Social media architecture

Lo Young Architects Program del MoMa Ps1 si è sistematicamente allontanato dal suo obiettivo fondamentale ed è diventato più una piattaforma didattica sulla costruzione di edifici sostenibili che non la promozione di musica, architettura e mostre.

Warm Up è un ciclo di manifestazioni del MoMA PS1, acclamato dalla critica, ed è diventata una delle manifestazioni più attese dell’estate newyorchese. Il ciclo è ospitato nell’installazione architettonica realizzata dal vincitore dell’annuale Young Architects Program. Musica, architettura e mostre offrono un’unica esperienza multisensoriale agli appassionati di musica, agli artisti e alle famiglie.    MoMA PS1 Warm Up/Young Architects Program, Dichiarazione d’intenti
“Be’, suona bene”, mi sono detto. Dopo essere arrivato nel Queens in autobus e procedendo nella luce sfolgorante del cortile del MoMA/PS1 sono stato accolto dalla morbida atmosfera sonora del maestro londinese dell’house e della techno George FitzGerald, che risuonava da lontano. Naturalmente ero lì anche per vedere l’installazione architettonica Hi-Fy di The Living, e quindi ho tirato diritto per camminare/arrampicarmi/sedermi dentro le sue opulente torri. Lo Young Architects Program, giunto alla quindicesima edizione, è un’occasione senza pari di ascoltare musica di livello mondiale all’interno di un’architettura di livello mondiale, grazie al lavoro di curatori tra i migliori del mondo. E allora che c’è che non va?
MoMA PS1 Warm Up/Young Architects Program
MoMA PS1 Warm Up/Young Architects Program, 2014
Prima di tutto, quando sono entrato nell’installazione, non era quel che mi aspettavo. Avevo letto le accattivanti, fantasmagoriche notizie sui mattoni di origine naturale che sono stati utilizzati. Ma che dire dell’esperienza concreta di questa architettura fisica, costruita? Il progetto se ne sta in seconda fila come uno spettatore, non come un attore. Il rapporto con la festa è davvero scarsissimo. I mattoni in questo caso non possono fungere da struttura, per cui ne sporge sgradevolmente un pesante sistema di sostegni di legno. Cosa ancor più fastidiosa, era già iniziata la demolizione dei mattoni per trasformarli in compostaggio e il processo rimaneva in bella vista. Il che rendeva difficile trovare un angolo d’ombra, e per di più mi costringeva a scervellarmi per capire quale ne fosse lo scopo. Quando ho tentato di mangiare alcuni dei mattoni “commestibili” uno che aveva lavorato al progetto mi ha fatto smettere.
Ero preparato a un’esperienza “multisensoriale”, ma mi sono ritrovato perplesso. Perché, dopo essere stata presentata come una manifestazione relativamente semplice ma interessante di “spettacolo e festa musicale”, l’installazione letteralmente impedisce alla musica di arrivarmi all’orecchio? Perché quando sono in posizione favorevole per ascoltare la musica e vedere il palcoscenico, non riesco a vedere l’installazione? Dall’alto incombe il grattacielo del Citigroup, sostituendosi ad Hi-fy nel mio orizzonte personale. Nell’installazione gli spazi della rappresentazione sono separati, come se l’architettura si rivolgesse a un pubblico da social media interessato alla sostenibilità dei materiali edilizi, mentre la musica fosse per il pubblico presente. I veri utenti dello spazio, che sono lì per l’evento e per l’irripetibile occasione di assistere a un’autentica fusione tra architettura e spettacolo, vengono privati della loro gratificazione. È un peccato, dato che troppo spesso, in architettura, ‘spettacolo’ significa leggere Antonio Negri a voce alta, mentre invece YAP e Warm Up danno modo di spingersi ben più in là.
Perché, dopo essere stata presentata come una manifestazione relativamente semplice ma interessante di “spettacolo e festa musicale”, l’installazione letteralmente impedisce alla musica di arrivarmi all’orecchio?
Le lacune funzionali si moltiplicano: l’ombra non è risolta al meglio e diminuisce ulteriormente a mano a mano che i mattoni vengono asportati. Non ci sono in realtà buone sedute e le qualità acquatiche – chiamiamole generosamente così – si rivelano simboliche. Sono piscinette da bambini decisamente sopravvalutate. Ogni componente sociale è stata trascurata, in un oggetto che rimane estraneo al contesto programmatico di Warm Up e che però favorisce la promozione del prodotto di Ecovative: mattoni ottenuti da scarti agricoli e dal micelio dei funghi. Che ci fa qui? La storia della musica house (e per estensione della techno e poi di quella nota come Electronic Dance Music) ha legami profondi con la sfera dell’architettura. Dai locali come l’Hacienda di Manchester e il Paradise Garage di New York ai magazzini e agli spazi industriali di Chicago, di Berlino e dei dintorni dell’Orbital M25 di Londra, l’ambiente fisico di queste performance ha una parte importantissima nell’oscurare lo spazio e nel ritagliare una zona mentale per ‘perdersi’ nella musica, ovvero per mettere in rilievo la musica attraverso una specie di intervento sensoriale. Hi-Fy manca completamente tutti questi obiettivi. Se ne sta lì da solo e il suo messaggio ecologico suonerebbe altrettanto forte se venisse dall’estrema periferia di Rockaways.
