Era scrittrice di saggi che avevano un carattere critico e letterario insieme, quali Death in Quotation Marks: Cultural Myths of the Modern Poet (1991), Common Places: Mythologies of Everyday Life in Russia (1994), The Future of Nostalgia (2001), Another Freedom: The Alternative History of an Idea (2010); e, nel 2012, aveva pubblicato il romanzo Ninochka.
Nei periodi liberi dalla docenza, viaggiava vorticosamente, invitata in molti casi come lecturer, ma anche come curatrice. Era stata coinvolta, tra l’altro, nel Padiglione albanese della 12ma Biennale di Architettura di Venezia, dove veniva esposto il progetto di Edi Rama, artista e, allora, sindaco di Tirana, oggi Primo Ministro dell’Albania: quello di trasformare la città di Tirana a partire dai colori delle facciate dei palazzi.
Come se questo non bastasse, Boym aveva un eteronimo, Olga Carr, dal cui account, in alcuni periodi scriveva e-mail ad amici e conoscenti.
Svetlana Boym, che si avventurava e si smarriva senza perdersi d’animo, si è ammalata mentre era nel pieno delle energie intellettuali e del fervore creativo. Lavorava, tra l’altro, alla pubblicazione del suo Off Modern, che avrebbe anche dovuto prendere la forma di una mostra; e al progetto di ricostruire la storia di quella sorta di camera di compensazione viennese in cui, come lei, tanti ebrei russi avevano trascorso il proprio periodo di transito verso una nuova vita. Ad alcuni dei numerosi amici sparsi in tutto il mondo ha lasciando l’arduo compito di veicolare ai suoi ultimi progetti.
Fino a fine giugno 2016, le opere di Svetlana Boym saranno esposte presso il dipartimento di Letteratura comparata della Harvard University.