Raccontano le galleriste: "La prima volta che lo incontrammo fu in occasione dell'attualizzazione di On-Air. Tagliò corto rispetto ai convenevoli di saluto, chinandosi subito a rovistare dentro a una borsa piena di cose da cui estrasse, per primo, un contenitore nel quale ci invitò a infilare la mano. La sostanza all'interno, al tatto, poteva essere qualcosa di estremamente soffice o anche di polveroso. Non lasciò alcuna traccia sulla pelle. Saraceno ci chiese di mettere la mano sotto al rubinetto, l'acqua scivolò sulla pelle accumulando sul palmo della mano perle trasparenti, curiosamente precise e ipercinetiche, come le sfere di mercurio quando i termometri cascano frantumandosi. Quella materia tanto sottile e leggera da incapsulare l'acqua era aerogel, Saraceno ci spiegò che si trattava di una sostanza costituita da polvere di silicio, per niente nuova, brevettata da uno scienziato nel 1931, e concluse che con essa avrebbe costruito Airport-City (immaginando strutture mobili e abitabili). Ci balenò che Tomas Saraceno fosse un architetto vero."
E il dubbio è sempre più forte; anche questa volta in cui ai disegni, di grande raffinatezza, si affianca una struttura cangiante e metamorfica in cui esterno e interno si confondono, in cui la flessibilità del guardare attraversa ipotesi ardite di costruzioni effimere e tecniche plurali. "Tutto è ragnatela – commenta Saraceno, forse un lettore accanito di Deligny – dipende dalla concentrazione che gli dedichi fino a quando non cominci ad annoiarti. In una cosa molto piccola o insignificante puoi trovare tutto quello che ti interessa" e dunque anche la possibilità di inventare nuove possibilità di territori da esplorare facendo di una fuga in volumi la propria casa. Federico Nicolao