Disegni corsari

La mostra curata da Emilia Giorgi alla Fondazione Pastificio Cerere di Roma raccoglie un piccolo campionario dei numerosissimi disegni “di dissenso” prodotti da Carmelo Baglivo di IaN+.

“I miei disegni esprimono un dissenso. In un momento di totale stallo teorico e pratico, in cui l’architettura è stata ridotta a rispondere a delle esigenze pratiche, i disegni si chiedono come tornare a pensare la città”.

Con queste poche parole, chiare e pesanti come macigni, Carmelo Baglivo apre e sintetizza la mostra curata da Emilia Giorgi per la Fondazione Pastificio Cerere, che raccoglie un piccolo campionario dei numerosissimi disegni e collage prodotti da uno dei fondatori di IaN+.
Vista della mostra "Carmelo Baglivo. Disegni corsari". Qui sopra: Photo Davide Leonardi
Il rapporto con l’attività dello studio – che lo stesso architetto sottolinea nel dibattito inaugurale, in un Pastificio Cerere affollato dai molti amici e protagonisti della scena architettonica e artistica italiana contemporanea – è quanto mai evidente ed essenziale. I collage non rappresentano né un momento di autonomia disciplinare (un tentativo di fuga dalla realtà per rifugiarsi nel regno tranquillo del disegno) né tanto meno un allontanamento dalla pratica del progetto (ovvero una fuga dalla complessità del lavoro dello studio nel confronto diretto con la realtà dei contesti di progetto). Al contrario, i collage (e ancor prima i disegni) sono un momento fondativo ma anche complementare e di ritorno, rispetto al lavorio della produzione architettonica, nel dibattito serrato con lo studio e in particolare col socio Luca Galofaro.
Vista della mostra "Carmelo Baglivo. Disegni corsari". Photo Davide Leonardi
La connessione tra le due attività (collage e produzione di IaN+) può non essere evidente a chi non conosce il lavoro dello studio e la sua costante riflessione sulla natura e le ragioni dello spazio urbano, sul bisogno, in ogni progetto, di esprimere un’idea sul modo di vivere la città, sul bisogno, profondo, di stabilire un modello di città prima di iniziare a disegnare il singolo oggetto. Ma i temi del potenziare la città (attraverso una sorta di cannibalizzazione urbana alla Koolhaas), dell’abitare in centro, del plusvalore ovvero della produzione di edifici ibridi che possano offrire una molteplicità e densità di usi e funzioni (temi tutti dei progetti di IaN+), fondano e sostanziano le visioni potenti di Carmelo Baglivo che, liberate dalle necessità della realtà costruttiva, esplodono con una drammaticità travolgente.
Vista della mostra "Carmelo Baglivo. Disegni corsari". Photo Giuliana Sibilia
È così che al centro dell’immagine ci sono sempre la città e il rapporto tra l’oggetto e il contesto, tra un nuovo che si innesta sopra o a volte sotto o tra l’esistente, mostrando sempre la possibilità di una complicità, di un’alleanza, pur nella netta e plateale differenza, tra passato e presente. In una città come Roma, dove ogni occasione d’innesto di architetture contemporanee nel centro storico è oggetto d’inverosimili discussioni sull’opportunità di dare spazio al contemporaneo tra i giganti del passato (vedi le polemiche scatenate dall’Ara Pacis e più recentemente dalla Lanterna di Fuksas), le immagini di Baglivo ribadiscono il fascino e la necessità del dialogo tra il nuovo e l’antico, la possibilità di tener viva la città e i suoi protagonisti, siano essi edifici o spazi, un ponte, un viale o una piazza.
Vista della mostra "Carmelo Baglivo. Disegni corsari". Photo Davide Leonardi
Questa operazione di sovrascrittura del particolare mi sembra quella più feconda e carica di promesse non soltanto nei confronti della città storica e delle architetture della modernità (dall’EUR agli autogrill), ma anche forse per possibili operazioni di riciclaggio e upgrade della città più anonima delle periferie.
Vista della mostra "Carmelo Baglivo. Disegni corsari". Photo Giuliana Sibilia
A proposito di sovrascrittura, la mostra composta da tre stanze – di cui la prima dedicata a disegni e schizzi a mano e inchiostro, la seconda da 8 stampe su lastre di alluminio dei collage prodotti negli ultimi due anni e la terza (a mio parere la più convincente dal punto di vista della resa delle immagini, evidentemente nate sullo schermo) dedicata ad 8 lightbox – si conclude con una video installazione che occupa la parete di fondo con uno slideshow di innumerevoli collage accompagnati da un brano musicale realizzato da Federico Giangrandi e Simona Marino. La composizione, ispirata ai lavori di Baglivo, è a sua volta un’operazione di sovrascrittura: un mix tra la musica e le forme esatte di una sonata a tre voci per pianoforte di Bach e tre voci cantate da Simona Marino. L’insieme produce un contrappunto vibrante che rende le sue visioni ancora più vive.
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