L’estate dello sport di Nike: il design che realizza i sogni

Un viaggio nel cuore del design e dell’innovazione nel campus Nike di Beaverton, con una guida d'eccezione: Martin Lotti, chief design officer dello Swoosh.

Da qualche anno, Alan non è più solo.
Con lui c’è Haley.
Insieme si muovono, in una stanza. Tutto il giorno, tutti i giorni.
Un raffinato reticolo di sensori rileva i loro movimenti e come si relazionano agli indumenti Nike che indossano. Fuori dalla stanza, i dati vengono mostrati su due schermi in tempo reale. Quei dati verranno elaborati, studiati, trasformati in design. E renderanno possibili i sogni degli atleti di tutto il mondo.

Haley e Alan sono due manichini e fanno parte della avanzatissima dotazione tecnologica del LeBron James Innovation Center di Nike, un edificio di oltre 2.000 metri quadrati nel campus Nike di Beaverton, in Oregon, sulla West Coast americana. “Qui trasformiamo i sogni degli atleti in azione”, spiega a Domus il Chief Innovation Officer, John Hoke. L’arrivo di Haley non è casuale, ma rappresenta una accresciuta attenzione di Nike alle prestazioni delle atlete e alla loro specificità rispetto al corpo maschile. 

Alan e Haley, LeBron James Innovation Center. Courtesy Nike

Dai dati al design

L’Innovation Center è un edificio fuori scala – proprio come LeBron, verrebbe da dire. I soffitti sono altissimi, i corridoi immensi. Al piano terra sfilano le icone dello sport: Carl Lewis, Sue Bird, Michael Johnson e altri. Ma è di sopra che avviene la magia. Qui le performance vengono trasformate in dati. Quei dati serviranno a disegnare i migliori indumenti e le migliori scarpe possibili. 

LeBron James Innovation Center. Courtesy Nike

In una serie di stanze che hanno il nome di città olimpiche, Rio, Atene, Sidney, possono essere riprodotte tutte le condizioni climatiche terrestri, da -20 gradi a circa 50. All’interno si muovono atleti, correndo o usando una cyclette. Vengono raccolti dati su come sudiamo: preziosissimi per creare il migliore indumento sportivo possibile, il più leggero, il più performante. C’è un campetto da calcio dove un ragazzo si allena calciando in porta, uno da basket Nba dove due atlete corrono indossando una maschera, una pista di atletica sul cui profilo una scia luminosa indica l’andamento perfetto. Schermi ovunque riportano in tempo reale le performance. Una velocista scatta lungo la corsia dei cento metri. Davanti a una platea di giornalisti arrivati da tutto il mondo, viene presentata la ricerca sulla breakdance, disciplina che quest’anno debutta ai Giochi Olimpici. È la scienza applicata alla performance sportiva.

Il Blueprint Pack di Nike

 

Verso Parigi

In casa Nike, questi sono giorni speciali. Le Olimpiadi di Parigi sono alle porte. “Ogni quattro anni abbiamo la possibilità di aiutare i nostri atleti a realizzare i loro sogni”, spiega Martin Lotti, svizzero di nascita con origini familiari non lontano da Milano, più di 25 anni in Nike e da fine 2023 a capo del design. Domus lo incontra nel Serena Williams Building, più di 90mila metri quadri dedicati a creatività e design nel cuore del campus di Beaverton. Qui progettare, spiega Lotti, non è “prendere un foglio di carta bianca e disegnare”. L’approccio è invece quello di chi deve risolvere problemi. Per farlo bisogna considerare i dati, prima di tutto. E ascoltare le voci degli atleti. “Capire quello di cui hanno bisogno, quello che gli piace e quello che no, sotto tutti i profili: quello fisico, quello emotivo”.

Questi atleti si sono allenati tutta la vita per questo momento, per le Olimpiadi, prosegue il chief design officer. Il compito dei designer è aiutarli a “realizzare i loro sogni con l’innovazione, con prodotti incredibili e incredibili esperienze”. Lotti, che racconta di essersi formato anche sulle pagine di Domus, esprime con tono pacato il sincero entusiasmo per il suo ruolo. “Dal punto di vista del design, non è forse incredibile?”.

Capire quello di cui hanno bisogno, quello che gli piace e quello che no, sotto tutti i profili: quello fisico, quello emotivo.

