Carlos Bunga

Un'installazione site-specific affianca una selezione di disegni, dipinti e sculture dal 2002 al 2008.

Alla fine di novembre l'artista portoghese Carlo Bunga, attivo a Barcellona, si è impadronito dell'atrio dell'Hammer Museum di Los Angeles, installandovi un'opera di proporzioni architettoniche realizzata con i suoi materiali d'elezione: cartone, nastro adesivo e vernice. La scultura site-specific, che occupa due pareti adiacenti alla scalinata semimonumentale del museo, si intitola enigmaticamente Landscape (Paesaggio, 2011) e fa parte di Hammer Project: Carlos Bunga, mostra che comprende non solo l'installazione ma anche una selezione di disegni, dipinti, sculture e video di Bunga datati dal 2002 al 2008. Il titolo si allinea a un'idea di definizione riservata agli artisti visivi e ai poeti. Il vocabolario quotidiano viene utilizzato proficuamente per indagini più specifiche. La vaghezza del linguaggio viene continuamente ribaltata in letture molteplici.

Bunga ha una formazione pittorica e le sue opere, spesso effimere e provvisorie, conferiscono un tono di improvvisazione a uno spazio altrimenti statico. Come lo stesso Bunga ha spiegato in un'intervista del 2010 con i curatori della Fundação Bienal de São Paulo, "si ha spesso la sensazione che il luogo del nostro intervento ci possa dare molto più di quanto non possiamo dargli noi, e che convenga lasciare aperto questo 'spazio mentale' alle evenienze dello scambio reciproco in un processo di ricerca le cui possibilità sono infinite". Ma grazie al titolo di Bunga nessuna lettura, né lezione, emerge naturalmente da queste possibilità. Lo spettatore viene lasciato al pensiero di quale sia il paesaggio rappresentato: quello politico, quello economico, quello culturale, quello urbano o magari quello pastorale?
Vista dell'installazione all'Hammer Museum, Los Angeles. fino al 22 aprile 2012. Photo Brian Forrest
Vista dell'installazione all'Hammer Museum, Los Angeles. fino al 22 aprile 2012. Photo Brian Forrest
Landscape, costruito manualmente nell'arco di tre settimane, è in parte collage e in parte scultura. Cartone e nastro da imballaggio si uniscono in forma provvisoria: una vetrina a rilievo che mette in risalto le proporzioni relativamente classiche dell'atrio dell'Hammer Museum. La pittura (campiture rosa, turchese, gialle e bianche) si screpola dove ricopre il nastro adesivo, sottolineando la qualità effimera dell'opera e dando spazio a una folla di immagini. Colori e struttura consentono vaghe allusioni alle favelas sudamericane e alle baracche delle periferie più miserabili. Ma ombre e forme potrebbero altrettanto facilmente essere accostate alle abitazioni a buon mercato che costellano la Sun Belt degli Stati Uniti.
Vista dell'installazione all'Hammer Museum, Los Angeles. fino al 22 aprile 2012. Photo Brian Forrest
Vista dell'installazione all'Hammer Museum, Los Angeles. fino al 22 aprile 2012. Photo Brian Forrest
Il tessuto urbano di Los Angeles è disseminato di questi contenitori a slavati colori pastello, e non è quindi una sorpresa ritrovarne un corrispondente grafico nell'atrio dell'Hammer. Il titolo Landscape poi è adatto all'ingresso di un museo. E tuttavia questo facile parallelo suscita una domanda più complicata: è il posto giusto per Landscape? La mostra comprende una piccola galleria con alcuni modelli, collage e video. Un pezzo incorniciato intitolato More Space for Another Construction (2007-8) rappresenta una campitura bianca dipinta sopra una pagina strappata dal libro illustrato The New American House: Innovation in Residential Design and Construction. Bunga ha arricchito la composizione con qualche linea geometrica tracciata sommariamente a pennellate rosse, Appropriarsi della lucida pagina e sfigurarla appare un commento all'avido sogno americano di possedere una casa. Ma il senso politico dell'installazione e della mostra personale è più latente che esplicito. Il "paesaggio" di Bunga potrà magari richiamare l'attenzione su elementi architettonici carichi di componenti di politica spaziale (una telecamera di sorveglianza o un'uscita di emergenza) ma in definitiva si tratta di una critica comodamente confinata nello spazio climatizzato dell'Hammer di Wiltshire Boulevard.
Vista dell'installazione all'Hammer Museum, Los Angeles. fino al 22 aprile 2012. Photo Brian Forrest
Vista dell'installazione all'Hammer Museum, Los Angeles. fino al 22 aprile 2012. Photo Brian Forrest
L'installazione di Bunga si è inaugurata il 25 novembre, appena qualche giorno dopo il blitz notturno delle autorità di Los Angeles contro la tendopoli di Occupy eretta intorno al municipio cittadino, che ha fatto piazza pulita dei contestatori usando varie forme di violenza. Anche a settimane di distanza dall'avvenimento è difficile non mettere a paragone la baraccopoli dei militanti con la più istituzionale occupazione di Bunga. In passato l'artista si è filmato mentre distruggeva le sue sculture di cartone. In un video del 2004 fa a pezzi freneticamente, quasi con violenza, con le sue stesse mani la sua opera Kursaal Project (2004) di fronte al pubblico di Manifesta. Non è chiaro se l'installazione dell'Hammer subirà la stessa sorte. Data la crescente tensione del movimento Occupy Wall Street e del suo rapporto con le banche e con la crisi dei mutui, si può solo sperare che Bunga strappi al gelo istituzionale la sua opera dalle sfumature tropicali e che, magari, ritorni all'impegno e all'intervento sul paesaggio urbano. Mimi Zeiger
Vista dell'installazione all'Hammer Museum, Los Angeles. fino al 22 aprile 2012. Photo Brian Forrest
Vista dell'installazione all'Hammer Museum, Los Angeles. fino al 22 aprile 2012. Photo Brian Forrest
fino a 22.04.2012
Carlos Bunga
a cura di Corrina Peipon
Hammer Museum
Vista dell'installazione all'Hammer Museum, Los Angeles. fino al 22 aprile 2012. Photo Brian Forrest
Vista dell'installazione all'Hammer Museum, Los Angeles. fino al 22 aprile 2012. Photo Brian Forrest
Vista dell'installazione all'Hammer Museum, Los Angeles. fino al 22 aprile 2012. Photo Brian Forrest
Vista dell'installazione all'Hammer Museum, Los Angeles. fino al 22 aprile 2012. Photo Brian Forrest

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