Design after design

Con la XX1T, nel 2016, la Triennale di Milano – che ha ripreso un ruolo centrale nel dibattito culturale – lancia provocatoriamente la proposta di includere nel percorso espositivo le aree di Expo 2015.

Dall’ultimo dopoguerra, mai come in questo periodo si è avvertita la difficoltà di prefigurarsi un “dopo”: un dopo per nulla trascendente, determinato piuttosto dalla sommatoria di “piccoli futuri” di uomini e cose.

Allo stesso tempo, mai come ora, forme e qualità del mondo artificiale hanno assunto rilevanza strategica all’interno dell’economia globale.

Quale sarà l’aspetto di questo immanente domani? Stretto tra un’insopprimibile aspirazione visionaria e la funzione di puntuale sismografo della realtà, il variegato mondo del progetto s’inoltra nel nuovo secolo cercando di adeguarsi a un contesto – sociale, culturale, economico…  – in trasformazione accelerata. Ma che spazio riuscirà a ritagliarsi? Come cambieranno le figure professionali, quale sarà il ruolo degli “esperti”?

logo e manifesto della XX1T disegnato da Giorgio Camuffo
In apertura e sopra: logo e manifesto della XX1T disegnato da Giorgio Camuffo
A questi e a molti altri interrogativi si appresta ora a rispondere la Triennale di Milano con l’iniziativa “Design after design” annunciata per il 2016: una nuova esposizione internazionale (la ventunesima) sotto il patrocinio del Bureau International des Expositions (BIE), nel solco di quelle condotte per oltre settant’anni, dai suoi esordi fino al 1996.

Dunque, il design. Il tema scelto per la XX1T (già racchiuso nel logo di Giorgio Camuffo) sembrerebbe ovviamente congeniale a una Milano in questo momento un po’ perplessa a trasformarsi in “grande parco tematico” alimentare: certamente un tema più conforme a una reputazione internazionale consolidata, anche se continuamente bisognosa di manutenzione e di slanci in avanti per fare fronte a una competizione mondiale sempre più agguerrita.

Un design, si direbbe, riportato all’ambiguità semantica inglese, cioè al significato esteso di progetto, in tutte le sue declinazioni e a tutte le scale. Ma senza nostalgie: improponibile il demiurgo che progetta “dal cucchiaio alla città”. Il processo creativo è diventato un’attività circolare tra competenze e culture diverse; si tratterebbe dunque – prendendo a prestito le parole di Ezio Manzini nel freschissimo Design, when everybody designs (MIT Press) – di creare “attori sociali che, grazie agli strumenti culturali e operativi di cui dispongono, possono alimentare e supportare i processi culturali in cui noi tutti, esperti, siamo coinvolti”.

logo e manifesto della XX1T disegnato da Giorgio Camuffo
Manifesti della XX1T disegnati da Giorgio Camuffo
Milano ora s’arrovella sul proprio dopo, e la Triennale, che ha finalmente ripreso un ruolo centrale nel dibattito culturale, lancia provocatoriamente la proposta di includere nel percorso espositivo della nuova iniziativa le aree di Expo 2015, sul cui destino ancora ci si interroga. Quale occasione migliore per un esperimento in vitro sul futuro della città, affrontando il tema della durata e del cambiamento di ruolo, nel tempo, dei manufatti edilizi, delle infrastrutture? Indipendentemente dagli esiti che avrà, la proposta è in ogni caso coerente con lo spirito di coinvolgimento urbano che informa la nuova esposizione. Si annuncia infatti come un “iperfestival” che esce dal Palazzo dell’Arte e varca i confini urbani di Milano, finalmente proiettata nella dimensione metropolitana – grazie all’alleanza con il Cosmit (l’ente organizzatore del Salone del Mobile) la formula di successo Salone/Fuorisalone, estesa a una scala inedita. Va ascritta a questa logica una serie di azioni extra moenia già intraprese dalle istituzioni di viale Alemagna, prima fra tutte l’apertura del nuovo percorso espositivo (permanente) del Museo del Design a Monza, nella restaurata Villa Reale: recupero delle radici (è a Monza che ha origine nel 1923 la Biennale delle Arti Decorative, poi trasformatasi in Triennale e dal ’30 emigrata a Milano) e insieme proiezione verso il futuro (a partire dalla stessa XX1T).
logo e manifesto della XX1T disegnato da Giorgio Camuffo
Manifesto della XX1T disegnato da Giorgio Camuffo

Così come la programmazione a scala regionale, con la Triennale itinerante che, durante il periodo di Expo 2015, disloca l’attività dell’ente nelle città lombarde.

In questo quadro di coinvolgimento allargato assume grande rilievo un altro interrogativo, sottolineato da numerosi interventi al lancio dell’iniziativa: a quale processo produttivo si appoggerà il design? Si parla tanto in questi tempi di “rivalutazione del fare come parte integrante della dimensione creativa”; ma pensiamo anche alla simmetrica possibilità di restituire una dimensione creativa alla produzione (come le esperienze anticipatrici di Enzo Mari); all’urgente rivalutazione dei mestieri tradizionali e dell’artigianato, ma anche all’assunzione di responsabilità nei confronti dell’innovazione: aspetti che tutti insieme possono dare corpo a un’originale declinazione del tema dell’esposizione in “Labour after labour”.

logo e manifesto della XX1T disegnato da Giorgio Camuffo
Logo della XX1T disegnato da Giorgio Camuffo
Il tema generale, comunque vastissimo, reca ovviamente con sé molte altre questioni, per le quali si prevedono numerose iniziative di discussione e approfondimento da qui al 2016. La formula organizzativa scelta dalla Triennale affida la definizione dei contenuti a un comitato scientifico composto, oltre che dai vertici di Triennale e BIE, da 9 personalità italiane e straniere (Andrea Branzi, Luisa Collina, Elizabeth Diller & Ricardo Scofidio, Kenya Hara, Stefano Micelli, Pierluigi Nicolin, Richard Sennet, Cino Zucchi). Una scelta che copre certamente un ampio spettro interpretativo, ma reca con sé un rischio: che figure portatrici di esperienze, letture e istanze disciplinari e professionali tanto diverse non riescano a configurare un orizzonte comune, con cui necessariamente dovranno confrontarsi i partecipanti internazionali. La formula sperimentata nella scorsa Biennale di Venezia (la cui prossima edizione cadrà in concomitanza con la XX1T) è stata efficace sul versante dell’architettura dei contenuti: una mostra “teorica” affidata al curatore, e un tema generale affidato alla interpretazione dei singoli partecipanti. Sarebbe interessante vedere qui applicato quel processo circolare cui si faceva riferimento nelle premesse: un elaborato comune, incisivo, frutto congiunto e non sommatoria di grandi competenze (e note idiosincrasie) individuali.
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