Francoforte. La mostra “SOS Brutalism” in soccorso dell’architettura brutalista

Al Deutsches Architektur Museum la mostra “SOS Brutalism. Save the concrete monsters” invita a salvare gli edifici importanti del movimento.

La mostra è a cura di Oliver Elser, della piattaforma online “SOS Brutalism”, ed è allestita in collaborazione con la fondazione Wüstenrot con lo scopo di illustrare uno dei più influenti movimenti d’architettura del secolo scorso. “SOS Brutalism” si basa sull’archivio e sulla documentazione intorno a questo significativo movimento architettonico tratti dal sito omonimo, da Instagram, da Facebook e da altri canali, per diffonderne la conoscenza e rinsaldarne il riconoscimento e l’apprezzamento da parte del grande pubblico che molto spesso considera brutto il Brutalismo. È il motivo per cui molti edifici del XX secolo, come abbiamo constatato recentemente in varie occasioni, sono a rischio di ristrutturazione se non di demolizione. L’ultimo esempio è la demolizione del complesso residenziale del Robin Hood Garden di Londra, realizzato nel 1972 da Alison e Peter Smithson e riconosciuto dagli esperti come una delle più importanti strutture brutaliste britanniche.

Fritz Wotruba: Holy Trinity Church, Wien-Mauer, Austria, 1971–1976. Photo Wolfgang Leeb 2011

Per scongiurare ulteriori danni “SOS Brutalism” compila un inventario a livello mondiale degli edifici e illustra le loro condizioni attuali. Il Brutalismo come stile ha origine con le tarde opere di Le Corbusier degli anni Cinquanta, che rinnegavano la candida purezza formale degli anni Quaranta e adottavano decisamente l’uso di caratteristiche strutture di calcestruzzo, che assumevano forme organiche e ardite. Questa estetica grezza e il carattere di autenticità dell’uso umile del calcestruzzo diedero il nome all’intero movimento. L’espressione francese béton brut venne a indicare il nuovo linguaggio architettonico fatto di forme monumentali, volumi audaci e superfici grezze, che introduceva nell’architettura una nuova sensibilità scultorea. Il termine Brutalismo venne coniato ufficialmente dal Reyner Banham, prolifico critico e storico inglese, nel suo libro del 1966 New Brutalism: Ethic or Aesthetic, in cui descriveva le opere dei giovani architetti europei che lavoravano secondo i suddetti principi.

Jesús Sandoval, Tomás Lugo Marcano, Dietrich Kunckel: Teresa Carreño Theater, Caracas, Venezuela, 1971–1983. Photo Antolin Sanchez 1990
Theodore “Tao” Gofers: Sirius Apartment Building, Sydney, Australia, 1978–1980. Photo Craig Hayman, 2017
IACP (Carlo Celli / Luciano Celli): Rozzol Melara, Trieste, Italy, 1969–1982. Photo Paolo Mazzo 2010
IACP (Carlo Celli / Luciano Celli): Rozzol Melara, Trieste, Italy, 1969–1982. Photo Paolo Mazzo 2010
Johannes Möhrle: Central Post Office, Marburg, Germany, 1965–1976. Photo Felix Torkar 2017
Graeme Gunn, Plumbers and Gasfitters Employees’ Union Building, Melbourne, Australia, 1968–1971. Photo Graeme Gunn c. 1971
Claude Parent, Paul Virilio: Sainte-Bernadette du Banlay, Nevers, France, 1963–1966. Photo Bruno Bellec 2008
Victor Leviash, Naum Matusevich: Building 5, Leningrad Electrotechnical Institute (today: Saint Petersburg Electrotechnical University), Saint Petersburg, Russia, 1965–1975. Photo Nikolai Vassiliev 2017
Herwig Udo Graf, Cultural Center, Mattersburg, Austria, 1973–1976
Victor Leviash, Naum Matusevich: Building 5, Leningrad Electrotechnical Institute (today: Saint Petersburg Electrotechnical University), Saint Petersburg, Russia, 1965–1975. Photo Konstantin Antipin 2016
Rinaldo Olivieri: La Pyramide, Abidjan, Ivory Coast, 1968–1973
Alison Smithson, Peter Smithson, Secondary Modern School (today: Smithdon High School), Hunstanton, Great Britain, 1949–1954. Photo Xavier de Jauréguiberry 2008

Diede un’identità al moltiplicarsi di forme inconsuete, di creazioni scultoree in calcestruzzo e, soprattutto, di superfici che molti architetti lasciavano grezze con le tracce delle casseforme di legno necessarie alla realizzazione dei manufatti di calcestruzzo. Il Brutalismo, come stile, nella seconda metà del secolo scorso divenne molto popolare. Adottato soprattutto dagli architetti per progettare edifici con funzioni culturali, scolastiche, amministrative, religiose e con altre destinazioni pubbliche e residenziali, il Brutalismo divenne l’estrema celebrazione degli ideali e delle utopie del Modernismo, prima dell’ascesa al potere del Postmoderno negli anni Settanta.

