Un viaggio senza fine

La mostra sul naturalismo integrale al Palacete das Artes, tra le iniziative della terza Bienal da Bahia da poco conclusasi, ha per fulcro il manifesto e il video del viaggio di Restany, Baendereck e Krajcberg nell'Amazzonia del 1978 – conservato negli archivi di Domus.

Bienal da Bahia, 2014. Sepp Baendereck, dantesca e Memento mori
È da un itinerario reale che si origina il viaggio che dall’estate 1978 porta fino ad oggi, alla mostra sul naturalismo integrale inaugurata al Palacete das Artes a Salvador de Bahia, nell’ambito delle iniziative organizzate dal Museo de Arte Moderna da Bahia – MAM-Ba in occasione della 3ª Biennale di Bahia dal titolo È tudo Nordeste?
Quasi quarant’anni fa Restany partiva, assieme agli artisti Sepp Baendereck e Frans Krajcberg, per una spedizione che lo avrebbe portato nel cuore della foresta amazzonica a scontrarsi con la natura incontaminata protagonista del Manifesto del naturalismo integrale, redatto durante i quaranta giorni di permanenza nella giungla brasiliana. Le riprese video della spedizione sono conservate nell’archivio di Domus con cui ha collaborato lo staff curatoriale MAM-Ba, consolidando idealmente il legame tra Europa e Brasile iniziato proprio con il viaggio del critico in Amazzonia, origine delle sue successive ricerche tra arte e ambiente.
Serie di Animali di Abraham Palatnik su tavolo di Lina Bo Bardi
In apertura: Sepp Baendereck, Dantesca e Memento Mori. Qui sopra: Abraham Palatnik, Serie di Animali su un tavolo di Lina Bo Bardi, Bienal da Bahia 2014. Foto Gillian Villa
I rapporti tra l’uomo e la natura sono una delle tematiche centrali affrontate dalla 3ª Biennale, che nasce con l’obiettivo primario di indagare il concetto di “Nordest”, inteso non solo come territorio geografico e storico, ma soprattutto come “esperienza umana” universale. Alla base del progetto curatoriale non vi è quindi l’intenzione di creare un evento di raccolta e ricezione per l’arte internazionale, ma, al contrario, la volontà di diffondere l’essenza del paese all’esterno di esso, tramite azioni e mostre che ne esaltino le caratteristiche distintive. La Biennale baiana vive quindi della sua forza e delle sue potenzialità, interrogandosi sul modo di vivere baiano e sul significato della parola Nordeste dai luoghi in cui è stata originata e da cui si è diffusa, in un mondo in cui sono sempre più labili i confini territoriali. Il testo del manifesto del naturalismo integrale e il video girato dai tre intellettuali in Brasile alla fine degli anni Settanta, è quindi l’opera cardine su cui si snoda tutta la mostra al Palacete das Artes.
“Cronaca di un viaggio al Naturalismo Integrale”, 1978, still da video 16mm
“Cronaca di un viaggio al Naturalismo Integrale”, 1978, still da video 16mm. Courtesy Archivi Domus.
Il viaggio fu una vera e propria epifania per Baendereck e Krajcberg la cui attività artistica posteriore fu profondamente segnata da quell’esperienza. A ricreare l’atmosfera amazzonica da cui sono scaturite le loro riflessioni contribuiscono non solo gli appunti di viaggio presenti in mostra ma anche i materiali scelti per la realizzazione delle opere. Le sculture lignee di Krajcberg sono un omaggio alle contorsioni dei rami e alle texture delle cortecce, una celebrazione della spettacolarità insita nella natura e della sua bellezza priva di artificio che, estrapolata dal contesto naturale in cui spesso passa inosservata, trionfa nelle sale della mostra e ne diventa protagonista assoluta.

I forti contrasti chiaroscurali e i giochi di luce e ombra della foresta sono trasportati nelle sale del Palacete das Artes grazie all’opera Dantesca di Baendereck, un disegno a matita di grandi dimensioni dove l’intrico dei rami, rappresentati con grande attenzione naturalistica, sembra alludere alla selva descritta nell’incipit della Commedia di Dante. Il recto di un’altra opera dell’artista, collocato sotto il disegno citato, sembra apparentemente in attesa di essere allestito nelle sale della mostra.

La sua collocazione è frutto in realtà di una precisa scelta curatoriale animata dall’obiettivo di portare l’attenzione dello spettatore sul titolo dell’opera: Memento mori. La locuzione latina assume in questo caso un’accezione più universale rispetto a quella a cui è storicamente associata, strettamente legata al tema della vanitas umana. La caducità su cui l’artista invita a riflettere è infatti quella della natura e della foresta amazzonica in particolare, la cui agonia è già pericolosamente iniziata.

Bienal da Bahia 2014, Piero Gilardi, Tronchetto
Bienal da Bahia 2014, Piero Gilardi, Tronchetto. Foto Gillian Villa
Risulta invece opposto l’approccio dell’artista italiano Pietro Gilardi che in Tronchetto ricrea frammenti di natura utilizzando materiali sintetici, dove alle inclinazioni ludiche di sapore pop si accompagna una riflessione sulle dinamiche tra naturalità e artificio e sul progressivo allontanarsi dell’individuo dall’ambiente naturale, sostituito con la sua straniante riproduzione. Allestita su un grande tavolo ligneo disegnato da Lina Bo Bardi, già direttrice del MAM-Ba, è la serie di sculture animali in resina di poliestere firmata da Abraham Palatnik famoso pioniere dell’arte cinetica brasiliana. Protagonista dell’opera è il mondo animale la cui varietà di specie, colori e forme sembra sfilare come su un palcoscenico, dove l’esotismo si mescola ad uno spiccato gusto per la decorazione che trae dalla natura la sua principale ispirazione.
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