Norman Foster oggi, in 5 architetture da conoscere

In una selezione di opere tra cultura, lavoro e salute, esploriamo la progettazione del nuovo guest editor di Domus dal 2015 a oggi.

Lord Norman Foster è al vertice di Domus come guest editor per il 2024, il settimo nell’ambito del progetto “10 x 10 x 10 – dieci architetti, per dieci numeri, per dieci anni” che accompagna al traguardo del centenario della rivista, nel 2028,  e che ha visto negli anni passati il coinvolgimento di Michele De Lucchi, Winy Maas, David Chipperfield, Tadao Ando, Jean Nouvel, Steven Holl e Toshiko Mori.

Vogliamo proporre qui cinque lavori recenti, a testimonianza di una lucidità e intensità di pensiero maturati nell’arco di sessant’anni di carriera, che affrontano i grandi temi del futuro con l’entusiasmo e l’ottimistica fiducia che contraddistinguono da sempre l’operato del loro ideatore: dalla sanità (Maggie’s Centre) alla cultura (Narbo Via, House of Wisdom), al lavoro (Apple Park, DJI Sky City). Sempre con l’ossessione per la sostenibilità ambientale e per il benessere delle persone.

Maggie’s Centre

Maggie’s center è una rete di centri, situati nelle vicinanze di ospedali, che mirano ad offrire un ambiente di accoglienza e supporto materiale e psicologico ai malati oncologici, senza alcun intento di sostituire le terapie convenzionali. A partire dal primo centro di Edimburgo, realizzato su iniziativa di Maggie Keswick Jencks, moglie di Charles Jencks, la rete oggi annovera numerosi centri diffusi non solo in Gran Bretagna ma anche in altri paesi. L’opera progettata da Foster si situa all’interno del parco del Christie Hospital di Manchester. L’edificio è caratterizzato da un impianto lineare, semplice e funzionale, che articola spazi di comunità (sale riunioni, spazi per attività fisica, biblioteca, cucina) a luoghi più intimi e riservati, ripartiti dalla ritmica regolare di strutture reticolari in legno a vista, materiale che enfatizza il carattere caldo e avvolgente degli ambienti. Il volume ad un solo piano si espande nella parte centrale in un mezzanino che ospita gli uffici. Nel progetto, un’attenzione particolare è posta sulla luce naturale, che filtra generosamente dalle ampie vetrate scorrevoli e dai lucernari, e sul rapporto con la Natura che abbraccia la costruzione e che filtra senza soluzione di continuità negli interni: dall'ampia veranda con vista sul parco ad ovest, ai giardini di pertinenza di ciascuna sala di visita ad est, alla serra dove coltivare fiori e vivere momenti di socialità, a sud.

Apple Park

Nel quartier generale della Apple a Cupertino, nella Silicon Valley, il Ring Building va a integrare gli edifici già esistenti del campus aziendale (Steve Jobs Theatre, il Visitor centre, caffetterie, il centro di ricerca e sviluppo, il centro benessere, tutti immersi in un enorme parco) proseguendone gli obiettivi di benessere psico-fisico dei dipendenti e di abbattimento dell’impronta ecologica. Ring Building è un mastodontico anello su più piani di 475 m di diametro con una circonferenza di 1,494 m, incredibilmente semplice e intuitivo nell’impianto – come un dispositivo iPhone e Mac OS – ma estremamente complesso e raffinato nella tecnologia. La pianta circolare distribuisce una scansione modulare di uffici di diverse tipologie, dotati di luce e aria naturali e di visuali ampie sul paesaggio; in prossimità degli otto punti cardinali la ritmica degli spazi di lavoro è interrotta da ampi locali comuni a tutta altezza che fungono da perno della vita sociale. Il processo costruttivo ha visto l’impiego di una struttura prefabbricata in cemento tra le più avanzate ad oggi, con oltre 4000 lastre di altezza fino a 15 metri, e dei pannelli vetrati di forma curvilinea più grandi al mondo. Il complesso è interamente alimentato da fonti energetiche rinnovabili, dal solare termico, al biogas, al gas naturale: i pannelli solari installati in copertura lo rendono uno dei più grandi tetti solari del mondo. Lo studio dei flussi di ventilazione incrociata garantisce la possibilità di non impiegare per almeno nove mesi all’anno impianti di raffrescamento. Nel cuore dell’anello, l’incremento degli spazi verdi, piantumati con essenze autoctone tra laghetti e frutteti, ha incrementato esponenzialmente la biodiversità del sito. 

