La new town di Oppenheimer tra placemaking e colonialismo nucleare

La “città nuova” costruita dal nulla nel New Mexico e vista nel film Oppenheimer getta le basi di una politica economica e industriale che, tra poche luci e molte ombre, ha cambiato la storia e trasformato la geografia fisica e umana dei territori di frontiera americana.

Una città costruita da zero e in tempi record in un paesaggio selvaggio per una prestigiosa comunità di accademici riuniti attorno ad un progetto misterioso. È la storia avvincente e controversa di Los Alamos, il luogo sull’altopiano di Pajarito nel nord del New Mexico che il Governo statunitense selezionò come una delle sedi strategiche – insieme a Oak Ridge nel Tennessee, a Richland e Hanford a Washington – per l’attuazione del Progetto Manhattan, il programma federale introdotto durante la Seconda guerra mondiale per realizzare la bomba atomica.

Los Alamos era la località prescelta dal Corpo degli Ingegneri dell'Esercito degli Stati Uniti come sede del Laboratorio Nazionale per la progettazione e la costruzione della bomba: qui, nel 1943, sotto la direzione scientifica di Robert Oppenheimer confluì l’élite degli scienziati che realizzò la prima bomba a fissione nucleare, come il film di Christopher Nolan attualmente nelle sale racconta.

Los Alamos National Laboratory, Los Alamos, USA. Foto United States Department of Energy

La città, “segreta” ed esclusa per anni dalle mappe e dal traffico aereo, comprendeva il laboratorio allestito nella vecchia scuola preesistente e, attorno ad esso, un agglomerato progettato per accogliere soldati, lavoratori, scienziati con le loro famiglie, nella convinzione che la vita di comunità e la tranquillizzante consuetudine del quotidiano avrebbe incoraggiato una ricerca scientifica più serena e proficua. In breve tempo, venne così a formarsi un vero e proprio centro abitato, molto diverso dagli insediamenti militari provvisori e più affine a un quartiere suburbano dotato di alloggi di varie tipologie, servizi, infrastrutture, aree a verde e percorsi pedonali che tentarono di rendere gradevole il vivere in una zona di frontiera nonostante il filo spinato che circondava l’area e il segreto militare che imponeva l’obbligo di compartimentazione delle mansioni e l'isolamento totale degli scienziati dal resto del mondo.

Se da un punto di vista insediativo la città, come le altre del Progetto Manhattan, non aveva nulla di particolarmente innovativo rifacendosi a modelli già noti delle città giardino – da Ebenezer Howard, a Patrick Geddes, a Frederick Law Olmsted, a Calvert Vaux – la spinta innovativa fu sicuramente data dagli strumenti realizzativi: la necessità di costruire e testare la bomba anticipando l’ordigno di Heisenberg impose processi esecutivi rapidi e performanti, per quanto riguardava sia i tempi di costruzione sia la scala di intervento, resi possibili dall’adozione di spinte tecnologie di prefabbricazione.
 


A quasi ottant’anni dalla fine della guerra, il Progetto Manhattan e le sue “città modello”, tra cui Los Alamos, hanno lasciato un’eredità ambigua. Se da un lato la ricerca scientifica è stata ampiamente potenziata (soprattutto nel campo della difesa nazionale) negli anni a seguire, dall’altro l’avvio dell’era nucleare ha comportato conseguenze devastanti in termini di cancellazione della geografia fisica e umana di molti territori. Con il Progetto Manhattan gli USA avviarono una stagione di “colonialismo nucleare” che consisteva nel sottrarre alle popolazioni native aree estese del territorio nazionale, soprattutto del Sud-Ovest e del Pacifico nordoccidentale, per avviare processi di ricerca, lavorazione, test, produzione e smaltimento dell’industria nucleare. 

Los Alamos National Laboratory, Los Alamos, USA. Foto United States Department of Energy

Anche se il protagonista del film di Nolan, in omaggio ad un copione politicamente corretto, recita che sull’area di Los Alamos c’erano precedentemente solo una scuola e indigeni che vi svolgevano riti funebri, in realtà le terre erano occupate da coloni ispanici e nativi americani che, da generazioni, possedevano la maggior parte delle fattorie locali e che l’esercito disinvoltamente estromise e espropriò con indennità irrisorie e metodi discutibili. Popolazioni nel tempo confluite nell’indotto dell’industria nucleare, “downwinders” che – allettati dal miraggio di un salario – accettavano di vivere e lavorare in aree esposte alla contaminazione radioattiva, come è capitato a coloro che gravitavano attorno all’area di Trinity a poche centinaia di miglia da Los Alamos, dove fu deflagrato nel luglio del ’45 il primo ordigno nucleare.

Oggi i siti di Oak Ridge, Hanford e Los Alamos fanno parte del Manhattan Project National Historic Park, che custodisce e promuove la conoscenza di questa pagina della storia americana.
 

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