Quest'anno il convegno di Urban Age ha scelto Hong Kong come argomento di ricerca e di dibattito sul complesso collegamento tra città, salute e benessere, con una miriade di esperti di sanità, urbanistica, architettura e politica sociale. Rivolgendosi a questo eminente gruppo internazionale Ricky Burdett, direttore del LSE Cities di Londra, fondatore insieme con la Alfred Herrhausen Society della Deutsche Bank del ciclo di indagini sul problema dell'urbanizzazione rapida, ha sottolineato come Hong Kong superi di gran lunga New York e Shanghai per esplosione demografica. Il fenomeno, non sorprendente per molti ospiti, è il portato della scelta della verticalità nell'edilizia, che costituisce un punto tanto di forza quanto di debolezza. Anche i tanto vantati servizi di trasporto vivono su un compromesso: a buon mercato, frequenti ed efficienti – secondo Christine Loh, direttore generale e professore associato di Ecologia presso la Hong Kong University – ma non rispettosi dell'ambiente. Hong Kong soffre di un pesante inquinamento atmosferico, che ricade sproporzionatamente su poveri e bambini, a causa di una flotta datata di autobus e di autocarri diesel. Le varie difficoltà inevitabilmente si intrecciano a creare ulteriori problemi e, con tutti quei grattacieli che creano canyon viari – afferma Loh – la dispersione degli agenti inquinanti a livello stradale diventa molto più difficile. L'edilizia inoltre qui si fa sulle grandi dimensioni: si impadronisce di ogni metro quadrato di terreno disponibile per massimizzare i profitti e di conseguenza non c'è abbondanza di spazi pubblici aperti.
La densità deve essere progettata meglio per evitare di compromettere la sanità pubblica e il benessere di tutta la popolazione urbana