Il Teatro dell’utile

Come allestire un grande evento senza sprecare risorse? Rural Studio lo racconta, con il suo progetto per la Biennale di Venezia.

Rural Studio, Il Teatro dell'Utile, 15. Biennale di Architettura, Venezia, 2016
L’arte, nelle sue numerose declinazioni, è spesso vista come attivatrice di circostanze, catalizzatrice di flussi, passioni, idee e azioni. A livello locale può aiutare a rimettere in moto dinamiche sociali in modo spontaneo e genuino, introducendo un fattore di novità nella percezione dell’evento. Ma cosa succede quando l’evento assume una portata imponente e internazionale e la situazione si fa più complessa?
Rural Studio, Il Teatro dell'Utile, 15. Biennale di Architettura, Venezia, 2016
Rural Studio, Il Teatro dell'Utile, 15. Biennale di Architettura, Venezia, 2016

L’evento artistico è affiancato da una struttura burocratico-organizzativa che ne permette il funzionamento e la durata, diventando il motore dell’evento stesso. E questa struttura diventa impresa, un’azienda di natura commerciale in cui vigono le regole del profitto. Si rischia di perdere la dimensione locale, l’arte diventa catalizzatrice di capitali internazionali e il quartiere diviene funzionale all’accoglienza, non più luogo d’indagine e sviluppo sociale.

Abbiamo girato la domanda a Rural Studio incontrato alla 15. Biennale di Architettura di Venezia dove ha portato un approccio metodologico che riconsidera l’intero processo espositivo in modo quasi chirurgico, rimettendo al centro della ricerca il progetto e i suoi protagonisti: gli abitanti.

