Ábalos & Herreros. Con la testa inclinata

Il progetto di Ábalos & Herreros per un grande edificio multifunzionale a Las Palmas de Gran Canaria. Testo di Iñaki Ábalos. Fotografia di Paolo Rosselli. A cura di Rita Capezzuto.

Tra pragmatismo e stile
Appunti di Iñaki Ábalos, tratti da una sua conversazione con Sandford Kwinter. La conversazione si è svolta a Barcellona, in occasione del seminario “Coup de Dés. Debats d’Arquitectura: Habitatge, Espai Públic”, organizzato dalla Fundació Mies van der Rohe il 22-23 ottobre 2004

Per noi, la nozione di pragmatismo non è altro che uno strumento creativo. Ciò che mi piace dei libri di Richard Rorty – e in particolare di Contingency, Irony, and Solidarity del 1989 – è che ti mostrano come lui non sia ossessionato dal problema della coerenza filosofica o dal mettere in relazione le sue idee con quelle dei suoi colleghi. Per Rorty, l’interesse principale è cercare un serio rapporto tra filosofia e letteratura. È stato questo a catturare la mia attenzione. L’uso della parola ri-descrizione, che noi usiamo ancora e che è stata per noi una parola chiave, serve a spiegare il processo creativo basato sull’imitazione. Quel che voglio dire è che ri-descrivere qualcosa significa tornare a usare quella stessa cosa o, meglio ancora, a usarne numerose altre in contesti differenti, il che le trasforma automaticamente in entità estetiche nuove e comprensibili. Questo significa che noi stabiliamo continuamente un processo di conversazione col lavoro di altri – che si tratti di storia della tipologia del grattacielo o d’altro. Il punto importante, su cui ha insistito Rorty e sul quale noi abbiamo provato a concentrarci, non è quali elementi si usano, ma come essi vengono ricontestualizzati. Per un architetto, oggi, si tratta di un modo di lavorare molto interessante, perché innanzitutto permette di eludere la necessità di essere originale.

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Tutte le esperienze che fai quando visiti una città ti rimangono a lungo nella memoria e si trasformano in strumenti che diventano parte costitutiva del tuo sistema di pensiero. E questo, come sottolinea Rorty, ti permette di distaccarti dalla disciplina dell’architettura. Puoi usare elementi dell’architettura così come puoi usare elementi tratti dai giornali, dalla sociologia o dall’arte. Perciò, per noi, ri-descrivere è un modo per mantenere una condizione pragmatica per l’architettura, di comunicare direttamente col presente, ma anche con la memoria e con la storia. La comparsa della natura nel nostro lavoro non è altro che la conseguenza di questa capacità di connessione insita nel processo di ri-descrizione.

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L’uso di elementi naturali nella nostra architettura deriva della necessità di stabilire una forma di dialogo più aperta. Storicamente, la natura ha rappresentato l’esatto opposto della città. Ma oggi possiamo notare come i valori culturali e politici, oltre che i materiali e gli oggetti che usiamo, abbiano nuovamente reso possibile il ritorno a una discussione sociale sulla costruzione della nozione di natura. Questa discussione ci permette di ri-descrivere la natura dal punto di vista dell’architetto. Cosa c’è di interessante nella natura dopo così tanti secoli di città e di architettura? Com’è possibile stabilire un dialogo che non risulti ingenuo o semplicistico come quello di molti dibattiti televisivi cui assistiamo? Ri-descrizione, storia dell’architettura e natura: a noi interessa collegare questi tre elementi.

