Tetralogia della polvere

Sottile ai limiti del mimetismo, l'installazione ambientale di Gian Maria Tosatti è il primo passo per restituire gli oltre cinquemila metri quadri di Casa Bossi alla città di Novara.

Casa Bossi, a Novara, è un edificio destinato originariamente a ospitare appartamenti in affitto. Monumentale, fuori scala rispetto al tessuto urbano della città, leggermente disassata rispetto alla strada e ruotata in modo da accogliere pienamente la luce del sole, fu frutto di quel momento di rinascimento che la città conobbe alla fine dell'Ottocento. Fu realizzata da Alessandro Antonelli a cinquanta metri soltanto dalla basilica di San Gaudenzio, e costituisce una sorta di contrappunto civile rispetto alla cupola dell'Antonelli universalista, svettante sulla città intera. Come la cupola, anche Casa Bossi fu edificata in uno stile neoclassico "tecnico", con strutture in muratura poderose e spinte al limite delle possibilità statiche.

Gli spazi che la compongono, oltre 5.000 metri quadri accessibili attraverso scale e scaloni – la scala nobiliare, quella della servitù, quella degli inquilini e quella di servizio – si articolano in vari corpi intorno a due corti centrali e sono disposti su sette livelli. Gli appartamenti si diversificavano nel carattere: più sobrii o più sontuosi, talvolta elegantemente affrescati, dotati di camini, di patii o terrazze, godevano di scorci panoramici sulla valle o sulla vicina cupola di San Gaudenzio. Abbandonata per oltre trent'anni, completamente délabré, le stanze scrostate e fatiscenti affacciate sui corridoi, spogliate ormai di ogni cosa tranne qualche raro oggetto di metallo che resta, abbandonato come scheletro, Casa Bossi si offre oggi come teatro di un intervento artistico affidato a Gian Maria Tosatti su commissione del Comitato d'Amore per Casa Bossi, che opera per la riqualificazione dell'edificio e la sua destinazione a centro culturale, e a cura di Alessandro Facente e Julia Draganovic. Dal teatro Tosatti proviene, avendoci lavorato prima di dedicarsi all'arte. Non è un caso che il suo lavoro prenda sempre avvio dai luoghi straordinari che sa individuare, e sui quali la sua immaginazione si innesta, trasformandoli in eloquenti scenografie. Un innesto organico, che parte dagli ambienti, dal loro passato e dal loro presente, dalle storie e dalle memorie che questi custodiscono.
Gian Maria Tosatti, <i>Tetralogia della polvere</i>, 2012
Gian Maria Tosatti, Tetralogia della polvere, 2012
I suoi interventi sono estremamente costruiti, calcolati, ma difficilmente percepibili come effetto della mano dell'uomo. È ciò che avviene nell'installazione attualmente visibile a Milano, nello spazio della Galleria Bianconi: lì Tosatti ha trasformato un ambiente seminterrato nei resti di un appartamento incendiato. Ed è ciò che avviene, a maggior ragione, nell'intervento di Casa Bossi. Qui le intromissioni dell'artista risultano quasi indistinguibili dalla realtà preesistente; consistono nella capacità di sfruttare i fasci di luce che entrano dalle finestre e in mutamenti pervasivi ma appena percepibili, in dislocazioni minime riguardanti di volta in volta un cumulo di polvere, una distesa di vetri rotti, alcune foglie secche; o in un muro graffiato su cui è posata una manciata di falene. Un rubinetto che gocciola appena e un vecchio telefono che a tratti emette un rumore tenue trasmettono la sensazione che la casa conservi un residuo di vitalità e costituiscono la colonna sonora, esilissima ma ampliata dal vuoto della casa, del lavoro.
Gian Maria Tosatti, <i>Tetralogia della polvere</i>, 2012
Gian Maria Tosatti, Tetralogia della polvere, 2012
Anche i pochi resti, oggetti provenienti dal passato della casa, non sono rimossi, ma ricollocati: un vecchio termosifone in ghisa troneggia al centro di una sala vuota, un vecchio letto di ferro, relitto di chissà quale vita passata, è stato coperto con un consunto lenzuolo bianco come se fosse da tempo in attesa di qualcuno. Negli interventi minimali, nel gioco dei chiaroscuri, della polvere che si dirada nei punti più illuminati e s'infittisce in molteplici gradazioni nelle zone d'ombra, il lavoro è sottile ai limiti del mimetismo. L'artista sembra aver operato per scomparire. Ciononostante la Tetralogia della polvere risulta, paradossalmente, monumentale.

Gli interventi di Tosatti non riqualificano l'ambiente, non ne rivelano nulla di specifico; piuttosto vi aggiungono senso, spessore, intensità; ne accentuano l'aspetto archeologico, di rovina, trasformandolo in spazio interiore, della memoria e mettendo i visitatori nella posizione di testimoni. Amplificano il senso di temporalità. il risultato è profondamente malinconico, ma anche teatralmente seduttivo.
I suoi interventi sono estremamente costruiti, calcolati, ma difficilmente percepibili come effetto della mano dell'uomo.
Gian Maria Tosatti, <i>Tetralogia della polvere</i>, 2012
Gian Maria Tosatti, Tetralogia della polvere, 2012
Gian Maria Tosatti, <i>Tetralogia della polvere</i>, 2012
Gian Maria Tosatti, Tetralogia della polvere, 2012
Gian Maria Tosatti, <i>Tetralogia della polvere</i>, 2012
Gian Maria Tosatti, Tetralogia della polvere, 2012

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