O. Gurevich, V. Zhukov: Hotel Rus, Saint Petersburg, Russia, 1980–1988. Photo Konstantin Antipin, 2016

L’allestimento della mostra di Francoforte presenta una serie di modelli, di fotografie, di testi e di altri documenti, e mette in rilievo alcuni degli esempi più interessanti dell’architettura brutalista. Insieme con quelle più famose, alcune strutture raramente viste sono rappresentate su schermo. I curatori hanno deciso di trattare l’argomento attraverso determinati temi e determinate prospettive, concentrandosi soprattutto sul materiale, sulla conservazione e sugli aspetti geografici del movimento. I progetti individuali sono suddivisi secondo dodici importanti aree: America Settentrionale, America Latina, Africa, Asia Meridionale e Sud-Est Asiatico, Asia orientale, Russia, Asia Centrale e Caucaso, Europa Orientale, Europa Occidentale, Medio Oriente, Gran Bretagna, Oceania e Germania, che documentano l’internazionalità dello stile e la profondità con cui si inserì in differenti contesti.

Fig.1 Vista della mostra “SOS Brutalism”. Photo Moritz Bernoully
Fig.2 Vista della mostra “SOS Brutalism”. Photo Moritz Bernoully
Fig.3 Vista della mostra “SOS Brutalism”. Photo Moritz Bernoully
Fig.4 Vista della mostra “SOS Brutalism”. Photo Moritz Bernoully
Fig.5 Vista della mostra “SOS Brutalism”. Photo Moritz Bernoully
Fig.6 Vista della mostra “SOS Brutalism”. Photo Moritz Bernoully
Fig.7 Vista della mostra “SOS Brutalism”. Photo Moritz Bernoully
Fig.8 Vista della mostra “SOS Brutalism”. Photo Moritz Bernoully
Fig.9 Vista della mostra “SOS Brutalism”. Photo Moritz Bernoully
Fig.10 Vista della mostra “SOS Brutalism”. Photo Moritz Bernoully
Fig.11 Vista della mostra “SOS Brutalism”. Photo Moritz Bernoully

I visitatori possono vedere parecchi esempi differenti di Brutalismo in tutto il mondo, inclusi progetti di celebri architetti britannici come Alison e Peter Smithson e Ernö Golfinger, di architetti statunitensi come Paul Rudolph e I. M. Pei e del discepolo italiano di Le Corbusier Vittoriano Viganò. Paolo Mendes da Rocha e Joao Vilanova Artigas rappresentano la cosiddetta Scuola Paulista, che adattava la tettonica del calcestruzzo al clima tropicale del Brasile. Altri progetti degni di nota presenti in mostra sono opera di un variegato e numeroso gruppo di architetti tra cui il messicano Agustín Hernandez, il francese Georges Adilon, lo svizzero Walter Maria Förderer, l’australiano Robin Gibson, il tedesco Johannes Möhrle, il libanese Khalil Khoury e il giapponese Youji Watanabe, per citarne solo alcuni.

Avraham Yasky, Yaakov Gil, Ada Karmi-Melamed, Bracha and Michael Hayutin, Nadler Nadler Bixon Gil, Amnon, Niv and Rafi Reifer, Ram Karmi, Chaim Ketzef, Ben Peleg: Ben Gurion University Campus, Be’er Sheva, Israel, 1968–1995. Photo Gili Merin, 2017

“SOS Brutalism” presenta decine di modelli, realizzati dalla Technische Universität di Kaiserslautern. Sono esposte miniature di calcestruzzo colato, stampe tridimensionali in gesso e modelli di cartone di grande scala. La mostra è accompagnata da un nuovo volume a cura di Oliver Elser, Philip Kurz e Peter Cachola Schmal edito dall’editore svizzero Park Books, primo esauriente repertorio mondiale d’archivio del Brutalismo.

  • SOS Brutalism
  • 9 novembre 2017 – 2 aprile 2018
  • DAM Deutsches Architektur Museum
  • Schaumainkai 43, Francoforte