Narrare l'urbanistica alle élite

Una riflessione, questa 'delle parole scritte e gli episodi urbani' oggi necessaria, che s'interroga sull'importanza che hanno avuto e continuano ad avere i giornali, per quanto riguarda lo spazio urbano e il nostro rapporto con le città.

Attilio Belli e Gemma Belli, Narrare l'urbanistica alle élite. Il Mondo (1949-1966) di fronte alla modernizzazione del Bel Paese, Franco Angeli, Milano 2012 (pp. 286; € 38,00)

Il museo di Storia ed Arte di Trieste conserva una fotografia, scattata il primo maggio del 1902, dove si vedono uomini con sguardo fiero, dignitoso, orgoglioso, quasi tutti con dei baffi ben curati, vestiti a festa, con giacca, gilet e in testa cappelli di varia foggia. Manifestano a mani nude, senza bandiere, cartelli o altro. In questa strana foto, senza ombre, il solo corpo dell'uomo s'impone a difendere i propri diritti sul lavoro. Questi passi, un po' sospesi, dell'undicesimo primo maggio italiano, ci ricordano la forza delle idee del Novecento, una massa corporea che per la prima volta nella storia rivendica dignità lavorativa e pari opportunità. Sono corpi che abitano la città spesso marginale, sconosciuta o gli anfratti abitabili a basso prezzo delle case dell'élite di potere. Il novecento, nella sua complessità sia politica che geografia, racconta la storia di uomini che, anche se cresciuti ai margini delle città, grazie alle proprie capacità, sono stati in grado di cambiare la vita economica e sociale dell'Italia.

Uomini come Arnoldo Mondadori, inizialmente ambulante e in seguito tipografo che ha creato, dal nulla, senza aver mai conseguito la licenza elementare, la più grande casa editrice italiana o come Angelo Rizzoli, figlio di un ciabattino, cresciuto nell'orfanotrofio Martinitt di Milano dove ha imparato il mestiere di tipografo, diventato editore e produttore cinematografico (si ricorda Umberto D., Otto e mezzo, Deserto rosso, Africa Addio) o ancora come Gianni Mazzocchi che, in seguito al fallimento dell'impresa del padre bachicoltore e la sua precoce morte, con sole 640 lire in tasca si reca a Milano per cercar fortuna e in pochi anni crea l'Editoriale Domus rilevando la neo rivista Domus di Gio Ponti e del padre barnabita Giovanni Semeria. Editori che, tra il fascismo e il dopoguerra, grazie all'invenzione della tecnica di stampa formato 'rotocalco' – che consentì di ottenere migliori risultati nella stampa delle immagini a colori – finanziarono iniziative editoriali in grado di raggiungere notevoli tirature.
Attilio Belli e Gemma Belli, <em>Narrare l'urbanistica alle élite. "Il Mondo" (1949-1966) di fronte alla modernizzazione del Bel Paese</em>, Franco Angeli, Milano 2012. Vista pagine interne
Attilio Belli e Gemma Belli, Narrare l'urbanistica alle élite. "Il Mondo" (1949-1966) di fronte alla modernizzazione del Bel Paese, Franco Angeli, Milano 2012. Vista pagine interne
Si deve a Leo Longanesi il primo utilizzo di questo formato, nel 1937, con la creazione di Omnibus finanziato sia da Arnaldo Mondadori che Angelo Rizzoli. In seguito Rizzoli ideò Oggi, nel 1939, con direttori Mario Pannunzio e Arrigo Benedetti e cofinanziò Il Borghese di Leo Longanesi nella duplice veste di editore e direttore; Mondadori nel 1950 lanciò Epoca, di cui divenne direttore il figlio Alberto con la cura grafica di Bruno Munari; Mazzocchi creò 'l'Europeo nel 1945, diretto da Arrigo Benedetti e Il Mondo, diretto da Mario Pannunzio nel 1949. Mondadori, Rizzoli e Mazzocchi, sono tre corpi partoriti dal ventre del Novecento, nonché editori di alcune tra le maggiori testate giornalistiche che non solo hanno contribuito a formare la cultura dell'italiano ma anche hanno influenzato molte delle vicende urbane della seconda metà del novecento.
Attilio Belli e Gemma Belli, <em>Narrare l'urbanistica alle élite. "Il Mondo" (1949-1966) di fronte alla modernizzazione del Bel Paese</em>, Franco Angeli, Milano 2012. Copertina
Attilio Belli e Gemma Belli, Narrare l'urbanistica alle élite. "Il Mondo" (1949-1966) di fronte alla modernizzazione del Bel Paese, Franco Angeli, Milano 2012. Copertina
Una riflessione, questa 'delle parole scritte e gli episodi urbani', oggi necessaria, messa in rilievo due anni fa all'interno della mostra "The Last Newspaper" del New Museum, dove Kazys Varnelis e Joseph Grima si sono chiesti: che importanza hanno avuto e continuano ad avere i giornali, per quanto riguarda lo spazio urbano e il nostro rapporto con le città? E, riprendendo il concetto dei Dazibao cinesi, hanno editato un giornale murale The New City Reader che rifletteva sulle relazioni tra media e spazio fisico durante i giorni della mostra. Una simile attenzione, la ritroviamo in un libro recente degli studiosi Attilio Belli e Gemma Belli: Narrare l'urbanistica alle élite', che ripercorre i temi urbani traendoli dagli ottocentonovanta numeri del Mondo, il settimanale diretto da Mario Pannunzio, edito inizialmente da Gianni Mazzocchi per poi finire nelle mani di Angelo Rizzoli. Il sottotitolo – "Il Mondo 1949-1966 di fronte alla modernizzazione del Bel Paese" – lascia intuire il tema del libro, dove, attraverso una rielaborazione critica delle pagine del settimanale, si racconta lo sfondo del dibattito avvenuto durante il profondo cambiamento urbano del nostro territorio. Una mutazione fisica che per 'i clerici dell'anticlericalismo' – così denominati i lettori del Mondo dagli autori del libro – era opera dei vandali.

