Fondazione VOLUME!

La mostra al Musée d’Art Moderne et Contemporain di Saint-Étienne rende omaggio ai 18 anni di attività della Fondazione VOLUME! di Roma, ponendo domande essenziali sullo spazio dell’arte.

Quest’anno il Musée d’Art Moderne et Contemporain di Saint-Étienne rende omaggio alla Fondazione VOLUME!. Lungi dall’accontentarsi della retrospettiva di uno dei momenti migliori di via San Francesco di Sales nel quartiere di Trastevere a Roma, la mostra, ideata dal direttore del museo Lorand Hegyl e dal fondatore di VOLUME! Francesco Nucci, affronta varie sfide e pone domande essenziali a proposito dello spazio dell’arte.
Pedro Cabrita Reis
In apertura: “Fondazione VOLUME! Passaggi”, vista della mostra, Musée d’art Moderne et Contemporaine Saint- Etiénne Metropole. L'opera di Sissi e Christian Boltanski. Sopra: Pedro Cabrita Reis, La Maison de Saint-Étienne, 2015. Mattoni e intonaco, dimensioni variabili (site-specific). Photo João Ferro Martins
La prima riguarda il tema stesso della manifestazione di Saint-Etienne: come dar conto dell’essenza di VOLUME! fuori del suo ambiente, quando paradossalmente questo luogo ha una parte così importante nella concezione della mostra? Il luogo è relativamente enigmatico e non corrisponde per nulla alle asettiche sale delle gallerie e dei musei. Essere costretti a scendere qualche gradino, dover seguire un percorso e non riuscire mai a dimenticare la pesantezza della struttura sono altrettanti ostacoli che il pittore deve superare per conquistare la libertà, tanto più che le pareti, che recano il segno di un particolarissimo odore, portano in sé la storia del quartiere di Regina Coeli.
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Progetto architettonico di Anomia Studio per la mostra “Fondazione VOLUME! Passaggi”, 2015, vista dall’alto, rendering
La seconda riguarda invece la presa di distanza necessaria a riflettere su diciotto anni di creatività: come riunire tutti gli artisti in un’unica partitura, dato che si sono susseguiti anno dopo anno?
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“Fondazione VOLUME! Passaggi”, vista della mostra, Musée d’art Moderne et Contemporaine Saint- Etiénne Metropole. Gianni Dessì (in primo piano) e Pedro Cabrita Reis
VOLUME! Non ha mai allestito mostre nel senso tradizionale del termine – Francesco Nucci preferisce d’altra parte la parola “lavori” – ma piuttosto una reinvenzione dello spazio. Numerosi dei 61 artisti plastici invitati a Roma hanno subito il forte influsso dell’architettura locale. “Per un artista quest’idea di un luogo che si offre completamente è un occasione meravigliosa”, spiega Gregorio Botta. “Di più, ti fanno lavorare con una cura enorme.” L’esperienza della Fondazione VOLUME! Permette così di affiancare il lavoro mettendo a disposizione non solo le conoscenze pratiche necessarie ma anche istituendo un rapporto nuovo con il tempo. Nucci infatti considera la lentezza una virtù, cosa che nel mondo contemporaneo va chiaramente controcorrente. Di fatto gli artisti provano grande riconoscenza per questo momento privilegiato che permette loro di sperimentare forme plastiche inedite. Botta spiega entusiasta che “VOLUME! mi ha regalato il mio Circolo d’acqua. Non avrei mai potuto farlo se non fosse stato per VOLUME! Che enorme regalo mi ha fatto!”.
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“Fondazione VOLUME! Passaggi”, vista della mostra, Musée d’art Moderne et Contemporaine Saint- Etiénne Metropole. Carlos Garaicoa
Uno dei meccanismi della mostra di Saint-Étienne consiste nel rifiuto di ripetere alla lettera ciò che è già stato fatto 5, 10 o 15 anni prima a Roma con l’aiuto di fotografie o di misurazioni accuratamente conservate  negli archivi della Fondazione. Di fatto, il museo presenta immagini che sono il riflesso del lavoro degli artisti a VOLUME! così come gli autori se lo figurano oggi. Secondo Nucci, noto neurochirurgo prima che collezionista e curatore, “È un museo mentale. Tutto parte da come funziona il cervello: come una memoria che è non solo locale. Ma anche diffusa. I ricordi, come tutti i ricordi, sbiadiscono, si modificano, cambiano… Ma – detto questo – è bello che i lavori interagiscano con la mente. Ogni persona ricostruisce una propria storia di VOLUME!”.
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“Fondazione VOLUME! Passaggi”, vista della mostra, Musée d’art Moderne et Contemporaine Saint- Etiénne Metropole. L'opera di Giuseppe Gallo
