroye-sur-mer, luogo di molti adii. Protagonisti di questo quarto capitolo i migranti che sono stati costretti a tornare a casa, affrontando la consapevolezza di non avercela fatta.

Precede l’inaugurazione del 16 maggio una conversazione, mercoledì 15 alle 19.00 presso la libreria Verso in Corso di Porta Ticinese 40,tra Giovanni Hänninen, qui in veste di docente di Fotografia per l’Architettura presso il Dipartimento di Architettura e Studi Urbani del Politecnico di Milano, e la nostra Simona Bordone, responsabile dei progetti speciali di Domus: “Paesaggi fotografati” è il titolo dell’incontro, che tenterà di fare il punto sul ruolo della fotografia contemporanea nei confronti dell’architettura e del paesaggio.

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