Dopo Sandy

Attraverso gli occhi del fotografo Marco Anelli e le parole dell'architetto Martina Barcelloni, presentiamo la realtà distopica che ha invaso Manhattan, in seguito alla catastrofe del 29 ottobre 2012.

New York, capitale decadente del più grande impero del XX secolo, in questi giorni racconta una storia che sembra appartenere più al futuro che a un recente passato. In perfetto stile fantascientifico, bastano cinquanta centimetri d'acqua in eccesso a rendere estraneo a molti uno dei pezzi di città più familiari al mondo e ad impartire a milioni di newyorkesi una lezione quanto meno scomoda. A poche ore dal passaggio di Sandy, la città permette agli abitanti di Manhattan di riabbandonarsi alla frenesia di sempre, di seppellire in fretta le ore d'incertezza per poter nuovamente indugiare in preoccupazioni più frivole; lo fa però ad una condizione, che la loro quotidianità si svolga al di sopra della trentesima strada. Da qui Manhattan è due città.

  La soglia non potrebbe essere più evidente, da un marciapiede all'altro le luci si spengono e basta un passo ad immergerci in una dimensione, in cui anche il tempo sembra rallentare. Le riserve d'acqua, custodite alle sommità dei grandi blocchi urbani, gradualmente si esauriscono producendo una nuova, netta distinzione che questa volta discrimina lungo una linea verticale e nell'intimo degli spazi domestici. Le abitazioni che si trovano al di sopra dei quindici metri, il più delle volte piccole enclaves di lusso, in poche ore rimangono del tutto senz'acqua e ironicamente sono le prime a rivelarsi marcatamente inospitali. A queste altezze chi parte si distingue da chi resta e popola di una nuova mixité la terza città, quella più alta e sempre più rada.

  Nemmeno agli abitanti della strada è dato sottrarsi a nuovi slittamenti semantici in cui la città assume significati poco prevedibili, aperti a interpretazioni spesso contraddittorie. A chi si inoltra tra i blocchi bui, anche solo per curiosità, è presto servita una personalissima ambientazione distopica in cui persino i telefoni cellulari diventano superflui oggetti di decoro.  
Marco Anelli, immagine dalla serie <em>New York, 29 October 2012: Sandy</em>
Marco Anelli, immagine dalla serie New York, 29 October 2012: Sandy
Lungo i marciapiedi, non tutti gli esercizi sono chiusi. Mentre la medio/grande distribuzione si trova costretta a tenere chiuso e a buttare grandi quantità di cibo scaduto, piccoli venditori più o meno ambulanti, grazie ad agili generatori a quattro ruote, si prendono la meritata rivincita, raccogliendo in breve tempo i favori di comunità intere.   Per chi decide, all'imbrunire, di tornare alla prima città, camminare è l'unica alternativa possibile. I taxisti si accostano a fatica, temono aggressioni incoraggiate dal prolungato silenzio tecnologico e di rimanere anch'essi alla mercé di un serbatoio vuoto. La benzina, in poche ore, è diventata un bene di lusso.

Calata la notte, anche la sicurezza è per pochi; la penuria di cibo e di controllo sui corpi spalanca le porte a pratiche sempre meno docili, presagio inedito di tempi tutti a venire.
Martina Barcelloni Corte
Marco Anelli, immagine dalla serie <em>New York, 29 October 2012: Sandy</em>
Marco Anelli, immagine dalla serie New York, 29 October 2012: Sandy
Marco Anelli nasce a Roma nel 1968. Si specializza nella fotografia e nella tecnica di stampa del bianco e nero a Parigi, dove inizia a delinearsi quello che diventa in seguito un tratto distintivo del suo lavoro: progetti fotografici di lunga durata che si sviluppano attraverso un prolungato coinvolgimento con il soggetto. Tra le sue principali pubblicazioni figurano opere dedicate alla scultura e all'architettura (L'Ombra e la Luce in San Pietro, Silvana Editoriale, 1999; All'Ombra del Duomo, Contrasto 2010), allo sport (Il Calcio, Motta Editore, 2002; Pallacorda, Skira, 2004) e alla musica classica (La Musica immaginata, Motta Editore 2004; Gesti dell'anima, Peliti Editore 2011). Il suo più recente progetto lo ha portato a realizzare i ritratti di tutti i 1.545 partecipanti alla performance di Marina Abramovic tenutasi al MoMA di New York da marzo a maggio 2010, ora pubblicato in Portraits in the presence of Marina Abramovic, Damiani Editore, 2012. Attualmente si sta dedicando a due progetti nella città di New York; il primo esplora gli studios dei maggiori artisti internazionali, il secondo si focalizza sulle reazioni emotive del pubblico negli stadi durante gli incontri di calcio, baseball e football americano. Vive e lavora a New York.

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