Rural Studio, Il Teatro dell'Utile, 15. Biennale di Architettura, Venezia, 2016
Rural Studio, Il Teatro dell'Utile, 15. Biennale di Architettura, Venezia, 2016
Rural Studio è un dipartimento dell’Università di Auburn che, dal 1992, agisce in supporto alle comunità locali in Alabama, costruendo case ed edifici pubblici in collaborazione con studenti, autorità locali, professionisti e cittadini. L’allestimento de Il Teatro dell’Utile è un grande ed enigmatico parallelepipedo sospeso a mezz’aria, le cui pareti sono composte da reti di materassi assemblate tra loro, un corridoio su cui insiste un muro di armadietti spogliatoio, lame formate da pannelli isolanti in fibra di legno che scendono gradualmente dal soffitto e definiscono un piccolo teatro, in cui potersi accomodare su bancali fatti con gli stessi pannelli grezzi. “Non li abbiamo scelti noi”, afferma il team di Rural Studio, “i materiali provengono da una lista. Abbiamo chiesto a due organizzazioni locali di cosa avessero bisogno e abbiamo utilizzato parte di ciò che hanno richiesto per costruire la nostra installazione”. Le due organizzazioni sono l’Assemblea Sociale per la Casa (ASC) e la Cooperativa Caracol, che si occupano rispettivamente del recupero di case pubbliche cadute in disuso e dell’accoglienza di persone senza fissa dimora. “La lista che abbiamo ricevuto era molto più lunga”, prosegue il gruppo, “così abbiamo scelto d’inserire nel nostro spazio solo i materiali che servivano alla sua realizzazione. Per esempio, abbiamo scelto di usare le reti ancora imballate considerandole come pannelli traslucidi che permettono d’intravedere l’interno dal corridoio.
Rural Studio, Il Teatro dell'Utile, 15. Biennale di Architettura, Venezia, 2016
Rural Studio, Il Teatro dell'Utile, 15. Biennale di Architettura, Venezia, 2016
La progettazione riguarda anche la trasformazione di questo elenco di articoli in materiali da costruzione ed elementi architettonici. Un letto o l’armadietto di uno spogliatoio, da soli o impilati assieme ad altri, non costituiscono questa trasformazione. Ma l’atto di appendere trasforma un letto in un muro, e così via: questo è un cambiamento architettonico. Tutto quello che abbiamo portato alla Biennale è installato in modo da esprimere l’idea di essere in transito. Per questo, alcuni materiali sono stoccati su bancali o addirittura sono ancora imballati, come nel caso degli armadietti. E tutto fa parte del concetto dell’allestimento”. Questo allestimento sembra essere una vera e propria lezione di architettura a tutto tondo, è impeccabile anche la composizione stessa per proporzioni, luce, eleganza nel complesso e nel dettaglio. Ma è anche una sfida ingegneristica, dato che quasi tutti gli elementi sono sospesi.
Rural Studio, Il Teatro dell'Utile, 15. Biennale di Architettura, Venezia, 2016
Rural Studio, Il Teatro dell'Utile, 15. Biennale di Architettura, Venezia, 2016
“Quando si utilizzano materiali non strutturali per costruire qualcosa bisogna trovare il modo per riuscirci”, racconta l’entourage americano. “Gli allestimenti sono installazioni temporanee, e in un allestimento si pensa a due processi: la costruzione e lo smantellamento. In questo caso, volevamo ottenere un sistema che permettesse la massima flessibilità, in modo che i materiali possano arrivare immediatamente alla vita reale, una volta conclusa la mostra, con un impatto ambientale molto leggero. L’attitudine all’uso di materiali che non siano propriamente da costruzione è una caratteristica di Rural Studio, in particolare non c’è timore nella sperimentazione. Anche grazie al nostro ingegnere che, rimanendo nello spirito di Rural Studio, non esita a risolvere strutture non convenzionali, permettendo allo staff e agli studenti di imparare a progettare con cognizione e libertà.”
Rural Studio, Il Teatro dell'Utile, 15. Biennale di Architettura, Venezia, 2016
Rural Studio, Il Teatro dell'Utile, 15. Biennale di Architettura, Venezia, 2016
È evidente che l’installazione non vede come obiettivo finale l’allestimento in Biennale, che anzi diventa una fase in un percorso più ampio, scardinando il meccanismo espositivo tradizionale e, allo stesso tempo, ricostruendolo in maniera ancora più potente. Etimologicamente, non possiamo più parlare di materiali da riciclare dopo il ciclo di vita dell’evento. “Davvero, non vediamo nessun ri-ciclo nel nostro progetto”, parola di Rural Studio. “Si tratta di una vita, non due vite. Il ri-ciclo inteso come seconda vita di un materiale che ha esaurito il suo ciclo in questo caso non sussiste. Credo sia meglio parlare di transito, dato che attraverso il nostro processo i materiali sono ancora in attesa di affrontare il primo ciclo vitale. Per un breve periodo i materiali sono esposti in Biennale, e solo dopo lo smantellamento comincerà la loro vita. Insomma, un letto diventerà tale solo una volta giunto a Caracol. Adesso non è ancora un letto, è un manifesto; è lì per aiutarci a raccontare una storia.” Dietro questo progetto ci sono un anno di lavoro e un team molto affiatato, che ha deciso d’interfacciarsi a due collettivi locali e supportare due progetti radicali: un centro di accoglienza per senza dimora e il restauro di una casa occupata.
Rural Studio, Il Teatro dell'Utile, 15. Biennale di Architettura, Venezia, 2016
Rural Studio, Il Teatro dell'Utile, 15. Biennale di Architettura, Venezia, 2016
“Riguardo la radicalità dei progetti, non crediamo che lottare per un riparo sia radicale: è basico, è importante. Vogliamo che il nostro progetto sia portato a termine da qualcuno che abbia l’esperienza e la conoscenza necessarie in termini d’impatto locale. Vogliamo essere fonte di risorse, non sprecarle. Abbiamo visitato alcune organizzazioni locali e ci sono piaciute queste due in particolare perché lavorano sul tema della casa, tema su cui ci concentriamo anche noi in Alabama. Entrambe, l’Assemblea Sociale per la Casa e la Cooperativa Caracol ci sono da subito sembrate molto serie, appassionate, rigorose, così ci siamo fidati di loro per continuare quest’idea di utilizzare le risorse anche dopo la Biennale. Crediamo che i nostri progetti assumano forza confrontandosi con le persone del luogo, perché questo spiega quello che facciamo di solito: lavoriamo con le comunità locali. È l’idea di agevolare la longevità delle risorse in campo.”
Rural Studio, Il Teatro dell'Utile, 15. Biennale di Architettura, Venezia, 2016
Rural Studio, Il Teatro dell'Utile, 15. Biennale di Architettura, Venezia, 2016
A novembre il Teatro dell’Utile sarà smontato e i materiali trasportati verso le loro destinazioni finali, dando il via ai due progetti in questione. Ma il fatto di utilizzare materiali che sono stati esposti presso un’istituzione culturale di portata internazionale comporta delle peculiarità. “Quest’anno abbiamo l’opportunità della Biennale di Venezia per amplificare ciò che queste due organizzazioni stanno facendo, e magari in questo modo è possibile per loro ottiene ulteriori aiuti. O perlomeno il pubblico sarà maggiormente cosciente di questi progetti. Rural Studio ha sollevato alcune questioni, una di queste è capire se un grosso evento come la Biennale può funzionare solo in questo modo o se ci sono delle alternative. Rural Studio è un luogo nel quale vengono poste molte questioni, non ci aspettiamo di risolverle tutte, ma ci piace sollevarle e discutere su quante risposte differenti possiamo trovare a una domanda e quale fra queste abbia valore maggiore. In questo caso, abbiamo risolto quella specifica questione: la nostra installazione è una soluzione allo spreco di risorse durante e dopo un grande evento.”
© riproduzione riservata

fino al 27 novembre 2016
Il Teatro dell'utile
15. Biennale di Architettura di Venezia
Progetto: Rural Studio
Architetto locale: Studio Architetture Precarie
Allestimento: Andrew Freear, Xavier Vendrell, Elena Barthel, Mary English – Rural Studio; Alessandro Zorzetto – Architetture Precarie; Pasquale Ambrogio, Niccolò Bocenti – Rebiennale

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