Martin Lotti

LeBron James Innovation Center. Courtesy Nike

L’eredità di Bill Bowerman

Progettava sogni anche Bill Bowerman, che Nike l’ha fondata, insieme a Phil Knight. Bowerman, figlio del governatore dell’Oregon, coach della squadra statunitense di atletica leggera alle Olimpiadi di Città del Messico del ’68 e autore di un fondamentale libro sul jogging, ha compiuto un lavoro pionieristico nella trasformazione di una semplice azienda di importazione di sportswear, Blue Ribbon Shoes, nel colosso che conosciamo oggi. 

All’inizio degli anni Settanta, gli atleti dell’Oregon avevano un problema: le scarpe chiodate non performavano sulle nuove piste in uretano. Serviva una nuova suola. Bowerman cercava la soluzione ovunque, tanto che pare avesse persino chiesto alla moglie Barbara di mostrargli i suoi gioielli, per trovare un nuovo pattern per le suole. Trovò la soluzione in cucina, nella piastra dei waffle – un regalo per il loro matrimonio, un oggetto del 1936. “Le tecnologie sono cambiate e gli strumenti sono cambiati”, spiega Lotti, ma l’approccio e il credo di Nike restano sempre quelli di rendere le cose migliori, “e questo è vero fin da allora, da quando Bill Bowerman ha versato la gomma nella piastra waffle della sua cucina”.

La Waffle Trainer fece il suo debutto pochi anni più tardi, nel 1974 ed è proprio a quella scarpa che è ispirato il NikeBlueprint Pack da poco svelato a Parigi. Di quella scarpa, vengono recuperati non solo l’uso dei colori - con l’inserimento dell’arancione, riferimento alle iconiche scatole delle scarpe Nike - ma l’intera filosofia. Il tutto riletto con le tecnologie di oggi e con un impiego sempre più raffinato di Air, il cuscinetto ad aria Made in Beaverton che dà oltre tre decadi spinge gli atleti verso performance sempre più incredibili. Perché gli altri materiali possono essere ok, “ma Air è molto meglio”, riassume Lotti.

Il Blueprint Pack è un omaggio all’ “ossessione di Bowerman per la migliore performance sportiva possibile” e comprende una lineup di 13 prodotti, il meglio del design di Nike in fatto di footwear sportivo, tra cui nuove scarpe per le piste di atletica, la Nike Victory 2 e Maxfly 2, una nuova scarpa per la pallacanestro (G.T. Hustle 3) e la versione 2024 della Nike Mercurial, la calzatura premium per il calcio. Ovviamente, tutte sfruttano le innovazioni di Air. Tutte scarpe che questa estate, ci auguriamo, diventeranno simbolo di record, vittorie, successi.

Nike guarda da sempre al futuro

“Sotto il profilo del design, è quello che amo”, Lotti dice di questa collezione, spiegando come sia da un lato futuristica - nuove tecnologie, nuovi materiali, versioni sempre più avanzate di Nike Air, uso della progettazione computazionale e così via - ma dall’altra peschi dal passato per creare il domani di Nike e degli atleti di tutto il mondo. “Bowerman era ossessionato dal peso della scarpa”. Tanto che il logo era “un tatuaggio sulla tomaia” – disegnava lo swoosh con una penna a sfera sulle scarpe. Il suo credo era: “meno peso, maggiore velocità”, spiega a Domus il capo design di Nike.   

La scarpa da corsa per la maratona Alphafly 3. Courtesy Nike

Ma non c’è spazio per la nostalgia in casa Nike. “Perché qui comincia tutto con il futuro”, spiega il capo design. “E noi viviamo nel futuro”. Parigi è alle porte, ma l’attenzione è già rivolta alle prossime Olimpiadi, quelle di Los Angeles. “Ci stiamo già lavorando”, spiega. “E tutto questo ti spinge a immaginare cosa ci sarà dopo”. Perché Nike è una azienda a trazione design. Con più di mille progettisti al lavoro sulle miriadi di progetti che vengono sviluppati in questa fucina delle idee. E quando Domus chiede a Martin Lotti come si fa a governare il cambiamento, come faccia a trovare la bussola in un mondo di costante innovazione, la risposta del chief design officer è semplice ed elegante come un’equazione matematica. “Connettiti con l’atleta che c’è nel consumatore: perché puoi fare mille cose, ma l’importante è essere fedeli a ciò che aiuta a risolvere i problemi”.  
 


Immagine di apertura: 
Il Nike Blueprint Pack, che vedremo quest’estate a Parigi. Courtesy Nike

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