Attraverso l'intervento di dieci relatori internazionali, critici, curatori e ricercatori, che si sono susseguiti nelle due giornate di convegno, è stato tracciato con successo il profilo di Szeemann, l'originale percorso professionale caratterizzato dalla duplice natura di curatore indipendente e al contempo attivo in ambito istituzionale e la sua eredità. L'intento di storicizzare e interrogarsi sull'influenza del modello curatoriale Szeemann ha aperto e lasciato in sospeso molteplici questioni inerenti al ruolo delle istituzioni museali contemporanee e all'odierno significato di curatela.
Il primo giorno di convegno è stato particolarmente significativo per circoscrivere e contestualizzare la figura del curatore svizzero, partendo dal suo operato per poi trasportare le riflessioni sul piano pratico e contemporaneo al fine di comprendere come Szeemann abbia influenzato le generazioni di curatori seguenti.
Il secondo giorno di convegno si è aperto con le relazioni di tre giovani ricercatori: Mariana Roquette Teixeira, Pietro Rigolo e Lara Conte. Il prezioso lavoro di analisi che hanno svolto negli archivi Szeemann ha riportato alla luce alcuni casi studio significativi per comprendere il ricco apparato documentale che corredava le mostre e per approfondire le modalità operative progettuali del curatore svizzero. Mariana Roquette Teixeira dell'Universidade Nova de Lisboa si è occupata di analizzare la mostra Großvater: Ein Pionier wie Wir (1974), mentre Pietro Rigolo dell'università IUAV di Venezia ha incentrato il proprio intervento sul ritrovamento di una serie di documenti relativi ad una mostra mai realizzata: La Mamma. La mostra doveva idealmente concludere una trilogia iniziata con Le macchine celibi (1975-77) toccando tematiche come la storia delle religioni e del femminismo, il pensiero teosofico, la letteratura, la psicanalisi, l'antropologia e la storia dell'architettura percorrendo "la storia delle donne dalla più grassa e vecchia alla più magra". La relazione di Lara Conte, invece, ha delineato i rapporti tra Szeemann e l'Italia, considerando i contatti con gli artisti italiani del tempo e l'incontro con Germano Celant.
La caratteristica non linearità storica delle mostre ideate dal curatore svizzero e la propensione verso un'ideale opera d'arte totale hanno contribuito alla trasformazione del dispositivo mostra, alla riconsiderazione dell'autorialità del curatore, allo stravolgimento degli equilibri tra artista e curatore e alla ricollocazione del ruolo dell'istituzione museale.