Landscape Futures

Una mostra al Nevada Museum of Art presenta una serie di scenari visionari condizionati dalle regole dell'ecologia riviste in chiave planetaria.

A mano a mano che il clima globale si imbizzarrisce, architetti, designer e artisti rispondono sullo stesso tono. Le tendenze della meteorologia creano le condizioni di alluvioni devastanti, di siccità gravi e prolungate, di selvaggi incendi di foreste, di uragani e di altri fenomeni che per ubicazione, gravità e frequenza rappresentavano solitamente casi fortuiti. Oggi che rappresentano la nuova, sconvolgente norma – punte emergenti dal sipario che cela quella che potrebbe essere una vasta, caotica produzione con sporadici intervalli – gli architetti e i designer reagiscono con progetti fatti per controbattere questi incerti.

In occasione del recente convegno 2011 Art + Environment il Nevada Museum of Art di Reno presenta esempi di sei partecipanti alla mostra Landscape Futures: Instruments, Devices and Architectural Inventions (Il futuro del paesaggio: strumenti, dispositivi e invenzioni architettoniche). Geoff Manaugh, curatore della mostra e collaboratore di Domus, conosce bene questi territori di confine, avendo per anni presentato questo genere di proposte nel suo sito BLDGBLOG (il titolo stesso della mostra è uno dei tre sottotitoli/settori di indagine di BLDGBLOG). È raro vedere fisicamente riunite nello stesso luogo riflessioni di questo tipo: data la varietà di scala e il carattere complicato di alcune di queste opere la loro collocazione nel contesto espositivo di un'istituzione attenta all'innovazione come il Nevada Museum conferisce loro una serietà, e perfino un'aria di verosimiglianza, maggiore di quanta non ne mostrino separatamente o nell'isolamento digitale.

Foto di apertura: The Gray Rush di The Living (David Benjamin e Soo-in Yang). Photo Livia Corona.
Qui sopra: vista della mostra Landscape Futures al Nevada Museum of Art; il Museums of the City di David Gissen a destra in primo piano. Photo courtesy Nevada Museum of Art

I fattori ambientali su scala planetaria non sono l'unico motivo di questi progetti concettuali e quindi in Landscape Futures non c'è utopismo di facciata. Per obiettivi, programma e forma questi progetti di riflessione indulgono al formalismo e alla poesia, "e qui", dice Manaugh nella sua presentazione critica, "viene fuori l'arte". Tecnologia, progetto e natura cooperano per creare un campo di potenziali che è quasi "sinonimo di ciò che è probabile stia accadendo oggi sulla Terra".

Vista della mostra Landscape Futures. In primo piano: Strumenti per la gestione e distribuzione dell'acqua in Surface Tension di Smout Allen. Photo courtesy Nevada Museum of Art

La mostra parte dalla visione: un gruppo di quattro grandi immagini stampate su vinile, opera del teorico David Gissen e intitolate Museums of the City (Musei della città). Ribaltando un presupposto condiviso dai circoli neoconservazionisti secondo il quale le città storiche non devono diventare museo di se stesse, Gissen trapianta tecniche espositive e percorsi di visita – vetrine, rotaie luminose, pareti di vetro e passerelle a sbalzo – nel contesto urbano. Le zone di New York, Londra, Firenze frequentate dai turisti si fanno sfumate e idealizzate, sottolineando l'idea che dovrebbero essere siti da visita guidata. Come accade ad altri oggetti nell'epoca dell'estetica relazionale la stessa idea di città dipende dal contesto.

Tecnologia, progetto e natura cooperano per creare un campo di potenziali che è quasi sinonimo di ciò che è probabile stia accadendo oggi sulla Terra.
Vista della mostra Landscape Futures. Animal Superpowers di Chris Woebken e Kenichi Okada, in primo piano. Photo courtesy Nevada Museum of Art

L'antisala della Contemporary Gallery ospita tre progetti che vanno dalle dimensioni del giocattolo a quelle gigantesche. Animal Superpowers ("Superpoteri animali") di Chris Woebken e Kenichi Okada (visibili anche al MoMA, nella mostra Talk to me – Parla con me – di Paola Antonelli) sono protesi colorate che favoriscono l'emulazione del campo percettivo di animali dalle caratteristiche particolari come le giraffe e le formiche. Sul pavimento un grande diorama ondulato fatto di picchetti di legno verticali strettamente impacchettati, alcuni con un tubo azzurro inserito all'estremità, creano una matrice che permette a Lateral Office e Infranet Lab (Mason White e Lola Sheppard) di riflettere sulle nuove infrastrutture che le temperature artiche e lo scioglimento ciclico dei ghiacci suggeriscono. The Active Layer & Next North (Strato attivo e nord futuro) comprende modellini di aeroporti tra i ghiacci, stazioni per la fauna migratoria e piazzole di sosta per autocarri da strade ghiacciate; ma sul piano estetico questi divertenti concetti sono troppo pochi e di scala troppo minuta per spiccare effettivamente sulla distesa relativamente vasta dei picchetti.

Lateral Office e Infranet Lab (Mason White e Lola Sheppard), The Active Layer & Next North. Photo courtesy Nevada Museum of Art

David Benjamin e Soo-in Yang di The Living presentano una serie di fotografie di Livia Corona e di grandi cromatografie (fogli con diagrammi colorati di composti chimici) che costituiscono il tentativo più elegiaco della mostra: The Gray Rush (La corsa al grigio). In un futuro in cui il litio per le batterie dei dispositivi elettronici è uno degli ultimi metalli preziosi di cui vale la pena andare alla ricerca, le immagini dei cercatori ammantati che percorrono deserti salati e i loro colorati schemi astratti evocano la solitudine e la marginalità esistenziale di questo scenario.