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Gli architetti moderni consideravano la natura e le tecniche industriali come concetti opposti. Nell’epoca moderna, natura e cultura erano, almeno per i positivisti, due idee completamente antitetiche. Oggi sappiamo che essere e diventare naturali è probabilmente il processo più artificiale che ci sia: quando noi mettiamo la natura e la tecnica sullo stesso piano, è perché pensiamo che questo sia uno dei canali migliori per sottolineare le differenti condizioni che viviamo oggi in rapporto alla modernità. Oggi noi tutti siamo consapevoli che il vento, il sole, il cielo, ogni elemento materiale e immateriale sono importanti almeno quanto il modulo o la struttura di tutte quelle cose che apparivano cruciali agli architetti modernisti: questo tuttavia non significa che non si possa usare la conoscenza che abbiamo ereditato.

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La storia del grattacielo o la nozione di razionalismo sono ancora decisamente utili. Ma oggi siamo in grado di reinterpretarle e guidarle verso altri valori e altri simboli, perché si potrebbe dire che in questa discussione si celi una dimensione monumentale. Il grattacielo, anche se in modo latente, ha sempre implicato l’idea di monumentalità. Possiamo ri-descrivere la nozione di monumentalità in stretto rapporto con gli elementi naturali, usati come parte della nostra tecnica, per produrre entità nuove.

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In America, il pensiero analitico è stato dominante per decenni. Gli studenti di architettura pensano ai processi in termini di sistemi coerenti, dimenticando troppo spesso molti altri aspetti, tra cui il progetto in sé. La coerenza ha rappresentato un’ossessione incredibile. Gli accademici americani erano dominati da questi metodi analitici e smarrivano i contatti con la società, diventando sempre più isolati. Oggi accade che gente educata con questi criteri stia reagendo e provando a ristabilire un nuovo tipo di conversazione con la società. Ecco perché il pragmatismo sta ora diventando così importante.

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La condizione topologica contemporanea è la conseguenza di un apparato tecnico, e in quanto tale uno strumento passivo, un riferimento molto utile perché può essere condiviso e discusso, una specie di oggetto di conoscenza. Quando andiamo alle fiere dei materiali da costruzione, proviamo a capire che cosa intenda evidenziare e quale direzione stia prendendo una particolare innovazione. Si tratta di una parte molto importante del nostro lavoro. Quel che è diventato più interessante è provare a capire che tipo di dialoghi possiamo stabilire, attraverso la manipolazione di questi strumenti, con la parte irrazionale del processo di progettazione. Ciò al fine di produrre bellezza, una bellezza contemporanea che sia fatta di questa condizione topologica. Quando si scopre una formula veramente semplice, la si definisce sempre ‘elegante’. Si tratta di una caratterizzazione interessante di quello che può essere la bellezza, se non hai la mistica dell’espressionismo e sei seriamente interessato all’evoluzione tecnica. L’ossessione di trovare qualcosa di sintetico ed elegante è probabilmente il fattore più importante nel processo della formulazione delle decisioni. È un tipo di definizione della bellezza che proviene in misura maggiore dal mondo tecnologico che dal mondo artistico, e per noi è interessante applicarla all’architettura perché esprime un’innaturale attrazione verso una presentazione razionale che produce conoscenza. Il naturale richiamo verso la bellezza porta direttamente al bisogno di collezionare, e la cosa più importante in una collezione è quel che non vi includi: questi due momenti sono alla base dell’architettura.

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Fino a qualche anno fa le nostre presentazioni erano molto brevi: ecco il problema, ecco la tecnica, ecco infine la soluzione… In venti minuti riuscivamo a presentare dieci progetti. Avevamo scoperto il lato provocatorio di questa semplicità. Il nostro libro Tower and Office ha rappresentato un modo per scavalcare questa provocazione nei confronti dell’eccessiva retorica dell’architettura. Ma scrivere un libro è un’attività che richiede molto tempo, e quasi tutti quelli che scrivono sono dello stesso parere: una volta che l’hai pubblicato diventa qualcosa che non ti appartiene più. Nel caso di Tower and Office ci sono voluti più di dieci anni per editare in inglese la revisione di ciò di cui ci occupavamo vent’anni fa. Il confronto con la nostra posizione attuale è stato un esercizio interessante. Ma anche se è difficile avere la stessa chiarezza che forse abbiamo avuto in passato, tutti gli aspetti razionali che rappresentano il perno del nostro libro sono tuttora interamente attivi nel nostro lavoro. Anzi, forse ora sono diventati l’infrastruttura del nostro metodo operativo, un’infrastruttura che determina uno stile.

