Crafting Design in Italy

Catharine Rossi, autrice del volume Crafting Design in Italy, racconta com’è nato il suo studio sul design italiano dal Dopoguerra agli anni Ottanta: non solo per dimostrare che sul passato c’è ancora molto da dire, ma quanto questo passato sia importante per l’oggi.

Crafting Design in Italy

 

Che cosa resta ancora da dire sul design italiano del Dopoguerra? Gli anni dai Quaranta agli Ottanta – con la presenza di ‘maestri’ dell’architettura come Gio Ponti ed Ettore Sottsass, i cui importanti progetti della sedia Superleggera e della macchina per scrivere Valentine hanno contribuito a dare reputazione rispettivamente ai produttori Cassina e Olivetti – hanno giustamente ricevuto molta attenzione da parte dell’architettura e della stampa di settore internazionali.

Crafting Design in Italy
Catharine Rossi, Crafting Design in Italy, Manchester University Press, Manchester 2015
Dalle riviste specializzate ai tomi accademici, ai libri illustrati, ai cataloghi di mostre, la letteratura sul design italiano del dopoguerra è infinita. E tuttavia, fino a poco fa, tutte le parole spese hanno raccontato troppo spesso la stessa storia: una narrazione fondata sull’agiografia di una schiera di architetti, in gran parte maschile, e sui progetti-icona da essi magicamente creati insieme con uno scelto gruppo di produttori, per la maggior parte milanesi.
L’interesse per la storia del design italiano fa parte di un problema più vasto del design nazionale di oggi, troppo fondato su uno sguardo rivolto al passato pur nel suo procedere verso il futuro. Cosa evidente non solo nella fiducia, consapevole del mercato e spesso nostalgica, riposta nelle riedizioni di progetti d’archivio da tempo fuori produzione o mai arrivati oltre il tavolo da disegno. È presente in una miriade di fiere e mostre di design, e perfino nel sistema formativo del design italiano, cosa di cui posso citare un esempio estremamente soggettivo: da studente Erasmus al Politecnico di Milano negli anni 2000, ricordo ancora gli stendardi con i ritratti di Sottsass e compagni che pendevano dal soffitto di uno degli edifici del campus, i visi enormi letteralmente incombenti sul capo degli aspiranti designer, fin troppo consci della storia di cui dovevano dimostrarsi degni. In questa eredità viva c’era naturalmente anche un aspetto positivo: tra i miei docenti del Politecnico sono stata fortunata ad avere persone come Andrea Branzi.
Crafting Design in Italy
Catharine Rossi, Crafting Design in Italy, Manchester University Press, Manchester 2015
Nonostante questo fardello storico, negli anni recenti ovviamente si è messa in luce una serie di giovani, interessanti designer italiani. Non a caso molti di loro hanno un profilo professionale internazionale, come il duo Formafantasma (sardo di origine e attivo a Eindhoven), la coppia italo-danese GamFratesi, oppure la modenese Beatrice Brovia e Nicholas Cheng, nato a Hong Kong, che lavorano insieme a Stoccolma. Analogamente, l’ultimo decennio ha visto il riconoscimento da parte di numerosi storici e critici del valore di questo periodo esemplare nella storia dell’architettura e del design, ma anche il tentativo da parte loro di gettare nuova luce sugli anni del Dopoguerra in modo da rilanciarne il valore in funzione dei nostri interessi contemporanei. In Gran Bretagna la storica del design Penny Sparke ha anticipato negli anni Novanta questa prospettiva di revisione con il suo lavoro ispirato a criteri di genere e di competenza artigianale. Sulla stessa strada l’hanno seguita altri storici del design come Javier Gimeno-Martinez e Grace Lees-Maffei, e storici dell’architettura come Michelangelo Sabatino e Felicity Scott, che tutti hanno variamente condotto e sviluppato nuove ricerche sul tema. Nel ricco filone degli storici del design italiani Maddalena Dalla Mura e Carlo Vinti spiccano per i loro lavori nel campo della storia del progetto grafico.
Crafting Design in Italy
Catharine Rossi, Crafting Design in Italy, Manchester University Press, Manchester 2015
È la corrente in cui vorrei includere la mia attività di ricerca. Ho pubblicato di recente presso la Manchester University Press Crafting Design in Italy: from post-war to postmodernism, libro basato sulla tesi di dottorato cui ho lavorato presso il dipartimento di Storia del design gestito congiuntamente dal Royal College of Art e dal Victoria and Albert Museum. Il libro si fonda sulla stessa motivazione che nutre gran parte della mia attività di ricerca: il desiderio di raccontare persone, artefatti, problemi e prospettive finora trascurati della storia del design. Crafting Design in Italy analizza il ruolo di una componente che rimane in ombra nella maggiore parte della storiografia del design: la competenza artigianale. L’artigianato è stato fondamentale nell’ideazione, nella realizzazione e nell’interpretazione di ogni aspetto della prassi progettuale italiana: un ricco patrimonio di artigiani e di laboratori che spesso ha collaborato con l’industria; una serie di tradizioni che si perpetuano, dal vetro al mosaico, dalla cesteria alla ceramica; una serie di concetti da quello di attività amatoriale a quelli di lusso e di competenza professionale. Gli architetti italiani, anche quando si sono contrapposti al patrimonio storico dell’artigianato italiano, hanno conservato con esso un rapporto attivo. Questo rapporto complesso e spesso contraddittorio tra design e artigianato è ubiquo e continuamente presente, dal rilancio dell’artigianato a opera di Ponti degli anni Cinquanta alle sperimentazioni di Riccardo Dalisi con la personalizzazione del design e dell’architettura negli anni Settanta, e perfino in Memphis, con i laminati plastici sparsi a rivestire tutto l’arredamento postmoderno.
Crafting Design in Italy
Catharine Rossi, Crafting Design in Italy, Manchester University Press, Manchester 2015
Ho scritto il libro – e quest’articolo – non solo per dimostrare che sul passato c’è ancora molto da dire, ma che questo passato è importante per l’oggi. Ci troviamo in un momento di profondo interesse per il rapporto tra progetto e artigianato, e per l’artigianato in generale: il successo nel 2011 di Futuro artigiano: il futuro negli mani degli italiani di Stefano Micelli basta da solo a provarlo. Ma il futuro artigianale dell’Italia (e di qualunque Paese) non è garantito. Il “Made in Italy” corre il rischio di perdere significato se non fa riferimento a prodotti realmente fabbricati in Italia e che abbiano uno stretto rapporto con il progetto. Non dobbiamo aver paura di analizzare la realtà del design e dell’artigianato nell’Italia di oggi – e di ieri – se vogliamo assicurare loro un domani di cui valga la pena di parlare.
© riproduzione riservata

Altri articoli di Domus

Leggi tutto
China Germany India Mexico, Central America and Caribbean Sri Lanka Korea icon-camera close icon-comments icon-down-sm icon-download icon-facebook icon-heart icon-heart icon-next-sm icon-next icon-pinterest icon-play icon-plus icon-prev-sm icon-prev Search icon-twitter icon-views icon-instagram