Chi sono i vandali? Il termine 'vandalo' si deve a Victor Hugo, che tra le trame dei suoi racconti e nella sua azione civile, etichettava con l'epiteto 'vandalo' chi distruggeva o mutilava le chiese gotiche, che erano state costruite dai Vandali, cioè dai barbari. Per Victor Hugo, come anticipato da Horace Walpole in Inghilterra, la riscoperta e il mantenimento della tradizione medievale si poneva come l'alternativa al mondo classico e quindi all'internazionalizzazione dell'accademia. Un ritorno alla manualità e ai valori nazionali, che si ritrova, fuori dalle correnti ideologiche, nel medioevo e nell'idea costruttiva e plastica delle chiese erette dai Vandali.

L'archeologo e giornalista Antonio Cederna, egemonizzando le pagine dedicate ai temi urbani del Mondo, riprende sia i contenuti che il termine usato da Victor Hugo e con una veemente personalità anima un dibattito, spesso alimentato da scontri verbali, con urbanisti e intellettuali che scrivono nei settimanali soprattutto Il Borghese e l'Espresso e le riviste di settore tra le quali Urbanistica, Casabella, l'Architettura e Continuità usando la 'retorica dell'intransigenza' si oppone all'"adeguamento della vita moderna" nel tessuto storico delle città italiane. I suoi scritti contro i vandali contemporanei non ammettono margini di dialogo. Ricordo due suoi anatemi più che analisi critiche urbane, il primo: "Giovanni Astengo, come sempre abbiamo sospettato vive nel mondo delle nuvole", criticando il numero della rivista Urbanistica sul nuovo Piano regolatore di Milano secondo Cederna, "agnostico, acritico e laudativo"; il secondo: "Zevi, Samonà e Scarpa, che hanno proposto alla famiglia Masieri di incaricare Wright del progetto, non si rendono conto che con il loro consiglio non soltanto minano l'integrità del Canal Grande e di Venezia ma anche di tutte le nostre città".
Una partita doppia giocata attraverso le varie pagine scritte, al di fuori dal 'realismo' e delle grandi trasformazioni urbane e sociali in corso d'opera in quel periodo in tutta Italia
Attilio Belli e Gemma Belli, <em>Narrare l'urbanistica alle élite. "Il Mondo" (1949-1966) di fronte alla modernizzazione del Bel Paese</em>, Franco Angeli, Milano 2012. Vista pagine interne
Attilio Belli e Gemma Belli, Narrare l'urbanistica alle élite. "Il Mondo" (1949-1966) di fronte alla modernizzazione del Bel Paese, Franco Angeli, Milano 2012. Vista pagine interne
Ennio Flaiano, tra gli scrittori che animarono il Mondo nella sua prima fase, si distanziò dalle posizione del periodico "perché distante – secondo Flaiano – da quel certo "snobismo" del settimanale, che gli sembrava perdere il contatto con la realtà in movimento" sintetizzando, quasi con un epitaffio, la criticità del settimanale. Criticità che si riassumono nell'approccio parziale ai problemi urbanistici incentrati solo su alcuni casi 'topici', una visione della storia intesa come netta discontinuità tra il passato e il contemporaneo, il racconto su alcuni episodi esemplari sui quali concentrare la denuncia, la concezione di un piano coercitivo, la mitizzazione di alcune esperienze europee senza una visione d'insieme, l'uso della stampa come megafono civile tutto farcito con un linguaggio intransigente.
