Stanley Kubrick: una retrospettiva

La prima retrospettiva del regista negli Stati Uniti abbandona i criteri strettamente cronologici e crea nello spazio espositivo del LACMA dei 'microclimi' visivi e informativi: un clima diverso per ogni film.

All'ingresso dell'importante retrospettiva "Stanley Kubrick" aperta al LACMA, il Los Angeles County Museum of Art, un piccolo pannello annuncia l'iniziativa in corso da parte dell'Academy of Motion Picture Arts and Sciences – partner nella produzione della mostra – per la creazione del "museo del cinema più importante del mondo", situato accanto al LACMA e progettato da Renzo Piano e Zoltan Pali. Il pannello fa in certo qual modo da aperitivo a "Stanley Kubrick", la prima retrospettiva del regista negli Stati Uniti, e serve ad attirare all'iniziativa del museo visibilità e generosi sostegni. L'annuncio sottolinea l'importanza del cinema in quanto arte e la necessità di un luogo dove 'esporlo', specialmente in un luogo come Los Angeles. Perché, in fin dei conti, Los Angeles un importante museo del cinema dovrebbe già averlo.

Questo per dire che spero bene che la necessità di difendere il film come forma d'arte sia una questione superata; ma non c'è modo migliore di ritornare su questo punto assodato di una rivisitazione delle straordinarie opere di Kubrick. Ciò che comunque non è superato è la scoperta di nuovi modi di presentare quest'arte dentro i confini statici di pareti bianche. A parte la proiezione integrale di opere di Kubrick, come può una mostra rendere giustizia alle atmosfere, alle tecniche e magari alle nevrosi create da un regista senza tradire le opere in questione, banalizzandole o – il cielo ce ne scampi – caricandole di intellettualismo?
Vista della mostra "Stanley Kubrick" al LACMA di Los Angeles. Photo Museum Associates/LACMA
Vista della mostra "Stanley Kubrick" al LACMA di Los Angeles. Photo Museum Associates/LACMA
"Stanley Kubrick" abbandona i criteri strettamente cronologici e crea invece nello spazio espositivo dei 'microclimi' visivi e informativi: un clima diverso per ogni film discusso, concretamente, con una significativa documentazione collaterale per presentare l'opera di Kubrick fotografo della rivista Look negli anni Quaranta e la sua ricerca per due film non realizzati, citati come Napoleon e Aryan Papers. Così facendo, la retrospettiva fa rivivere decisamente bene l'esperienza 'corporea' dell'immersione del visitatore, attraverso il film, in un mondo e in un punto di vista. Contemporaneamente la mostra fornisce un indispensabile salvagente mentale: testi di commento, confronti e coerenza tematica per evitare che il visitatore affoghi nella varietà delle rappresentazioni in mostra.
Vista della mostra "Stanley Kubrick" al LACMA di Los Angeles. Photo Museum Associates/LACMA
Vista della mostra "Stanley Kubrick" al LACMA di Los Angeles. Photo Museum Associates/LACMA
Benché la mostra abbia cura di restare appetibile ai non iniziati ai film di Kubrick, è ovviamente più soddisfacente per chi ci arriva avendo visto almeno alcuni dei capolavori del regista. La metà del divertimento sta nel rivedere in questo contesto inconsueto delle scene familiari, avendo già provveduto a una prima digestione. Guardando per esempio una delle stupende scene di Barry Lindon (1975) basta un'occhiata per leggere il testo, semplice e suggestivo, che accenna a come il film "presenti una straordinaria struttura di simmetrie e di parallelismi, di colori intensi e di quadri perfettamente realizzati sulla falsariga dei dipinti settecenteschi di Joshua Reynolds, Johann Zoffany, William Hogarth, Jean-Antoine Watteau, Thomas Gainsborough e George Stubbs". Analogamente, vengono forniti degli esempi visivi tramite libri di storia e d'arte, aperti alle pagine giuste. Insomma, uno sguardo a Wikipedia almeno! Altre di queste perle di concretezza trattano del colore rosso nei film di Kubrick, affermando che il regista "elaborò una costellazione di significati e di sensazioni intorno al colore" e presentano una convincentissima scelta di fotogrammi a titolo di esempio. L'impianto concreto e il carattere immediato di queste didascalie in tutta l'esposizione fanno sì che l'opera di Kubrick possa parlare da sé ed evitano di scontrarsi con le infiorettature artistiche del regista e con i punti di vista personali del visitatore.
