Peter Friedl: Touch of Joy

L’Istituto Svizzero di Roma presenta “Touch of Joy. Esercizi di immaginazione”, un workshop ideato da Peter Friedl per Studio Roma – Programma Transdisciplinare sul Contemporaneo.

Peter Friedl Touch of Joy
Il workshop “Touch of Joy. Esercizi di immaginazione” si articola in un programma di due settimane di presentazioni, conferenze, letture, dibattiti, associazione libera, proiezioni di film, ricerca sul campo e visite in situ a Roma e Sabaudia.

Il denominatore comune è l’interesse per l’immaginazione; la sua storia, i suoi miti e i suoi metodi.

Per l’occasione Friedl ha ideato il sito internet Daydream Factory (a partire da un concetto sviluppato dal 2012, nel corso del suo insegnamento alla NABA di Milano) dove raccogliere sogni a occhi aperti come materiale di ricerca.

Peter Friedl Touch of Joy
Peter Friedl, Senza titolo, 2012
Le crisi non sono un’invenzione del XXI secolo: il 1816, per esempio, fu l’anno senza estate in cui le temperature calarono drasticamente in molti luoghi d’Europa e del Nord America. Più tardi, i climatologi attribuirono il fenomeno alla violenta eruzione del vulcano Tambora sull’isola di Sumbawa (1815), nell’attuale Indonesia.
A Bologna, un astrologo profetizzò la fine del mondo per il 18 luglio, provocando rivolte e suicidi. A causa del costante maltempo, un gruppo di giovani poeti inglesi che soggiornava nei pressi del lago di Ginevra fu costretto a rimanere in casa. Decisero di scrivere storie di fantasmi e di leggerle ad alta voce. Mary Shelley creò Frankenstein, o Il moderno Prometeo. Lord Byron, che aveva affittato Villa Diodati, scrisse le poesie Le tenebre e Il sogno, interrogandosi sulla natura dei sogni.
Conosciamo la lunga storia dell’attività onirica notturna dal Romanticismo e attraverso il Modernismo nell’arte, nella cultura e nella scienza. Uno dei primi a problematizzare la scrittura del sogno è stato Gérard de Nerval. Per la psicoanalisi, nata esattamente allo stesso momento del cinema, il sogno diventò un linguaggio che richiede di essere decodificato, e come ogni interpretazione, ridusse ciò che era interpretato. I surrealisti ignorarono ampiamente la differenza tra il sogno e la scrittura del sogno. In Kitsch onirico (1925), il primo commento pubblicato da Walter Benjamin sul Surrealismo, l’archeologo della modernità dichiarò lucidamente, “Il sognare partecipa della storia”. Il percorso verso il collettivo sognante fu così delineato.
Prendendo esplicitamente le distanze da Sigmund Freud, il filosofo ed epistemologo francese Gaston Bachelard ha opposto le fantasticherie (rêverie) al sogno. La sua gaia, poetica scienza ruotò attorno al confine dei regni della razionalità e della loro fruibilità attraverso le immagini. Il lato oscuro della storia può essere trovato in un’antologia di Charlotte Beradt degli anni Trenta, pubblicato per la prima volta molti anni dopo: ne Il Terzo Reich dei sogni, i sogni diventano documenti storici.
Il fratellino trascurato del sogno notturno è il sogno a occhi aperti. Il suo biotopo può essere trovato nei cortili e nelle nicchie poco appariscenti della modernità. I sogni a occhi aperti sono allo stesso tempo uno strumento di sovversione e di subordinazione; ricordano la nostra libertà e il confinamento nelle circostanze date. I sogni a occhi aperti appartengono a quelle forme del “far nulla” che compongono quel mondo della quotidianità privo di eventi rilevanti. Come punto di riferimento per la loro esplorazione, vale la domanda formulata dal sociologo tedesco Georg Simmel nel 1908: “Com’è possibile la società?”.
Cos’è la politica del sogno e del sognare a occhi aperti? Come possiamo parlare d’immaginazione oggi, e come imparare a usarla? E infine, quanto piacere e quanta conoscenza sono possibili al di là del capitalismo accademico e della routine dell’autoriflessione? Queste sono alcune delle domande da affrontare nei vari formati di “Touch of Joy” – la frase è tratta dalla poesia sul sogno di Byron – ideato dall’artista residente a Berlino Peter Friedl in collaborazione con l’Istituto Svizzero di Roma.

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