Attilio Belli e Gemma Belli, <em>Narrare l'urbanistica alle élite. "Il Mondo" (1949-1966) di fronte alla modernizzazione del Bel Paese</em>, Franco Angeli, Milano 2012. Vista pagine interne
Attilio Belli e Gemma Belli, Narrare l'urbanistica alle élite. "Il Mondo" (1949-1966) di fronte alla modernizzazione del Bel Paese, Franco Angeli, Milano 2012. Vista pagine interne
Se da una parte Antonio Cederna e gli autori del Mondo persero il contatto con un'osservazione più attenta, critica e meno ideologizzata dei temi urbani, dall'altra nelle maggiori testate si registra un identico ma inverso distacco dal reale incentrando il racconto sull'enfasi – al limite del promozionale – su alcuni progetti urbani considerati innovativi, su una critica moderata che non rileva i punti deboli senza offrire eventuali sviluppi, su un sistema corporativo delle analisi urbane catalizzando l'attenzione su poche idee di intellettuali molto attivi tra di loro e un'eccessiva preoccupazione nel ricercare un percorso critico e progettuale internazionale. Una partita doppia giocata attraverso le varie pagine scritte, al di fuori dal 'realismo' e delle grandi trasformazioni urbane e sociali in corso d'opera in quel periodo in tutta Italia.
Attilio Belli e Gemma Belli, <em>Narrare l'urbanistica alle élite. "Il Mondo" (1949-1966) di fronte alla modernizzazione del Bel Paese</em>, Franco Angeli, Milano 2012. Vista pagine interne
Attilio Belli e Gemma Belli, Narrare l'urbanistica alle élite. "Il Mondo" (1949-1966) di fronte alla modernizzazione del Bel Paese, Franco Angeli, Milano 2012. Vista pagine interne
Il libro di Attilio e Gemma Belli ha il pregio, anche se a tratti discontinuo, di entrare in queste due estreme narrazioni e, più che fare l'agiografia del Mondo e del suo sfondo culturale, ne delinea i limiti di un errato doppio racconto, auspicando una nuova narrazione urbanistica, "fuori da catastrofismi, ma anche trionfalismi", per uscire dal corto circuito narrativo dell'élite e iniziare a raccontare, con dignità, la 'svolta narrativa' civile e urbana inclusiva e non esclusiva del 'passo' del Novecento.
Salvatore D'Agostino
Attilio Belli e Gemma Belli, <em>Narrare l'urbanistica alle élite. "Il Mondo" (1949-1966) di fronte alla modernizzazione del Bel Paese</em>, Franco Angeli, Milano 2012. Vista pagine interne
Attilio Belli e Gemma Belli, Narrare l'urbanistica alle élite. "Il Mondo" (1949-1966) di fronte alla modernizzazione del Bel Paese, Franco Angeli, Milano 2012. Vista pagine interne

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