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‘Stile’ è una parola proibita in architettura, ma certo non in altri campi come, per esempio, la letteratura. Mi sento molto orgoglioso ogni volta che qualcuno mi dice che ho stile quando scrivo. Noi non condividiamo il modo con cui i critici hanno inteso la nozione di stile in architettura. Ogni progetto ha la sua specifica grammatica e il suo ritmo, quella stessa coerenza che si trova nella scrittura. Ed è molto importante definire in termini stilistici le regole di ogni progetto.
La tipologia dell’edificio alto è stata reinterpretata, con il disegno elegante degli angoli arrotondati e del blocco del basamento, che si riduce salendo ai piani superiori
La tipologia dell’edificio alto è stata reinterpretata, con il disegno elegante degli angoli arrotondati e del blocco del basamento, che si riduce salendo ai piani superiori
Scorcio verso nord, con la torre in primo piano 
che si ripiega su se stessa nella fuga prospettica, 
e l’edificio basso per gli uffici dell’amministrazione locale sullo sfondo. Al centro si intravvedono 
le palme della nuova piazza
Scorcio verso nord, con la torre in primo piano che si ripiega su se stessa nella fuga prospettica, e l’edificio basso per gli uffici dell’amministrazione locale sullo sfondo. Al centro si intravvedono le palme della nuova piazza
L’insolazione è regolata dai brise-soleil 
in alluminio e dai motivi vegetali riprodotti nel vetro 
delle finestre
L’insolazione è regolata dai brise-soleil in alluminio e dai motivi vegetali riprodotti nel vetro delle finestre
La volontà di creare un paesaggio ibrido, che gioca sul confine tra natura e artificio, è rivelata anche dall’uso di vetri colorati in diverse cromie e di vetri serigrafati con il motivo di fili di raffia sparsi
La volontà di creare un paesaggio ibrido, che gioca sul confine tra natura e artificio, è rivelata anche dall’uso di vetri colorati in diverse cromie e di vetri serigrafati con il motivo di fili di raffia sparsi
I due corpi di fabbrica si affacciano su una piazza, disegnata dai progettisti in collaborazione con l’artista Albert Oehlen. Questo spazio aperto ‘tropicale’, in cui le ombre naturali della vegetazione si incrociano con le ombre artificiali delle costruzioni, è stato pensato come un recinto pubblico e come porta di accesso ai due versanti marittimi
I due corpi di fabbrica si affacciano su una piazza, disegnata dai progettisti in collaborazione con l’artista Albert Oehlen. Questo spazio aperto ‘tropicale’, in cui le ombre naturali della vegetazione si incrociano con le ombre artificiali delle costruzioni, è stato pensato come un recinto pubblico e come porta di accesso ai due versanti marittimi
Il nuovo complesso per abitazioni, uffici, commercio 
e servizi, realizzato in seguito a un concorso internazionale del 2001, è situato su un istmo di Las Palmas. In questo delicato punto di passaggio, in cui l’edificazione compatta della città sfuma nell’area vuota della penisola de La Isleta, Ábalos & Herreros hanno inserito due volumi: uno basso e regolare, l’altro a torre, caratterizzato da una fascia di coronamento reclinata
Il nuovo complesso per abitazioni, uffici, commercio e servizi, realizzato in seguito a un concorso internazionale del 2001, è situato su un istmo di Las Palmas. In questo delicato punto di passaggio, in cui l’edificazione compatta della città sfuma nell’area vuota della penisola de La Isleta, Ábalos & Herreros hanno inserito due volumi: uno basso e regolare, l’altro a torre, caratterizzato da una fascia di coronamento reclinata

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