S.B.: Ma il risultato del tuo lavoro sono dei video.
T.M.: Il primo lo ho fatto a casa mia “per vedere l’effetto che fa”, e mi è piaciuto. Il risultato è sincopato e non fluido come quello di un video. Mi sembra che questo rappresenti la contemporaneità.
S.B.: Queste macchine hanno cambiato il tuo modo di fare il fotografo?
T.M.: Non proprio: come quando utilizzavo la Polaroid 20x25, anche ora non vado in laboratorio e faccio tutto da solo; una sorta di camera oscura all’aperto. Lavoro con la macchina a mano come fosse una steady cam, scattando fino a soffocare i recettori di acquisizione e faccio qualche “magia da quattrosoldi”.
S.B.: "Magia da quattrosoldi"?
T.M.: Il lavoro del fotografo per me resta artigianale, mettere una molletta su un tessuto per ottenere certe pieghe, fare un cartoncino e poi far passare un foulard tirato da un filo, costruire un cilindro di tessuto per farne un set, virare lo spettro luminoso delle luci: queste sono le ‘magie’.
S.B.: Poi ci sono quelle della post produzione…
T.M.: Non faccio post produzione sullo scatto, lo considero come quello delle polaroid: già finito; mi limito a ordinare la sequenza prima del montaggio. Qualche piccolo intervento lo ho inserito nel video di Fornasetti, perché volevo aumentare l’idea del gioco, sugli specchi e sugli schermi video, come sempre problematici, non volevo l’estetica dello schermo a righe.
Toni Meneguzzo (1949) è un fotografo italiano. Ha usato una tecnica unica e personale per le fotografie di moda usando Polaroid di grande formato. Collabora con: tutte le edizioni di Vogue, Harper's Bazaar, Harper & Queen, Arena, New York Times, Condé Nast Group publications. Nel 2000 comincia a fotografare l’architettura e il design per il New York Times, AD China, AD Germany, AD Russia, AD France, Ad Italy, World of Interiors, AW Germany, Elle Decor, Residence, D Repubblica, Corriere della Sera, Case da Abitare. Il suo ultimo progetto personale, Go Shala, è una ricerca antropologica sulla tradizione hindu delle vacche sacre.