DA-A Architetti: piazza a Verbania

Nel cuore della cittadina affacciata sul Lago Maggiore, l'intervento di riqualificazione urbana di DA-A Architetti conferma la capacità e la sensibilità dello studio di interagire con lo spazio pubblico, valorizzandolo.

Trasformazioni silenziose

Il progetto parte dal riconoscimento degli elementi significativi del luogo e dalla loro valorizzazione per arrivare a una nuova definizione degli spazi: una piazza, una concavità urbana fatta della stessa materia della montagna che sta alle sue spalle, la beola, declinata in alcune delle sue numerose varianti: la lastra, il ciottolo, la ghiaia, la polvere.

Una materia sobria, dura e durevole, ma anche otticamente cangiante, risplendente. A tratti sembra catturare quel bel sole del lago che le sta di fronte. È giocoforza venir condotti, nel progettare, fino alle vicine cave dove, in pochi passi, le forme di queste pietre cambiano, si complicano, prendono nomi diversi, quasi fossero coltivate. Si direbbe che la pietra, a ben ascoltarla, traduce già i dati ambientali del contesto.

Assieme all'importanza di ciò convergono altri fatti, legati al luogo e alle sue recenti e passate vicende. Un sito vocato a unire, a mettere in dialogo il lago e la montagna, la costa e il borgo storico, il piano e lo scosceso: una piccola e umile chiesa e un grande, incombente edificio – oggi Casa circondariale –; un vecchio giardino, come quelli che si facevano un tempo – in ghiaietto o calcestre –, e qualche palmetta a ricordare che qui il clima è diverso, o così dovrebbe essere. E poi tanti tigli tagliati "all'umberta", robusti e scultorei, come si trovano spesso sui lungolaghi e vicino alle stazioni.
L'aiuola ogivale al centro della piazza, il cui bordo funge anche da seduta
L'aiuola ogivale al centro della piazza, il cui bordo funge anche da seduta
Si parte da questi pochi utensili e non si vuole cancellarli, ma anzi prendersene cura, come fossero l'eredità di una vecchia zia. Lo spazio pubblico aperto è il luogo di trasformazioni silenziose, lo sfondo alle azioni degli abitanti e dei passanti, cornice del passare del tempo quotidiano. Per rispetto a queste qualità di fondo, sono pochi e misurati i gesti che rinnovano la piazza dedicata a Giovanni XXIII, il Papa buono.

Il piano del sagrato della chiesa raccorda i dislivelli della piazza
Il piano del sagrato della chiesa raccorda i dislivelli della piazza
Un grande cammeo bianco e verde dalla classica forma a ellisse, adagiata in un letto di calcestre grigio, direziona lo spazio in diagonale assecondando le proporzioni esistenti. Un'aiuola, semplicemente, che è al contempo cordolo e panca, a seconda dell'intersezione con il suolo che scende dolcemente verso la chiesa di San Giuseppe. Poi un piccolo, calibrato mantello di pietra riorganizza il sagrato che, sotto un velo di ordine geometrico derivato dalla ritmica essenziale della facciata della chiesa, sviluppa 24 tagli differenti di beola grigia punteggiati da sei sottili inserti di pietra antracite lucidata: un tema tessile che ricorda un movimento congelato ("movimento apparente in una texture", direbbe Bruno Munari), come chicchi di riso benauguranti nelle foto ricordo dei matrimoni.

Le beole sono tagliate in 24 formati differenti
Le beole sono tagliate in 24 formati differenti
Il recupero di un lungo gradino in pietra del vecchio ingresso della chiesa, appoggiato su un telaio in ferro, si trasforma in modo naturale in una panchina: un gesto scontato, ma non banale, per dire: "aspetta un attimo, stai qui". Con la stessa semplicità, lungo il percorso perimetrale s'incontrano altre e forse più comode sedute rivestite in legno: sembrano alludere al fatto che qui ci si può fermare e, magari, anche giocare. Poi ci sono quegli oggetti che non dovremmo vedere, notare, ma con l'arrivo del buio aiutano a comprendere un altro aspetto delle cose: le lampade con i loro pali, le luci a terra, poche e incise sul sagrato in modo discreto, un interno più che un esterno.

Lampioni e sottili corpi illuminanti inglobati nella pavimentazione concorrono a diffondere una luce discreta
Lampioni e sottili corpi illuminanti inglobati nella pavimentazione concorrono a diffondere una luce discreta
Infine, nelle ristrettezze di una congiuntura che dà ben poco ossigeno a queste cose, un dono, uno scambio simbolico: le parole del Papa buono diventano un lastricato speciale, purpureo, un altro e più nobile cammeo. Franco Duranti incide su ferro rosso, graffia e dipana un lungo cartiglio a spirale, ripreso dal famoso "Discorso della luna" del 1962 di Giovanni XXIII. Il medaglione viene depositato con cura in un angolo di passaggio, quando tutto pare concludersi. Sembra quasi che abbia la forma appiattita di un tronco d'albero tagliato, che mostra al suo interno una lunga storia fatta del ripetersi di anelli concentrici sempre differenti.
DA-A Architetti
Dettaglio della pavimentazione
Dettaglio della pavimentazione
Crediti
Riqualificazione di Piazza Giovanni XXIII, Verbania
Progetto: DA-A ARCHITETTI – Elena Bertinotti, Anna Chiara Morandi, Paolo Citterio
Intervento artistico: Franco Duranti
Completamento:dicembre 2012
Superficie: 1.800 mq
Costo: € 250.000,00
L'intervento dell'artista Paolo Minioni richiama alcune parole pronunciate da Giovanni XXIII nel "Discorso della luna"
L'intervento dell'artista Paolo Minioni richiama alcune parole pronunciate da Giovanni XXIII nel "Discorso della luna"
L'opera di Minioni rimanda all'immagine della sezione di un tronco d'albero
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