E tuttavia come sfuggire alla semplice giustapposizione di installazioni eterogenee e riuscire a ottenere un dispositivo scenografico coerente? L’architetto Gianluca Nucci (Anomia Studio architetture) ha superato allegramente la sfida creando un vero e proprio villaggio: “L’idea dell’allestimento è venuta fuori dalla necessità di fare una mostra collettiva, preservando l’individualità di ognuno. All’inizio, l’idea era diversa. Mio padre ha avuto quest’idea andando a Saint-Étienne in macchina, osservando i villaggi.” Tra gli imperativi stabiliti dal giovane architetto c’era la volontà di costruire “un percorso il più casuale possibile, così come è fatta la memoria. Non c’è un percorso ben preciso”. Ciò d’altra parte implica non tener conto di una cronologia o dei rapporti degli artisti tra loro. Come in un villaggio, quindi, ci sono spazi individuali, spazi di incontro e anche “la necessità di inserire un elemento di culto”: la cappella barocca costruita da Valery Koshkyakov a Saint-Étienne, mentre il suo bozzetto dell’epoca era completamente diverso. Francesco e Gianluca Nucci di fatto hanno proposto agli artisti plastici dei modelli ridotti della casa prima che alcuni di loro decidessero di ripensare tutto una volta sul posto.
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“Fondazione VOLUME! Passaggi”, vista della mostra, Musée d’art Moderne et Contemporaine Saint- Etiénne Metropole. L'opera di Nunzio
Alcuni, come Nunzio, hanno scelto di rifiutare questo spazio abitativo per ricrearne un altro: “Ho sempre avuto l’idea di avere una casa senza tetto e senza pavimento. Se vieni nel mio studio a Torino, sopra il mio studio, che ha un tetto e un pavimento, c’è una casa dove non c’è né tetto né pavimento, fatta di legno. Era una vera casa che è diventata qualcos’altro. È diventata l’idea che l’opera può essere quel che hai intorno”. L’artista perciò ha installato a Saint-Étienne Sarai d’ombra (2013), “un lavoro sulla trasparenza, sull’harem, sull’idea di vedere e di essere visti, sull’idea della trasparenza per cui, secondo  quello che si illumina, si percepisce lo spazio in un modo diverso. È il luogo del desiderio. È un’opera sull’osservare e sull’essere osservato”.
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“Fondazione VOLUME! Passaggi”, vista della mostra, Musée d’art Moderne et Contemporaine Saint- Etiénne Metropole. Jaume Plensa (rosso) e Bizham Bassini (giallo)
Nemmeno Pedro Cabrita Reis ha preso possesso della sua casetta: “Franco e Gianluca sono venuti trovarmi a Lisbona con l’idea di realizzare queste casette. Io ho pensato di farmi da me la mia casa, e loro sono stati contentissimi della proposta. A Lisbona, al tavolo di un ristorante, ho schizzato come volevo fare. Dovevo integrare contemporaneamente il progetto concettuale di Gianluca con la memoria del mio intervento romano. Il risultato è formidabile”.
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“Fondazione VOLUME! Passaggi”, vista della mostra, Musée d’art Moderne et Contemporaine Saint- Etiénne Metropole. In fondo, l'opera di Costa Vece. Sulla destra, Marco Gastini
“Quando, nel 2001, Franco Nucci mi ha invitato, non conoscevo né il luogo né la persona. È un uomo di un coraggio e di una passione che non si trovano spesso. Mi ha raccontato la storia secondo la quale le carceri disegnate dal Piranesi si trovavano vicino all’attuale sede di VOLUME! Non mi importava sapere se fosse vero o meno. Ho pensato che fosse una cosa molto curiosa costruire un rapporto concettuale o plastico con un’ipotesi storica. E allora ho costruito questo labirinto che permetteva una traiettoria, un ambiente semichiuso. C’era una luce molto melanconica. Come a Saint-Étienne, avevo lasciato a terra tutti i frammenti. Lì il suolo ne era praticamente coperto, cosa che produceva un rumore molto particolare. Faceva parte dell’opera. Il suono fastidioso, acido, amaro accentuava alquanto il disagio e l’inquietudine.”
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“Fondazione VOLUME! Passaggi”, vista della mostra, Musée d’art Moderne et Contemporaine Saint- Etiénne Metropole. L'opera di Zorio

L’opera di Cabrita Reis si potrebbe leggere come la materializzazione del desiderio di sfuggire oltre le mura della prigione. I mattoni, prodotto per eccellenza dell’industria di un mondo razionale, diventano ricettacolo delle sua radicalità.

