Gavin & Turk

La recente mostra dell'artista inglese Gavin Turk, presso la galleria londinese Ben Brown Fine Arts, è un omaggio ad Alighiero Boetti e mette in luce il debito dell'arte nei confronti della sua storia e di chi l'ha scritta.

Fondata com'è sui temi dell'identità, dell'appropriazione e dell'ambiguità del ruolo dell'autore nell'arte contemporanea, la mostra Gavin & Turk, attualmente aperta alla galleria londinese Ben Brown Fine Arts, ha un titolo giustamente schizofrenico. L'esposizione presenta la più recente produzione di Gavin Turk, artista inglese diventato celebre nel 1991 per la sua tesi di diploma al Royal College of Art: uno studio vuoto che conteneva solo una targa azzurra di quelle che contraddistinguono i monumenti nazionali inglesi, con le parole "Qui lavorò Gavin Turk – 1989-91". Gesto che costò a Turk la laurea, ma gli assicurò un posto nella generazione dei giovani artisti britannici (gli YBAs, o Young British Artists) venuta in luce in Gran Bretagna negli anni Novanta. Le strategie autopromozionali degli YBAs mettevano in questione l'identità dell'artista in una disciplina invasa dai media e dal mercato, e Turk ne fece poi la base della sua pratica artistica, come in Pop (1993), autoritratto che faceva contemporaneamente riferimento a Sid Vicious, a Elvis Presley e a Andy Warhol.

Gavin & Turk è una personale interamente fatta di opere nuove. Ma, come suggerisce il titolo, resta una mostra che parla di qualcosa di più di una sola persona. È stata definita un omaggio all'artista concettuale italiano Alighiero Boetti, che negli anni Settanta iniziò a firmare le sue opere "Alighiero e Boetti", esprimendo con questo gesto la sua spiccata predilezione per i giochi di parole e per la confusa dualità del Sé. La mostra giunge a tempo per coincidere con l'importante retrospettiva della Tate Modern di Boetti, inizialmente avvicinato al movimento dell'Arte povera della fine degli anni Sessanta.
In apertura: <em>Self Portrait (Fountain)</em>, 2012. Qui sopra: A sinistra, <em>GUIKVT</em>, 2012. A destra, <em>Across (Blue Biro)</em>, 2012
In apertura: Self Portrait (Fountain), 2012. Qui sopra: A sinistra, GUIKVT, 2012. A destra, Across (Blue Biro), 2012
Benché Boetti avesse preso ben presto le distanze dal movimento, ne conservò l'interesse per l'importanza che attribuiva alla creazione collettiva nell'arte. Fu il caso della Mappa, la sua più celebre serie di opere: grandi arazzi in cui ogni nazione è rappresentata dalla sua bandiera. Benché concepite da Boetti, le mappe erano realizzate da donne afghane, paese in cui l'artista si recava regolarmente prima dell'invasione sovietica del 1979.
<em>Order and Disorder</em>è un quadrato composto da una griglia di sessantaquattro singoli moduli di nove sottomoduli per nove, ciascuno dei quali reca ricamato un anagramma del nome dell’artista
Order and Disorderè un quadrato composto da una griglia di sessantaquattro singoli moduli di nove sottomoduli per nove, ciascuno dei quali reca ricamato un anagramma del nome dell’artista
Qui il debito nei confronti di Boetti è esplicito soprattutto in una serie di arazzi multicolori in cui l'interesse dell'artista italiano per l'artigianato, la creazione collettiva e il linguaggio si unisce a esiti interessanti. Il più grande è Order & Disorder (2012), un quadrato composto da una griglia di sessantaquattro singoli moduli di nove sottomoduli per nove, ciascuno dei quali reca ricamato un anagramma del nome dell'artista. Come nella Mappa di Boetti Turk non ha realizzato da solo gli arazzi, ma si è servito di un sistema di autorialità collettiva che nella produzione artistica contemporanea è diventato la norma. Le opere sono state realizzate dai membri della Fine Cell Work, iniziativa sociale di beneficienza che insegna ai suoi soci maschi il ricamo come parte del processo di riabilitazione: fiducia nei benefici effetti lenitivi e pecuniari dell'acquisizione di competenze nuove che in Gran Bretagna risale alla tradizione filantropica ottocentesca. Ma quella di Turk non è un'iniziativa puramente altruistica: come Boetti prima di lui, Turk attribuisce una qualità liberatoria al concepire questi processi produttivi intensivi e lunghi che vengono poi realizzati da altri.
Qui il debito nei confronti di Boetti è esplicito soprattutto in una serie di arazzi multicolori in cui l’interesse dell’artista italiano per l’artigianato, la creazione collettiva e il linguaggio si unisce a esiti interessanti
A sinistra,<em>White Senza Titolo</em>, 2012. A destra, <em>Small Gold Senza Titolo<</em>, 2012
A sinistra,White Senza Titolo, 2012. A destra, Small Gold Senza Titolo<, 2012
Giochi di parole e concezioni del lavoro manuale affiorano in molte altre opere della mostra. Gavin e Turk (Blue Biro) (2011) è una delle due tele ispirate alla serie delle biro di Boetti degli anni Settanta. E qui sorge qualche incertezza: nel caso di Boetti erano realizzate da altri, ma non è chiaro se Turk sia o meno l'autore di queste opere. In entrambe le opere il profilo di un alfabeto corre nettamente delineato su un lato della tela, il resto della quale è occupato da un mare di tratti a biro sul quale galleggiano in risalto virgole bianche; codice che l'osservatore deve decifrare per scoprire le parole che contiene. Mentre il contenuto nel caso di Boetti è il nome dell'opera, in Turk ovviamente è il nome dell'artista.
A sinistra, <em>Letters & Time</em>, 2012. A destra, <em>Sun & Stars</em>, 2012
A sinistra, Letters & Time, 2012. A destra, Sun & Stars, 2012
Ma la mostra parla di qualcosa di più del solo Turk, o di Turk e Boetti. Nella sala posteriore della galleria è esposto Self Portrait (Fountain), autoritratto in bronzo a grandezza naturale ispirato alla scultura di Boetti Autoritratto (1993), in cui l'artista, completamente vestito, si fa una doccia d'acqua bollente. Si trattava già qui di un omaggio a un'opera precedente, l'opera fotografica di Bruce Nauman Self Portrait (Fountain) (1966-67). Tutte e tre fanno parte di una più lunga dinastia di fountains e di objets trouvés che iniziano con Duchamp, cui risale anche il tema dell'autorialità e dell'abilità manuale nell'arte concettuale sotteso a questa mostra.
A sinistra, <em>Air & Sea</em>, 2012. A destra, <em>Stars & Moon</em>, 2012
A sinistra, Air & Sea, 2012. A destra, Stars & Moon, 2012
Benché di dimensioni molto più limitate rispetto alla manifestazione della Tate Gavin e Turk vale comunque una visita. Richiede la conoscenza di Boetti per poter comprendere la profondità del debito di Turk nei suoi confronti e per immergersi in quella che, in definitiva, è una mostra concettualmente ricca; anche se non è chiaro se lo spazio oscuro e silenzioso renda accessibili tutte queste idee al visitatore. Quel che certamente viene in luce è il debito dell'arte nei confronti della sua storia e di chi l'ha scritta, che non sarà mai abbastanza esplicitamente ammesso dalla prassi artistica contemporanea.

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