A questo punto della mostra ci si trova ad aver percorso una sorta di trittico degli oggetti del desiderio: il sesso, l’oggetto tecnologico, l’opera d’arte, tutti mostrati da Leckey come efficacissimi artifici.
Il percorso espositivo poi lascia spazio all’ormai canonico Fiorucci made me Hardcore e si conclude con delle sale vagamente paesaggistiche, con calchi in legno, gomma e cartone di piloni della luce, cavalcavia e altri oggetti da periferia rada. Questi spazi, dominati dall’installazione sonora Sound System (2011-2012) che riporta l’attenzione sulla centralità della musica e del modello operativo del DJ set per Leckey, sono illuminati da luci arancioni da autostrada.
La mostra si chiude al tramonto, in una malinconia artefatta che acuisce l’impaziente desiderio della danza, della bellezza da make-up notturno, del nero compatto degli sfondi delle immagini pubblicitarie, da cui possono emergere forme galleggianti in attesa della “next level perfection” (come recita l’etichetta del conturbante tamburo Pearl).