Nella complessità dei territori Emiliano Romagnoli riconoscere e classificare esemplari, dividendo la realtà in tassonomie, ci permette di attenuare il dissidio tra regola e caos e capire, forse solo illusoriamente, queste trasformazioni.
Percorrendo la Via Emilia Barbara Rossi ha tralasciato i centri urbani a favore di quelli extra urbani e periferici concentrandosi su quelle terre di mezzo apparentemente prive di una logica comune, dove l’uomo sembra rivendicare un diritto di libera espressione. È infatti qui che emergono le “opere incongrue” (titolo preso in prestito, nonché reinterpretato, dalla legge regionale 16\2002 e dalla relativa ricerca fotografica coordinata dall’ IBC); le “opere mobili” (relitti divenuti parte del paesaggio); le “opere leggere”, contrapposte alle “opere pesanti”; le “opere produttive” (isole postmoderne nel padano) e in ultimo le “opere naturali” (l’elemento naturale in rapporto all’uomo).
luoghi e catturarne “i cicli di vita” come direbbe Paola Viganò nei suoi Quaderni di Recycle, ma anche per innescare domande, sollecitazioni, progetti futuri. La catalogazione e la suddivisione in capitoli cercano quindi di creare dei macro insiemi di senso che diano un’interpretazione non scientifica all’operato dell’uomo su queste terre.
Barbara Rossi nasce a Parma nel 1988 e inizia la sua ricerca artistica sul tema della città contemporanea all’interno dell’Accademia di Belle Arti di Brera. Prosegue i suoi studi al Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma, città nella quale vive e lavora. La sua produzione fotografica si muove tra la documentazione delle trasformazioni urbane contemporanee e la ricerca delle tracce lasciate dall’uomo sul paesaggio. Attualmente è impegnata in progetti che indagano le grandi opere pubbliche della capitale.