Da Cattelan al Madre. Chi ha paura dell'arte?

Inaugurata (finalmente) la mostra tira e molla milanese di Cattelan, è tempo di fare bilanci. Sul controverso rapporto tra amministrazioni comunali e arte, sulla miopia di certa politica.

Alla fine è andato tutto bene. Maurizio Cattelan ha piazzato la sua statua di undici metri a piazza Affari, che per antonomasia in Italia sta a significare la Borsa, esattamente come per l'America si dice Wall Street. Il progetto della colossale mano in marmo di Carrara con tutte le dita mozzate tranne il medio, il più irriverente dei gesti rivolto al tempio della Finanza proprio dopo la grande crisi finanziaria mondiale, aveva mandato in fibrillazione il sindaco di Milano, Letizia Moratti, e la sua giunta di centrodestra che tra pochi mesi affronteranno le elezioni. Dopo una campagna della stampa che ha fiancheggiato Cattelan, dopo tre voti nella giunta comunale e dopo l'assenso del direttore della Borsa consultato dal sindaco, l'irriverente dito è stato finalmente eretto e non c'è stato lo shock temuto. Il monumento piace a tutti: ogni giorno una piccola folla di bambini, anziani, manager e casalinghe anima una piazza prima sempre deserta perché, pur essendo nel centro di Milano, è fuori da ogni percorso casuale, chiusa com'è dentro un intrico di piccole vie (n.d.r.: la Repubblica ha lanciato un sondaggio sulla possibilità di rendere l'installazione di Piazza Affari L.O.V.E. un monumento permanente).
Armati di macchina fotografica o telefonino, tutti si mettono in posa sotto il colossale "vaffan'" riproducendolo con la propria mano, come si fa davanti alla tour Eiffel o alla torre di Pisa. Ma anche l'annunciata retrospettiva a Palazzo Reale, decurtata a sole tre opere (il Papa colpito dal meteorite, il bambino tamburino e la donna crocifissa) sempre per i timori di scandalo espressi da sindaco e giunta comunale, alla fine si è rivelata un capolavoro, come lo stesso Cattelan ha ammesso: "I miei lavori migliori sono nati da imprevisti che sono stato costretto a trasformare in situazioni positive. Se mi fossi seduto a tavolino, non mi sarebbe venuta in mente una sintesi così perfetta come questa per Palazzo Reale: il padre, il figlio e la madre. Una sacra famiglia autobiografica e disfunzionale".
Anche in questo caso, per non urtare le istituzioni cittadine, era stato chiesto addirittura il parere della Curia di Milano, e ancora una volta lo scandalo paventato non c'è stato. I visitatori percepiscono piuttosto la sacralità di quel Papa accasciato esposto assieme a un bambino che sembra autistico, distante e ostinato nel suo battere senza senso. Due solitudini cui si aggiunge, nella stanza accanto, quella della donna crocifissa.

Il bilancio per il Comune di Milano è dunque stato presto fatto: un'operazione artistica di risonanza internazionale come la città non portava a casa da decenni e a costo praticamente zero perché Cattelan ha pagato la statua (compresa la sua costosa installazione) mentre per la mostra di Palazzo Reale (trasporti, assicurazione e guardianìa) sono stati stanziati solo centomila euro: una goccia rispetto ai quattro milioni e duecento mila euro spesi per le mostre del 2009. Non solo, l'intera operazione nasce dal rapporto diretto fra l'artista e il Comune di Milano (attraverso l'assessore alla cultura Massimiliano Finazzer Flory che ne è stato il promotore e difensore) e non è dunque marchiata da alcuna di quelle società che organizzano eventi pseudo artistici e che, almeno a Milano, propinano per lo più accrocchi di opere di serie B con scopo puramente commerciale.
Dunque qual è il problema di un'amministrazione come quella milanese? La lungimiranza. Lo sguardo che sa vedere oltre. In altre parole, la capacità di progettare, di avere un'idea di sé e del proprio lavoro istituzionale che non sia solo quello dell'amministratore di condominio, come amava dire il di sé il precedente sindaco di Milano.
Può un'amministrazione di uno dei Paesi occidentali più solidi avere paura di un artista come se fossimo ancora nella dittatura fascista o nel regime socialista oppure in Corea? Persino in Cina hanno capito che la censura all'arte figurativa è più dannosa del messaggio che vuole oscurare. In Italia, invece, l'arte contemporanea fa ancora paura, molto, molto più della letteratura, della stampa o del cinema. Da una parte questo fa onore alle arti figurative che sembrano mantenere una forza ormai indebolita nelle altre forme d'espressione, ma dall'altra l'approccio censorio e pavido dimostrato dall'amministrazione milanese avrebbe potuto causare danni come a Napoli ben sanno.

