Raccontare è la parola giusta. 2/3 degli autori sono scrittori, artisti e giornalisti; il resto accademici. La sproporzione risponde alla necessità di rendere visibili quelle situazioni e quei processi che la letteratura accademica non sembra essere riuscita fino a oggi a rappresentare e si collega all'approccio sabotatore dei suoi curatori Edgar Pieterse e Ntone Edjabe.
Edgar Pieterse è il fondatore e direttore dell'African Centre for Cities, un centro di ricerca dell'Università di Città del Capo istituito nel 2007 e focalizzato sulle trasformazioni urbane. Il centro nasce sostanzialmente per produrre nuovi architetti, urbanisti e ricercatori capaci di intervenire e trasformare il Sudafrica. L'obiettivo è molto ambizioso e portato avanti con una grandissima determinazione, e con progetti di ricerca, collaborazioni internazionali e pubblicazioni. Edgar Pieterse è in effetti un intellettuale eclettico con master dottorato alla London School of Economics, per tre anni consulente del governatore della regione di Western Cape [special advisor to the Premier of the Western Cape], iniziatore nel 1997 dell'Istituto Isandla e referente sia di progetti di sviluppo sostenibile che culturali e di pianificazione territoriale. Il suo lavoro si concentra specificatamente sui processi partecipativi di pianificazione urbana. Il Sudafrica è da questo punto di vista una delle nazioni che dopo la fine dell'apartheid si è più interrogata in questo campo, sperimentando metodologie diverse di incontri e discussioni e coinvolgendo nei processi di trasformazione dei territori anche gli artisti e gli eventi culturali.
Fin dal suo primo numero intitolato Pan-Africanism as a Practice [panafricanismo come pratica], African Cities Reader dichiara di voler raccontare le città dell'Africa da una prospettiva africana.
Questo in effetti sembrerebbe proprio essere l'affetto sperato dai curatori Edgar Pieterse e Ntone Edjabe, che fa di "Africa Cities Reader" un pessimo bigino sulle città africane e la fonte primaria meno adatta per Wikipedia; in compenso si finisce di leggerla con la sensazione di avere dei nuovi pensieri. Iolanda Pensa