MoMA PS1 Warm Up/Young Architects Program, 2014
MoMA PS1 Warm Up/Young Architects Program, 2014
Hi-Fy è decisamente privo di qualunque componente progettuale di agitazione politica e di suggestione. Non c’è nulla che spinga alla riorganizzazione di situazioni spaziali e sociali, o a trasformare e a mettere in risalto la percezione delle manifestazioni di Warm Up. I vincitori delle scorse edizioni ci erano riusciti: per esempio comprendevano funzioni acquatiche dinamiche come Party Wall, il progetto di CODA che vinse nel 2013, con le sue fontane, il suo nebulizzatore e la sua serie di piscine. Il grande muro praticabile tagliava il cortile, affermando se stesso nel contesto di Warm Up e offrendo un riparo dalla soffocante calura estiva. Ci sono stati elementi ludici interattivi, come i palloni della Pole Dance di SO-IL, progetto vincitore del 2010, un territorio esperienziale che avvolgeva la folla. Nel 2012 si accese Wendy del gruppo HWKN, fornito di grandi ventilatori per rinfrescare i corpi sudati. Anche questo progetto aveva la presenza di un oggetto, ma non si perdeva dietro il muro come Hi-Fy. Le partecipazioni precedenti si sono inserite nel cortile in maniere interessanti, che mettevano suggestivamente in gioco confini, soglie, spazi chiusi, luoghi di incontro e inevitabili confronti.
Anche quest’anno c’erano almeno due scelte migliori. Rooms: No Vacancy, del gruppo di Brooklyn Fake Industries Architectural Agonism e MAIO, era il progetto più esplicitamente costruito per favorire la festa, cioè per il principale scopo (progettuale) dell’installazione. Prevedeva una serie di pareti che delimitavano spazi, ciascuno con un rapporto diverso con il corpo e con i gesti della festa, comunque li si voglia intendere. Il progetto realizzava un sequenza cinematografica di spazi semplici che usavano interventi minimi per creare zone aperte all’interazione sociale. Ricorda tra l’altro Exodus di Rem, i “piaceri episodici” di Percutaneous Delights di Gelatin (1998), e anche la precedente installazione di Diller e Scofidio.
Le occasioni mancate non sono un problema solo del progetto di quest’anno. Lo Young Architects Program si è sistematicamente allontanato dal suo obiettivo fondamentale
Pita e Bloom, di Los Angeles avevano presentato una proposta meno cerebrale e più popolarmente sensoriale, di diretta discendenza dall’etica disneyana di Hollywood. Avevano creato una complessa esercitazione formale consistente in una serie di bizzarri piani dai colori spettacolari. Sedute e vasche integrate completavano l’estensione della struttura e sarebbero senza dubbio state apprezzate dai partecipanti alla festa. Mentre assistevo a una brillante esibizione dal vivo di Aurora Halal, di Brooklyn, dicevo tra me e me: “Tanto la proposta di FIAA quanto quella di P + B sarebbero state molto più adatte, per quanto in modi diversi”. Nessuno dei due comunque si sarebbe trasformato in pura futilità digitale, il che sarebbe stato consolante. La musica di Warm up è buona, merita una buona architettura.
Le occasioni mancate non sono un problema solo del progetto di quest’anno. Lo Young Architects Program si è sistematicamente allontanato dal suo obiettivo fondamentale (dichiarato all’inizio di questo articolo). È diventato più una piattaforma didattica sulla costruzione di edifici sostenibili che non la promozione di “musica, architettura e mostre [che] offrono un’unica esperienza multisensoriale agli appassionati di musica, agli artisti e alle famiglie”. Qualcuno dice che il problema è più che altro politico. Pedro Gadanho, curatore del settore Architettura contemporanea, è troppo acuto e troppo consapevole per scegliere questi progetti sull’unica base del merito. Non si potrà mai sapere esattamente quali forze stiano dietro questa scelta. Consiglieri d’amministrazione che puntano a un’immagine del MoMA socialmente consapevole? Dirigenti in cerca di collegamenti istituzionali? Se lo YAP deve essere una macchina pubblicitaria della sostenibilità lo si sposti ai Rockaways e si faccia realizzare tutta l’installazione di Warm Up a Confetti System. Non si degradi un’iniziativa, un tempo orgogliosa e impareggibile, a farsa impotente.
© riproduzione riservata

Articoli più recenti

Altri articoli di Domus

Leggi tutto
China Germany India Mexico, Central America and Caribbean Sri Lanka Korea icon-camera close icon-comments icon-down-sm icon-download icon-facebook icon-heart icon-heart icon-next-sm icon-next icon-pinterest icon-play icon-plus icon-prev-sm icon-prev Search icon-twitter icon-views icon-instagram