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L’ultima mostra di Gaetano Pesce

Resta aperta pochi giorni a Milano “Nice to see you”, la mostra-testamento di Pesce (1939-2024), in cui arte e design hanno confini sfumati, e dove grande protagonista di una immaginazione mai stanca è il corpo nelle sue svariate declinazioni. 

L’arrivo in Piazza Pio XI a Milano è emozionante. La scultura L’Uomo stanco incombe davanti alla facciata della Veneranda Biblioteca Ambrosiana: la figura si staglia a metà del secondo ordine delle finestre, e la testa reclinata che guarda il suolo fa capolino sulla porta di ingresso. Una sagoma monumentale, alta 8 metri e lunga 13 e mezzo, dai colori blu spento, grigio e terra.

La postura ci trasmette l’idea di un uomo sottomesso, rassegnato, umiliato, silenzioso. Ci racconta del decadimento delle più nobili qualità umane per il raggiungimento del potere in funzione del soddisfacimento dei propri interessi.

La stanchezza a cui Pesce dà forma non è quella che deriva dalla fatica del lavoro, bensì quella che è congenita nella condizione del maschio, schiacciato dal suo stesso potere.
Gaetano Pesce, L’Uomo stanco, Milano Design Week 2024

 L’occidente è stanco, il potere è stanco, il maschio è stanco: questo suggerisce l’ultima opera di Gaetano Pesce, quella che è destinata – anche senza volerlo – ad assumere un ruolo testamentario. Senza più l’esuberanza formale e la vivacità cromatica di tutte le altre sue opere, quasi trattenuta, paralizzata, ingrigita: un segno epocale, un messaggio a suo modo struggente. Perché la stanchezza a cui Pesce dà forma nella sua ultima installazione non è quella che deriva dalla fatica del lavoro, bensì quella che è congenita nella condizione del maschio, schiacciato dal suo stesso potere. In questo tempo e in questo mondo, soprattutto.  

Tutt’altra atmosfera si respira però all’interno, nella galleria di ingresso dell’Ambrosiana, dove la mostra “Nice to See You” raccoglie una trentina di opere, per lo più inedite, alcune del passato ma la maggior parte realizzate tra il 2023 e il 2024.

Gaetano Pesce, Nice to see you, Biblioteca Ambrosiana

Appena entrati nella sala espositiva si percepisce immediatamente una prorompente vitalità che riempie il vuoto lasciato dalla scomparsa di Pesce: un’esplosione di colori e uno sgorgare di forme che sono al contempo folate di energia e pugni ben assestati nello stomaco.
Qui si ha la netta percezione di un design che sconfina nei territori dell’arte: le opere esposte non sono solo oggetti, ma veicoli che trasmettono messaggi, concepiti anche e soprattutto per farci pensare.

All’ingresso, su un cavalletto, l’invito di Gaetano Pesce per la Mostra (un triangolo in resina con l’occhio centrale, tutti i testi in rilievo, custodito in una carta oleata, in una busta di carta da pacco marroncina) viene reinterpretato dai ragazzi del Corso di Panificazione della Società Umanitaria che omaggiano Pesce riproducendo l’invito in grande formato, ma sostituendo la resina con il pane, una fra gli ingredienti primigeni utilizzati dagli esseri umani, quasi a far dialogare ciò che viene da lontano con ciò che è contemporaneo.

Gaetano Pesce, Nice to see you, Biblioteca Ambrosiana

Proseguendo nella visita, l’ambra aranciata dell’Origami Table è il risultato di una concrezione fossile, organica, ancestrale: è un foglio piegato come un origami, dove le pieghe diventano strutturali. Per realizzarlo occorrono sinergia, comunione, ascolto. È come una coreografia, tutti devono conoscere i tempi e saper ascoltare la materia e le sue reazioni: si agisce all’unisono colando la resina in uno stampo, con movimenti coordinati e pianificati per evitare il collasso o la precoce solidificazione del materiale.