In primo piano: un esemplare da Specimens of Unnatural History di Liam Young. Sullo sfondo: Surface Tension di con Smout Allen. Photo courtesy Nevada Museum of Art

Oltre l'angolo della galleria principale ci sono due rilievi ricoperti di muschio che, a uno sguardo più attento, rivelano alcuni animaletti impagliati insieme ad apparecchiature elettroniche dall'aspetto funzionale e ad altri oggetti meno riconoscibili. È Specimens of Unnatural History (Esemplari di storia innaturale) di Liam Young, narrazione di fantascienza ecologica fondata sulla mitica (in tutti i sensi) ecologia originaria delle isole Galapagos, nel passato e nel presente. Osservando che l'arcipelago fu storicamente il terreno di prova della teoria darwiniana della selezione naturale, Young sottolinea la condizione profondamente ambigua delle Galapagos di oggi, tra l'altro popolare meta di vacanze. Se natura osservata equivale a natura trasformata, soggetta al principio d'indeterminazione come la fisica complessa, le Galapagos sono il luogo ideale per l'evoluzione tecnologica che Young prospetta. Gli esseri bionici e le macchinette zoomorfe del diorama di Young paiono sviluppare una sensibilità quasi sinistra mentre usano le loro tecnologie per assumere il dominio in questo nuovo schema evoluzionistico.

Specimens of Unnatural History di Liam Young. Photo courtesy Nevada Museum of Art

Il pezzo forte della mostra è il voluminoso e complesso Surface Tension (Tensione superficiale) di Smout Allen, che occupa gran parte della parete, del pavimento e dello spazio interno a doppia altezza della Contemporary Gallery. Surface Tension, serie correlata di progetti sulla gestione e sulla distribuzione dell'acqua, è costituita da modelli cinetici interattivi a disposizione del visitatore, prototipi di dispositivi autonomi, stampe fotografiche e un volume a stampa che funge da archivio. I particolari che danno vita a ciascun nodo di questo sistema ecologico di proposte sono troppi per darne conto in dettaglio, ma vanno dai singoli strumenti (Envirographic Instruments for the River Severn – Strumenti di grafica ambientale per il fiume Severn, che nella loro verosimiglianza tecnocratica sembrano attirare l'attenzione di grandi e piccoli cui piace osservare i cantieri) alle infrastrutture complete. Queste ultime sono rappresentate un gigantesco mobile dotato di pannelli dorati di Mylar che raffigurano i cicli di marea intorno a tre modelli di isole tecnologiche. Queste a loro volta cambiano inclinazione, scattano e scendono nello spazio della galleria in risposta allo spostamento reciproco dei magneti posti su un disco cromato in lenta rotazione, montato su una parete – il generatore di sequenze d'onda – che funziona come il cilindro di un carillon.

I contrappesi cinetici del progetto di Smout Allen Surface Tension. Photo courtesy Nevada Museum of Art

Surface Tension mette in gioco il lessico di registrazioni e di misurazioni che condiziona la leggibilità dei progetti ambientali/architettonici e, a questo livello di coerenza programmatica e di definizione dei dati, sembra contemporaneamente credibilissimo e tremendamente assurdo. I tentativi propositivi tracciano una sottile linea tra la solidità delle premesse e l'iperbole delle conclusioni. Come le megastrutture di Metabolism e le città semoventi di Archigram erano estrapolazioni critiche dell'urbanistica del dopoguerra (cui si contrapponevano) i progetti di Landscape Futures sono polemici e bizzarri, con forme e funzioni condizionati da regole ecologiche in via di profonda revisione. Date le proporzioni del flusso di pensiero sotteso alla mostra vengono in luce convergenze casuali. La fauna tecnonaturale di Liam Young può coesistere con i dispositivi su scala umana di Chris Woebken e Kenichi Okada che ci permettono di percepire il mondo allo stesso modo in cui lo percepiscono gli animali? Lo scenario in cui si inserisce Surface Tension è lo stesso di The Active Layer & Next North?

Veduta dell'installazione Surface Tension di Smout Allen all'interno della mostra Landscape Futures. Photo courtesy Nevada Museum of Art

Il che riporta lo spettatore al tema di fondo della mostra che, come ha sottolineato David Benjamin in una tavola rotonda dedicata alla mostra nello stesso convegno, è "progettare narrazioni". Ciò che hanno in comune gli scenari della mostra è che il terreno sotto i nostri piedi non è mai stato solido come si pensava un tempo; e che, come sottolinea Manaugh, sul piano letterale gli architetti non hanno bisogno di costruire "paesaggi del futuro": il paesaggio è già impegnato nel futuro per conto suo. Alan Rapp

Veduta dell'installazione The Gray Rushdi The Living (David Benjamin e Soo-in Yang). Photo courtesy Nevada Museum of Art

Landscape Futures: Instruments, Devices and Architectural Inventions
a cura di Geoff Manaugh
Aperta fino al 12 febbraio 2012
Nevada Museum of Art
160 West Liberty Street, Reno, Nevada

Immagine da The Gray Rush di The Living (David Benjamin e Soo-in Yang). Photo Livia Corona