
“Gli alberi ci appaiono solidi, ma se li osserviamo attraverso il tempo, nella loro crescita, diventano una materia fluida e plasmabile. Un albero è un essere che memorizza la sua forma e la sua forma è necessaria alla sua vita, quindi è una struttura scultorea perfetta, perché ha la necessità dell’esistenza,” spiega Penone.
In mostra, gli alberi di Penone si ricompongono in un bosco: in una delle sue opere più celebri, Ripetere il bosco (1969–2016), vari tronchi scavati in blocchi di legno sono disposti a ricreare una piccola foresta. Come in un paesaggio di fiaba, Ripetere il bosco evoca associazioni profonde e antiche tra magia e natura, ma descrive anche una natura sempre più addomesticata e artificiale: questo contrasto svela anche le preoccupazioni e ansie ecologiste dell’opera di Penone, diventate quanto mai attuali.

La serie Foglie di pietra (2013) – presentata per la prima volta in Italia – combina elementi naturali e blocchi di marmo scolpiti come capitelli e colonne antiche, quasi a suggerire paesaggi di rovine e frammenti di storia riconquistati dalle forze della natura. Le sculture della serie Foglie di pietra assumono un fascino ancora più seducente nella cornice di Palazzo della Civiltà Italiana a Roma, perché intrecciano nelle spirali di alberi e rami il peso e la ricchezza della storia antica. Archeologia e rovine, storia e cultura sono presentate in queste opere come una sorta di “seconda natura”: una sintesi profonda tra il passare del tempo naturale e quello umano, nel quale – per la prima volta nell’opera di Penone – si scorgono anche memorie romantiche e nostalgie di antiche civiltà perdute.

A queste opere fanno da contrappunto una serie di interventi tra cui il grande quadro Spine d’acacia – Contatto (2006) che delinea su tela l’impronta di una bocca disegnata con centinaia di spine. Al contempo delicato e aggressivo, Spine d’acacia – Contatto fa parte di una serie di opere di Penone in cui il corpo umano è descritto attraverso le tracce della sua assenza, con impronte digitali, orme e impressioni del fiato dell’artista. In Soffio di foglie (1979), ad esempio, il corpo dell’artista è presente come un calco impresso su un pila di foglie di mirto. In Essere fiume (2010) – una delle opere a prima vista più semplici ma filosoficamente più complesse dell’intera opera di Penone – l’artista replica meticolosamente in un blocco di marmo le forme di una pietra levigata da un fiume: in questo esercizio di simulazione che è al contempo una splendida allegoria della scultura, l’uomo si fa fiume e natura, partecipando a quel senso di comunione cosmica che anima l’intera opera di Giuseppe Penone.
fino al 16 luglio 2017
Giuseppe Penone Matrice
Palazzo della Civiltà Italiana
Quadrato della Concordia 3, Roma
Curatore: Massimiliano Gioni

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L’eredità di Ada Bursi si trasforma in un progetto d’esame del biennio specialistico in Interior Design allo IED di Torino, in un racconto sull’abitare contemporaneo, tra ecologia, flessibilità spaziale e sensibilità sociale.