Sign Painters

Il volume di Levine e Macon rappresenta un ritratto lieve ma succoso di una professione che nei suoi giorni di fulgore era considerata poco più di un servizio. Ma un servizio speciale, brillante esempio di una competenza tradizionale ancora in grado di sopravvivere nonostante la tecnologia che minacciava di spazzarla via definitivamente.

Faythe Levine, Sam Macon, Sign Painters, New York, Princeton Architectural Press, New York, 2012 (pp. 184; € 19,50 )

In un mondo in cui i caratteri si comprano e si vendono per via digitale e dove i progettisti grafici sono costretti a concentrarsi sulla composizione e sull'impaginato per distinguersi oppure per allinearsi, è una boccata d'aria pura far visita a un'epoca ormai trascorsa. Sign Painters di Faythe Levine e Sam Macon sotto questo aspetto è il tonico giusto, perché prende le parti di coloro che hanno fatto resistenza o sono fuggiti davanti alla digitalizzazione di una competenza artigianale che racchiude così perfettamente in sé lo spirito americano.

Il libro iniziò ad attirare la mia attenzione alla proiezione del trailer del successivo documentario, di cui è all'origine. Qualcosa della ricchezza, dell'abilità e anche della scala dei cartelloni dipinti a mano ha risvegliato in me un'eco fin dalla mia prima visita negli Stati Uniti, più di due anni fa. È come se quelli che ancora esistono trascendessero il proposito originario e oggi esistessero non solo in quanto arte, ma in quanto artefatti.

Dopo una prefazione del leggendario cartellonista Ed Ruscha, il libro si dispiega nel suo tranquillo e piacevole formato. Ciascuno dei ventiquattro cartellonisti presentati svela come questa attività artigianale sia diventata la sua professione. L'insieme, che si riferisce per ubicazione a città ai quattro angoli degli Stati Uniti e copre un lungo arco di tempo e di culture, è attraente nel suo cosmopolitismo.
Faythe Levine, Sam Macon, <em>Sign Painters</em>, Princeton Architectural Press, New York 2012. Vista pagine interne
Faythe Levine, Sam Macon, Sign Painters, Princeton Architectural Press, New York 2012. Vista pagine interne
Il libro – non c'è da sorprendersi – è visivamente ricco e, per quanto non sia eccessivamente ingombrante per formato, dà grande spazio a un'ampia scelta di foto e illustrazioni. A loro volta queste ultime sono ben completate dall'illustrazione di copertina dipinta a mano da Ira Coyne e dalla tipografia interna disegnata a mano da Josh Luke (entrambi citati nel libro).
Faythe Levine, Sam Macon, <em>Sign Painters</em>, Princeton Architectural Press, New York 2012. Vista pagine interne
Faythe Levine, Sam Macon, Sign Painters, Princeton Architectural Press, New York 2012. Vista pagine interne
È simpatico che le storie raccontate appaiano come sinceri apprezzamenti per una professione che ha qualcosa di rinascimentale, sopravvissuta alla macchina del vinile. A quanto pare numerosi cartellonisti non fecero che rinunciare ad anni di pittura a mano in cambio della più veloce e profittevole meccanizzazione del servizio che fornivano. Ma la vera essenza del libro, e in generale del progetto di Levine e Macon, sta nell'orgoglio dell'ispirazione, nella gioia e nella soddisfazione che i professionisti presentati traevano dall'impostazione tradizionale del loro lavoro.

Pochi ammettono di avere, come cartellonisti, un tenore di vita non più che discreto, ma il denaro chiaramente per queste persone non è una motivazione fondamentale. Doc Guthrie, docente del corso di Cartellonistica al Los Angeles Trade Technical College, è l'incarnazione di questo punto di vista e in qualità di primo degli artisti presentati lancia una specie di appello condiviso: "Avete davanti a voi cinquant'anni di lavoro, e dev'essere una cosa che vi piace". Forse è la coerenza di questo punto di vista con il sogno americano che fa sembrare tanto bella l'idea.

Gli esempi di opere, per quanto più contemporanei che classici, prendono comunque le mosse da qualcosa che dal punto di vista estetico risale all'età dell'oro americana. Forse sono le vie gelide, omogeneizzate e cosparse di Helvetica che mi circondano a far sì che questo libro mi trasporti in un tempo che pare più piacevole e meno distante.
È simpatico che le storie raccontate appaiano come sinceri apprezzamenti per una professione che ha qualcosa di rinascimentale, sopravvissuta alla macchina del vinile
Faythe Levine, Sam Macon, <em>Sign Painters</em>, Princeton Architectural Press, New York 2012. Vista pagine interne
Faythe Levine, Sam Macon, Sign Painters, Princeton Architectural Press, New York 2012. Vista pagine interne
È importante dire che, nonostante la natura fortemente fotografica del libro e il suo ruolo di testo d'accompagnamento di un film, non va scambiato per un libro da salotto. Grazie alle interessanti storie che contiene, nelle sue 184 pagine c'è più durata e più fascino. Mai in vita mia mi sono ritrovato tanto immerso in sintetiche intuizioni sulla passione degli artisti per il loro mestiere.
Faythe Levine, Sam Macon, <em>Sign Painters</em>, Princeton Architectural Press, New York 2012. Vista pagine interne
Faythe Levine, Sam Macon, Sign Painters, Princeton Architectural Press, New York 2012. Vista pagine interne
Sean Barton, per esempio, si dilunga a spiegare i differenti impieghi dei vari pennelli di pelo di scoiattolo, di maiale, di tasso e di cavallo. Stephen Powers illustra la sua esperienza nel campo dei graffiti, e l'esaurirsi di gran parte delle sue strategie convenzionali lo ha condotto alla pittura dei cartelloni. Ci sono fumettisti trasformati in cartellonisti, cartellonisti ossessionati dalla doratura a foglia e oggi unicamente dediti a questa attività; ma tutti sono uniti nell'amore e nel rispetto per l'arte.
Faythe Levine, Sam Macon, <em>Sign Painters</em>, Princeton Architectural Press, New York 2012. Vista pagine interne
Faythe Levine, Sam Macon, Sign Painters, Princeton Architectural Press, New York 2012. Vista pagine interne
Sign Painters rappresenta un ritratto lieve ma succoso e schietto di una professione che nei suoi giorni di fulgore veniva considerata poco più di un servizio. Ma un servizio speciale, brillante esempio di una competenza tradizionale ancora in grado di sopravvivere nonostante la tecnologia che minacciava di spazzarla via definitivamente. A quanto pare sono ormai poche le cose che testimoniano della nostra incrollabile resistenza alla digitalizzazione e all'automatizzazione del mondo che ci circonda.
Faythe Levine, Sam Macon, <em>Sign Painters</em>, Princeton Architectural Press, New York 2012. Vista pagine interne
Faythe Levine, Sam Macon, Sign Painters, Princeton Architectural Press, New York 2012. Vista pagine interne
Faythe Levine, Sam Macon, <em>Sign Painters</em>, Princeton Architectural Press, New York 2012. Vista pagine interne
Faythe Levine, Sam Macon, Sign Painters, Princeton Architectural Press, New York 2012. Vista pagine interne

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