Ma il vero protagonista dell’ultima mostra progettata da Gaetano Pesce è il corpo: un corpo che ovunque pulsa, si mostra, ingombra. A partire dalle mani: che si stringono nella Friendship Lamp (come per ritrovare il contatto dopo la separazione forzata dovuta al distanziamento della pandemia); che si liberano dal pugno nel divano Il Pugno si è dischiuso (due mani fuori scala, connesse l’una all’altra da una catena di metallo, che rappresentano le mani di un prigioniero e ci raccontano dell’assenza di libertà di parola in molte parti del mondo); che nel Guanto e La Mano richiamano il Gaetano Pesce dei primi anni 70, reinterpretato oggi con materiali e tecnologie moderne. Il Guanto ricorda l’importanza del toccare, l’intelligenza che Pesce aveva nelle mani mentre lavorava, sporcandosele; La Mano invece non è finita, ha in rilievo le linee della vita e due fedi ed evoca il tema ricorrente nel lavoro di Pesce del lavoro non ancora ultimato. 

Gaetano Pesce, Nice to see you, Biblioteca Ambrosiana

Ci sono poi l’orecchio e il naso, che plasmano la forma delle librerie Ear Shelf e Nose Shelf: anatomie riconoscibili per veicolare messaggi semplici e per evocare la tentazione sinestetica che da sempre alligna nelle opere di Pesce e nella sua volontà di mettere i sensi al lavoro, cercando di contrastare quell’anestesia sensoriale che nella società contemporanea cancella gli odori e i sapori, omogenizza i gusti, attutisce i suoni, e tende comunque a ricondurre ogni esperienza percettiva entro i binari della gradevolezza rassicurante (già nel 1975 al Musée des Arts Decoratives di Parigi Pesce fece realizzare a un naso profumiere un’essenza che sapeva di muffa da far spruzzare quotidianamente ai guardiani, per veicolare l’idea che i musei erano luoghi stantii, fissi, inamovibili, con un messaggio trasmesso attraverso il meno intellettuale dei 5 sensi).

Ma il corpo trova la sua apoteosi con Il Vaso più indispensabile, dedicato alla più grande creazione dell’universo: il ventre materno che genera la vita. Il vaso – che è tra gli oggetti feticcio di Pesce, declinato e reinventato in decine e decine di varianti diverse, sempre sorprendenti – sembra trovare qui la sua matrice primaria, il suo modello originario e il suo imprescindibile ruolo non solo di contenitore ma anche di produttore di vita. La creazione della vita esplode del resto anche nella sagoma di Mother with Son (Project of a door), un progetto di porta disegnato negli anni ’90 per l’interno di un negozio di vestiti per bambini, rivisitando l’iconografia di un tema ricorrente dell’arte rinascimentale come quello della Madonna con il Bambino.

Gaetano Pesce, L’Uomo stanco, Milano Design Week 2024

E poi ci sono i volti, gli occhi, le bocche nel tavolo Do I Like You? e nella nuovissima collezione di sedute La grande, La cugina, Il bambino, La piccola, realizzate pochi giorni prima che Gaetano ci lasciasse: un dialogo all’interno della realtà familiare che esplora i diversi modi di stare seduti, accarezzando i sorrisi della vita quotidiana.

Infine, trionfano i fuori scala, gli oggetti che diventano grandi, si elevano, come dei monumenti domestici: la Dalila Chair XL, Nobody’s Perfect XL, l’Oman Trono (realizzato dopo un viaggio in Oman, invitato a scoprire l’affascinante produzione del profumo con una resina ricavata dal Frankincense). E la magia del colore, delle trasparenze e delle luci di un oggetto come la libreria Luigi (o mi amate voi?), rieditata da Bottega Ghianda, dà l’idea di come davvero Pesce sapesse trasformare il mondo in una “camera delle meraviglie”. 

Gaetano Pesce. Foto Olga Antipina

Non era stanco, Gaetano Pesce. Ha combattuto fino all’ultimo respiro. Lucido, vulcanico, furente e dolcissimo al tempo stesso.  Ci lascia una grande eredità di pensieri e visioni attraverso il suo lavoro.  E la sua ultima mostra ci ricorda che rispetto a chi concepisce il design come una disciplina volta a comprimere e contenere il mondo dentro rigide forme geometriche, Pesce rappresenta esattamente il polo opposto: quello di chi cerca invece di liberare le forme del mondo, rompendo dogmi, pregiudizi, luoghi comuni e gerarchie. Per renderci più liberi, come libero era lui. 

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