Artemisia Gentileschi per le donne

Violentata da un compagno di lavoro, vicenda che segnò la sua vita, la grande pittrice romana realizzò incredibili dipinti che raccontano la violenza sulle donne, un tema purtroppo ancora di grandissima attualità.

La lista dei nomi sarebbe lunga, quasi interminabile. Donne uccise dai compagni, fidanzati, mariti o fratelli. Assurde gelosie, invidie ridicole ma soprattutto possesso.

Possesso! Si rabbrividisce al solo pensiero che si possa possedere qualcuno. Che idiozia.

Purtroppo la lunga lista di femminicidi e violenze ha inizio da tempi remoti, li rintracciamo nel vecchio testamento, nelle vicende dell’impero romano, storie antiche che mai sembrano cambiare il loro corso.

Icona artistica della battaglia contro la violenza sulle donne è senza dubbio Artemisia Gentileschi, pittrice romana di scuola caravaggesca, protagonista della pittura del XVII secolo, eccellenza in un ambiente dominato dagli uomini.

Artemisia viene violentata nel 1611 da Agostino Tassi, artista della bottega del padre Orazio. Viene denunciato al Sant’Uffizio e il processo fa scalpore. La pittrice da vittima diviene donna lasciva che seduce il povero Tassi. Subisce torture, accuse, derisioni.

Alla fine il Tassi verrà condannato dai giudici dello stato Pontificio. Saranno 5 gli anni di esilio ma lui sconterà solo pochi mesi.
Artemisia sarà costretta a sposare un pittore fiorentino di poco conto, tale Pierantonio di Vincenzo Stiattesi. Si trasferirà a Firenze vivendo un matrimonio riparatore non voluto.

Inizia così la sua protesta pubblica, i suoi manifesti contro il Tassi, contro la violenza da lei subita e si vendica attraverso un dipinto di straordinaria bellezza: Giuditta che taglia la testa di Oloferne.

Una scena cruda violenta, dove Giuditta, con il volto pieno di piacere, che suggerisce vendetta, taglia la testa di Oloferne. Il gesto è fiero, potente, consapevole quasi giusto. La torsione dei corpi è priva di fatica, assolutamente naturale, un gesto abituale, semplice.

Artemisia Gentileschi, Susanna e i Vecchioni, 1610

Quasi contemporaneamente Artemisia dipinge Susanna e i Vecchioni, un soggetto biblico che analizza sempre la violenza contro le donne.

Daniele 13, 45-49 “Mentre Susanna era condotta a morte, il Signore suscitò il santo spirito di un giovanetto, chiamato Daniele, 46 il quale si mise a gridare: ‘Io sono innocente del sangue di lei!’. 47 Tutti si voltarono verso di lui dicendo: ‘Che vuoi dire con le tue parole?’. 48 Allora Daniele, stando in mezzo a loro, disse: ‘Siete così stolti, Israeliti? Avete condannato a morte una figlia d’Israele senza indagare la verità! 49 Tornate al tribunale, perché costoro hanno deposto il falso contro di lei’”.

Due anziani, amici del marito, il ricco Ioachim, notano la donna, l’avvicinano con fare malizioso. Questi erano i giudici della comunità ebraica di Babilonia. Vogliono Susanna, ma la donna si ritrae con disprezzo. Viene allora minacciata e se non acconsente al loro volere racconteranno all’intera comunità di averla sorpresa con un giovane amante.

Susanna si ribella ancora e sceglie di non cedere alle minacce. Viene dunque trascinata in tribunale con la grave accusa di adulterio. Verrà condannata alla lapidazione. Prima però che la sentenza venga eseguita si fa avanti il profeta Daniele, che interroga con estrema brutalità i due vecchi giudici. La verità verrà svelata e Susanna si salva.

Artemisia Gentileschi, Autoritratto come allegoria della Pittura, 1638 - 1639

Artemisia scegli ancora di dipingere un manifesto, una denuncia. Costruisce l’opera in verticale, dal basso verso l’alto si sviluppa il corpo di Susanna, mentre nella parte più alta appaino i due vecchi.

Le architetture proteggono la giovane da sguardi indiscreti ma i due si sporgono quasi prepotentemente. Il volto della donna è deformato, esprimendo paura e disgusto. Le sue braccia e le sue mani tentano di allontanare i due uomini,ma senza successo. Tutto è concentrato sulla violenza, tutto prende forma dalla violenza.

Domani sarà il 25 Novembre, una giornata simbolo, istituita nel 1999 dall’assemblea generale delle nazioni unite, contro la violenza sulle donne. La donna non è oggetto, ma soggetto di ogni vita. La donna è individuo. Libero. 

Non è sufficiente istituire una giornata, parlare a lungo dei tanti fatti accaduti come quello più recente di Giulia Cecchettin.
Bisogna scardinare il sistema, dare spazio equo e paritario nella società, nel lavoro, nel pensiero. La donna è un individuo libero al pari dell’uomo.

Scriveva Rita Levi Montalcini, premio Nobel per la scienza: “Le donne hanno sempre dovuto lottare doppiamente.Hanno sempre dovuto portare due pesi, quello privato e quello sociale. Le donne sono la colonna portante della società”.

Immagine di apertura: Artemisia Gentileschi, Giuditta decapita Oloferne, 1620

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