La civiltà della macchina sta cercando e troverà la sua espressione architettonica.
Così scriveva nel 1923 Le Corbusier nel suo storico manifesto teorico Vers une Architecture. A quasi un secolo di distanza si potrebbe dire che l'architettura è in una condizione simile, purché sostituiamo le parole "civiltà' della macchina" con "civilta' digitale". Non ci sono dubbi, infatti, che siamo all'inizio di cambiamenti molto profondi – almeno a dar retta ad Antoine Picon e alle tesi esposte nel suo ultimo saggio Digital Culture in Architecture. Scrive il nostro:
Abbiamo un'unica certezza: quella che le trasformazioni indotte dalle innovazioni tecnologiche [contemporanee] sono di grande portata. Potrebbero rivelarsi cosi radicali e profonde come quelle che diedero origine alle discipline architettoniche all'inizio del Rinascimento.
Quali sarebbero queste trasformazioni epocali?
Nella vulgata comune l'impatto dell'uso ormai diffuso del computer e delle tecnologie digitali nella pratica dell'architettura ha generato soprattutto nuovi linguaggi formali. È ben noto (Signora mia!) che il Museo Guggenheim di Bilbao, progettato da Frank O. Gehry negli anni Novanta, non sarebbe stato possibile senza l'utilizzo estensivo dei nuovi software di modellazione tridimensionale e della cosiddetta "catena del digitale", che permette di passare da un modello tridimensionale di un componente architettonico alla sua realizzazione mediante macchine a controllo numerico. Così come non sarebbe stata possibile quella grande varietà formale che ha caratterizzato le sperimentazioni architettoniche dell'ultimo decennio – dallo stesso Frank O. Gehry a Zaha Hadid a UNStudio – e che è stata designata con molti nomi: dal "Barocco Digitale" di Herbert Muschamp(2) ai BLOBs (Binary Large Objects) di Greg Lynn(3).
'Blobs', superfici piegate, singolarità topologiche, sono saliti alla ribalta, dando a volte l'impressione che l'architettura stesse entrando in una nuova età barocca. Tuttavia la complessità morfologica non è l'unico aspetto da prendere in considerazione.
E ancora, con insolita vis polemica verso l'approccio formalista di UNStudio:
In certi casi agli architetti sembra essere rimasto un compito simile a quello degli stilisti di moda: una prospettiva evocata qualche anno fa da Ben van Berkel e Caroline Bos con un entusiasmo che non siamo costretti a condividere.
Quali allora le conseguenze della rivoluzione digitale in architettura? Qui Picon spiazza il lettore con formazione d'architetto, che, lì per lì, penserà d'aver sbagliato libro. Si inalbera infatti in un lungo excursus storico che risale alle origini della civiltà digitale. Bisogna innanzitutto definire il punto di partenza temporale:
[…] Gli storici concordano sul fatto che la cultura digitale è stata resa possibile dallo sviluppo della società dell'informazione tra il diciannovesimo e ventesimo secolo, una trasformazione epocale che corrisponde approssimativamente a quello che gli esperti di tecnologia definiscono come Seconda Rivoluzione Industriale.
Picon parte dalle esperienze più interessanti del Novecento per individuare le potenzialità dell'architettura digitale di domani
Con l'affermarsi della cultura digitale il contributo principale degli architetti potrebbe effettivamente concentrarsi nel campo della realtà aumentata, cioè nell'interessarsi dell'interfaccia tra il mondo virtuale e quello fisico, invece di concentrarsi esclusivamente su quest'ultimo.
È proprio questa la forza del libro di Picon: partire dalle esperienze più interessanti del Novecento per individuare le potenzialità dell'architettura digitale di domani.
Diceva Aldo Van Eyck che c'e qualcosa di simile nell'attitudine verso il tempo di antiquari e tecnocrati – sentimentali verso il passato i primi, verso il futuro i secondi(3). Antoine Picon, con la sua duplice formazione di storico e di tecnocrate proveniente dalle Grands Ecoles francesi, riesce sorprendentemente a conciliare entrambi: ad entusiasmarsi sia per il passato che per il futuro, componendo uno dei quadri più completi e affascinanti dell'architettura che verrà. Carlo Ratti
(1) La definizione "Digital Baroque" è stata data da Herbert Muschamp, critico di architettura del New York Times, in "When Ideas Took Shape and Soared", in: The New York Times, venerdì 26 maggio 2000, sezione B, p. 32.
(2) Greg Lynn, Folds, Bodies & Blobs: Collected Essays, Bruxelles, 1998.
(3) Carlo Ratti, Chandigarh Fifty Years Later, Domus, 814 Aprile 1999.