Nella capitale partenopea la censura si è abbattuta sul museo Madre, un raro presidio di cultura e civiltà in un Sud divorato dalla malapolitica. Per aprirsi ai giovani e al vuoto sociale della città, il Madre si è inventato, primo in Italia, gli Apemadre, gli aperitivi al museo, e Madrenalina, la serata disco. Ha aperto le porte al teatro, ai video, alla fotografia; ha rimescolato le generazioni dei frequentatori dei musei; ha guarito una parte di quel corpo malato che è la città. E ora la nuova amministrazione della Regione Campania che fa? Gli taglia i fondi, fino a lasciarlo senza luce. Mossa da un imperativo categorico, quello di smantellare tutto ciò che era stato fatto dalla precedente amministrazione di sinistra, non importa se di valore o no, la nuova giunta di destra ha cominciato lo scorso anno a sgambettare il Madre mandando i carabinieri a interrompere una serata di Madrenalina e spedendo il direttore del Madre, Eduardo Cicelyn, in caserma per un interrogatorio davanti alla Finanza in seguito a un´interrogazione parlamentare del deputato Laboccetta. Alla fine il Tribunale del Riesame ha scritto la pagina tombale sulla serietà dell´inchiesta denunciando la persecuzione politica perpetrata ai danni del direttore e contro il Museo Madre. Ma non contenta della sconfitta incassata che portò alla ripresa di Apemadre e Madrenalina, adesso la Regione ha deciso di agire in modo più drastico: non pagando le bollette della luce (n.d.r.: leggi l'appello Save Madre). Il bilancio del Madre è a posto: nessuna irregolarità e nessuna insolvenza. Ma la Regione ha le casse vuote e ha deciso di racimolare qualche soldo togliendo ossigeno al Madre.
Mimmo Paladino ha scritto un'accorata lettera al Corriere della Sera, annunciando una clamorosa protesta a favore del Madre e del teatro Trianon Viviani di Forcella: coprirà con un drappo nero la sua grande opera che il 2 ottobre verrà inaugurata nella nuova sala prove nel cortile del teatro San Carlo.

Si capisce da molto lontano che qui la partita è, come lo è stata per Milano, solo politica. Eppure sarebbe troppo facile tirare le conclusioni dicendo che, si sa, destra e cultura in Italia non sono mai andate d'accordo. La vicenda di Roma, con l'apertura del Maxxi di Zaha Hadid e il Macro di Odile Decq, dimostra il contrario. È vero che i progetti sono entrambi nati sotto l'amministrazione di sinistra di Walter Veltroni, ed è anche vero che Vittorio Sgarbi e l'attuale ministro della cultura del governo di centro destra, Sandro Bondi, hanno tentato di "normalizzare" il Maxxi trasformandolo in un tempio per la media borghesia che considera arte solo la pittura figurativa. Però è anche vero che dopo le prime scintille, tutti hanno fatto un passo indietro perché hanno capito il valore, se non altro d'immagine ed economico, della cultura. Se c'è una conclusione che si può dunque trarre dalla querelle milanese su Cattelan è dunque che l'arte non è ancora lingua morta, nonostante le profezie hegeliane, nonostante le utopie infrante delle avanguardie, nonostante le ideologie al cui servizio si è spesso messa. Che l'arte sia ancora viva lo dimostra la paura che ne hanno i politici. E chissà che questa paura non faccia poi così male alla forza dell'arte.
Francesca Bonazzoli
<i>L.O.V.E.</i>, la discussa opera in marmo di Carrara di Maurizio Cattelan in Piazza Affari a Milanoa, 2010 (foto Zeno Zotti, courtesy Maurizio Cattelan Archive).
L.O.V.E., la discussa opera in marmo di Carrara di Maurizio Cattelan in Piazza Affari a Milanoa, 2010 (foto Zeno Zotti, courtesy Maurizio Cattelan Archive).
Da sinistra: Maurizio Cattelan, Massimiliano Finazzer Flory e Francesco Bonami all'inaugurazione dell'irriverente dito medio.
Da sinistra: Maurizio Cattelan, Massimiliano Finazzer Flory e Francesco Bonami all'inaugurazione dell'irriverente dito medio.
Maurizio Cattelan.
<i>La Nona Ora</i> (1999), a Palazzo Reale.
Maurizio Cattelan. La Nona Ora (1999), a Palazzo Reale.
Maurizio Cattelan, <i>
Senza titolo</i> (2008), la "donna crocifissa" a Palazzo Reale.
Maurizio Cattelan, Senza titolo (2008), la "donna crocifissa" a Palazzo Reale.
Maurizio Cattelan, <i>
Senza titolo</i> (2003), il "bambino tamburino" installato a Palazzo Reale.
Maurizio Cattelan, Senza titolo (2003), il "bambino tamburino" installato a Palazzo Reale.
Il Museo Madre di Napoli, un raro presidio di cultura e civiltà in un Sud divorato dalla malapolitica (foto Amedeo Benestante).
Il Museo Madre di Napoli, un raro presidio di cultura e civiltà in un Sud divorato dalla malapolitica (foto Amedeo Benestante).
Alva Noto (Carsten Nicolai) in una serata <i>Madrenalina</i> al Madre (foto Amedeo Benestante).
Alva Noto (Carsten Nicolai) in una serata Madrenalina al Madre (foto Amedeo Benestante).
Due momenti del <i>Madrenalina</i> (foto Amedeo Benestante).
Due momenti del Madrenalina (foto Amedeo Benestante).
Il cavallo di Mimmo Paladino (foto Amedeo Benestante).
Il cavallo di Mimmo Paladino (foto Amedeo Benestante).
Il museo Macro progettato da Odile Decq a Roma (foto Luigi Filetici, da Domus 937 giugno 2010)
Il museo Macro progettato da Odile Decq a Roma (foto Luigi Filetici, da Domus 937 giugno 2010)
Il museo Maxxi progettato da Zaha Hadid, Roma (foto Hélène Binet, da Domus 931 dicembre 2009).
Il museo Maxxi progettato da Zaha Hadid, Roma (foto Hélène Binet, da Domus 931 dicembre 2009).

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