All’inverso, la grande maggioranza degli artisti che hanno accettato di rimanere all’interno del territorio concepito da Gianluca Nucci si sono trovati a confrontarsi con l’improvvisa solennità dello spazio immacolato. Gregorio Botta, per esempio, affida a Saint-Étienne uno dei suoi lavori più sensibili, la cui potente carica introspettiva si intreccia con il desiderio di condivisione attraverso forme universali. Il Circolo d’acqua presentato a VOLUME! nel 2009 “nasce anzitutto dalla mia ossessione per i cerchi e per la circolarità, ma la cosa che mi colpisce è la possibilità di dipingere solamente con la luce. Per cui il riflesso della luce sulla parete crea questo anello, e c’è come un respiro, un ritmo. L’acqua si ferma, si muove… L’intenzione era cercare un luogo, un po’ metafisico ma comunque inaccessibile. Lo vedi, ma non puoi entrare. Come se fosse un organismo vivo”. A Saint-Étienne la casetta diventa quasi un tempio: “Per me, adesso, in realtà è un altro lavoro. Come se acquistasse un’atmosfera di sacralità che a VOLUME! non aveva. Qui c’è il culmine della sacralità che riesce a essere essenziale”.

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Gregorio Botta, Circolo d'acqua, 2009, Fondazione VOLUME!. Photo Claudio Martinez
Analogamente, l’opera presentata da Olaf Nicolaï, Un Chant d’amour, acquisisce una dimensione completamente diversa. A VOLUME! l’artista fu anch’egli profondamente segnato dalla vicinanza di Regina Coeli, e realizzò il suo progetto partendo dalla scena di Jean Genet in cui due carcerati, dai lati opposti di un muro, condividono una sigaretta con una cannuccia. Il suo intervento minimalista – il fatto di usare una cannuccia di McDonald’s – non faceva che amplificare la densità dello spazio. A Saint-Étienne il gesto artistico domina lo spazio poiché questo desiderio di libertà simboleggiato in pochi millimetri di diametro è, per forza di cose, il pretesto stesso della costruzione dell’edificio intorno al quale il pubblico gira per vedere le due facce di quest’unica realtà.
Andando ben oltre la storia di VOLUME!, la mostra al Musée d’Art Moderne et Contemporain di Saint-Étienne permette per la prima volta di gettare uno sguardo sugli ultimi vent’anni della creatività romana, storia per altro molto maschile. Il fatto che le donne siano così poco numerose tra i 61 artisti invitati da VOLUME! è rivelatore di una realtà che Roma spesso preferisce tacere o nascondere, forse perché la capitale non ha occasione di riflettere sulla sua storia recente. Se gli anni Settanta sono oggetto di celebrazione, nessuno finora ha messo in luce le interazioni tra i vari artisti regolarmente presenti oggi. Insomma VOLUME! evita uno scoglio astenendosi dall’usare le celebri espressioni di “Arte povera”, di “Transavanguardia” o di “Nuova scuola romana”, senza limitarsi ai soli italiani. Le creazioni di un Kounellis o di un Baruchello vengono presentate accanto a stranieri di ogni generazione per i quali Roma ha un ruolo estremamente sensibile, in quanto territorio fecondo e protetto.
Una situazione in parte dovuta, secondo Olaf Nicolaï, al modo in cui sono coinvolti i collezionisti. Thomas Lange, invitato da VOLUME! l’inverno scorso, che presenta a Saint-Étienne Vuoto, si esprime a questo proposito con grande passione: “Sono molto emozionato, molto felice – devo dire – di essere inserito in questo programma, ma anche per la testimonianza d’amicizia dei Nucci. La Biennale di Venezia deve essere come questa mostra! Perché è una mostra d’arte, non di politica. Adesso siamo vincolati, al di là del mercato, dal fatto che l’artista diventa il lacchè della finta politica. Invece la Fondazione VOLUME! ama i pittori e vuole favorire le idee dell’arte. Le cui domande sono risposte a: ‘Chi sono, dove vado, che cosa sono stato?’”.
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