L'impianto concreto e il carattere immediato fanno sì che l'opera di Kubrick possa parlare da sé ed evitano di scontrarsi con le infiorettature artistiche del regista e con i punti di vista personali del visitatore.
Vista della mostra "Stanley Kubrick" al LACMA di Los Angeles. Photo Museum Associates/LACMA
Vista della mostra "Stanley Kubrick" al LACMA di Los Angeles. Photo Museum Associates/LACMA
La retrospettiva, nata al Deutsches Filmmuseum di Francoforte, ha alle spalle anni di itinerari in Europa, e il suo approdo a Hollywood sembra un'ovvietà, per quanto interessante e in grado di innescare lunghi articoli e positive recensioni. Come mosche sul miele, i visitatori sembrano riunirsi soprattutto intorno alle proiezioni di Arancia meccanica (una sequenza in continuo di Alex spaparanzato al Korova Milk Bar) e Full Metal Jacket ("È il mio fucile, è la mia arma"…). Il cerchio di persone intorno a queste proiezioni e ad altre non fa che metterne in rilievo il fascino ipnotico. Ma l'elemento forse più commovente della mostra sono le pagine estratte da vari copioni, traboccanti di annotazioni di Kubrick, della sua calligrafia, dei suoi pentimenti, dei suoi pensieri. È forse il punto più prossimo che si possa raggiungere quanto alla definizione di un processo, all'accesso al limbo in cui i pensieri e le idee personali se ne stanno in attesa di essere organizzati, articolati e consegnati al pubblico in un gesto finale e irreversibile.
Vista della mostra "Stanley Kubrick" al LACMA di Los Angeles. Photo Museum Associates/LACMA
Vista della mostra "Stanley Kubrick" al LACMA di Los Angeles. Photo Museum Associates/LACMA
Dal sito del LACMA si può scaricare un'app gratuita che permette un discorso più approfondito, di genere documentario, su Kubrick, la sua vita e le sue opere. Vi si tocca in qualche passaggio la separazione fisica di Kubrick da Hollywood tramite la residenza in Gran Bretagna, nonché il 'mito' di Kubrick genio introverso: la distinzione tra il regista com'era e il regista come veniva immaginato. Dopo tutto, chi ha lavorato con Kubrick lo definisce esigente, certo, un perfezionista; ma certamente una persona cordiale e partecipe. Questi ritratti, inclusi nell'app ma anche fili conduttori sotterranei della mostra grazie a citazioni, ad aneddoti e a numerose fotografie di Kubrick sul set, permettono all'autore di recitare la parte dell'uomo, anche sul palcoscenico che condivide con la sua leggendaria opera.
Vista della mostra "Stanley Kubrick" al LACMA di Los Angeles. Photo Museum Associates/LACMA
Vista della mostra "Stanley Kubrick" al LACMA di Los Angeles. Photo Museum Associates/LACMA
Vista della mostra "Stanley Kubrick" al LACMA di Los Angeles. Photo Museum Associates/LACMA
Vista della mostra "Stanley Kubrick" al LACMA di Los Angeles. Photo Museum Associates/LACMA
Vista della mostra "Stanley Kubrick" al LACMA di Los Angeles. Photo Museum Associates/LACMA
Vista della mostra "Stanley Kubrick" al LACMA di Los Angeles. Photo Museum Associates/LACMA
Vista della mostra "Stanley Kubrick" al LACMA di Los Angeles. Photo Museum Associates/LACMA
Vista della mostra "Stanley Kubrick" al LACMA di Los Angeles. Photo Museum Associates/LACMA

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