Musée de la Romanité Narbo Via

Il museo si erge con sobria monumentalità nel paesaggio come un tempio dedicato al patrimonio romano della città che in antichità era un punto nodale nella geografia gallica. L’edificio, collocato su un podio che ne enfatizza la solennità, è caratterizzato da un’ampia copertura piana aggettante in cemento prefabbricato a vista, che funge da elemento protettivo e ombreggiante. Le pareti portanti presentano una tessitura a strati realizzata con calcestruzzo a secco costipato in cantiere che ricorda l’opus caementicium romano. Il museo contiene spazi destinati alle esposizioni, alla ricerca, alla conservazione e al restauro dei reperti. Una parete verticale che attraversa per tutta la larghezza l'edificio espone steli e lapidi in modalità facilmente riconfigurabile per proporre percorsi attivi di apprendimento, e separa gli spazi aperti al pubblico da quelli destinati agli addetti ai lavori.

House of Wisdom

Il complesso, ideato per celebrare Sharjah come capitale mondiale del libro Unesco nel 2019, si compone di un volume rettilineo trasparente a due piani su cui “galleggia” un tetto a sbalzo largo 15 metri. L’ampio aggetto della copertura, insieme a schermi fissi in alluminio, ombreggia e filtra il sole. Schermi mobili di bambù vengono utilizzati per garantire la privacy e controllare l’abbagliamento. Gli interni sono connotati da un’aura di leggerezza e luminosità. Al piano terra si trovano spazi per mostre, una caffetteria, uno spazio educativo, l'archivio e un'area di lettura; al piano superiore aree espositive e sale di lettura. Il rapporto con il verde e con l’acqua, mutuato dall’antica cultura araba, rivive nel giardino a sud che accoglie spazi-gioco per bambini, e in quello a nord dove si situa “The Scroll“, la scultura a spirale di Gerry Judah che reinterpreta in chiave contemporanea gli antichi rotoli arabi di preghiera

DJI Sky City

Il quartier generale della società tecnologica cinese DJI (acronimo di Dà-Jiāng Innovations), gigante mondiale nella produzione di droni con sede a Shenzhen, è composto da due torri di 44 e 42 piani, rispettivamente alte 212 m e 144 m, collegate da un aereo ponte sospeso lungo 90 m, che ospitano laboratori di ricerca e test, spazi di formazione e spazi pubblici (centro sanitario e comunitario). L’intervento esplora il primo utilizzo di una struttura a sospensione asimmetrica in acciaio in un grattacielo di queste dimensioni: gli spazi di lavoro e di ricerca sono disposti in volumi fluttuanti a sbalzo dai nuclei centrali mediante gigantesche travi e aste di sospensione in acciaio. Tale soluzione strutturale consente la massima flessibilità degli ambienti interni. Particolare è l’attenzione al benessere microclimatico e psicologico e alla riduzione dell’impronta ecologica: lo studio del layout e degli orientamenti massimizza la luce diurna e la vista, migliorando i livelli di comfort e riducendo il consumo energetico. Gli spazi verdi, dai giardini zen alle coperture a verde in sommità, raccolgono l’acqua piovana, che viene immagazzinata e riciclata, oltre a fornire piacevoli oasi di sosta e relazione nel cuore pulsante dell’azienda. 

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