Body Building

La collezione di oggetti dell’Atelier Biagetti, presentata al FuoriSalone di Milano, parla di un corpo innaturale, che moda e desiderio progettano e trasformano secondo diktat capricciosi e imperativi.

Atelier Biagetti, Body Building
Il corpo dato dalla natura e quello costruito dalla forza di volontà: questi i due estremi tra i quali si gioca la partita della collezione Body Building dell’Atelier Biagetti curata da Maria Cristina Didero, una delle più intelligenti riflessioni inaugurate durante l’ultima design week milanese.
Atelier Biagetti, Body Building
Atelier Biagetti, Body Building
A prima vista lo spazio dello studio della coppia progettuale formata da Laura Baldassari e Alberto Biagetti sembra convertito in una modernissima palestra, attrezzata di tutto punto da oggetti che nascono apertamente dal riferimento alla ginnastica classica: dagli anelli al cavallo, dalla spalliera al percorso per il corpo libero. Ma non fatevi ingannare. Il pensiero che ha guidato questo progetto è tagliente e acuminato come un bisturi, lo strumento che evoca il passaggio successivo nella costruzione del corpo, ovvero l’intervento chirurgico. La forza di questo lavoro, però, è tutta proprio nell’essere al limite con l’artificio senza mai infrangerne il confine, flirtando con l’irreversibilità del valicare la soglia di ciò che la volontà può imporre sulla natura quando si rincorre un canone astratto. La mente vince sul corpo, il desiderio trasforma, costruisce, crea strutture e impalcature muscolari. Inseguendo un modello che spesso appare tanto fragile quanto conforme. L’assoluta e ammirevole perfezione delle finiture di questi arredi – ricercati con la maniacalità dell’artigiano più puntiglioso e dedito – divengono anch’esse richiamo a un’idea di bello concluso e patinato, che ci pone inermi davanti a un più o meno confessabile bisogno di accettazione della nostra caducità fisica.
Atelier Biagetti, Body Building
Atelier Biagetti, Body Building
I mobili sono poi assolutamente fissi e in questo reagiscono quasi come ossimori: la loro staticità di forma e struttura si oppone concettualmente al movimento che l’attrezzatura da palestra evoca e richiama. Presenze funzionali che s’impongono per la loro bellezza inappuntabile ricordandoci che la perfezione è un limite al quale tendere in grado di generare una costante sensazione di insoddisfazione e inadeguatezza. Lo sapevano bene gli antichi per i quali la Vanitas aveva il doppio significato della ricerca estetizzante e della sua effimera condizione transeunte.
Atelier Biagetti, Body Building
Atelier Biagetti, Body Building
Il progetto nasce dall’acquisto di uno step da parte della coppia progettuale, ingombrante attrezzo ginnico che impone la sua presenza nelle case che lo accolgono, spesso diventando cimitero domestico delle buone intenzioni trasformato in appoggio casuale. Di lì a poco la riflessione attivata dal dialogo con la curatrice: “Body Building – spiega Maria Cristina Didero – è un progetto che gioca con l’idea di verità e finzione, realtà e ironia, stereotipo e artificio. Il cortocircuito sta nella trasformazione del linguaggio classico degli attrezzi ginnici in oggetti per l’arredo domestico: la funzione è stata completamente capovolta e di quell’iconografia cosi rigida rimane solo la superficie”.
Atelier Biagetti, Body Building
Atelier Biagetti, Body Building
Il corpo come fondamento dell’oggetto ha in realtà radici antiche. Alessandro Mendini, in un illuminante testo intitolato Il corpo come oggetto naturale nel 1981, diceva: “Se mi siedo per terra io sono una sedia, se cammino io sono un mezzo di trasporto, se canto io sono uno strumento musicale”. Scopo e necessità pratica sono da sempre la molla che genera il progetto dell’utensile e del supporto; la storia dell’antropologia è costellata di conferme in tal senso. Ma gli oggetti dell’Atelier Biagetti, al contrario, parlano di un corpo innaturale, di quello che moda e desiderio progettano e trasformano secondo diktat capricciosi e imperativi (la celebre taglia 42 come “burka dell’Occidente” secondo la sociologa Fatema Mernissi).
Atelier Biagetti, Body Building
Atelier Biagetti, Body Building
È un corpo postmoderno, che deve fare i conti col consumo dell’immagine mediatica, con un’apparenza che governa leggi di mercato e distribuzione sopra ogni condizionamento morale o filosofico. E questi oggetti hanno il sapore del dibattito aperto ancor prima che della denuncia. Non trasudano alcuna forma di pregiudizio, ma aprono discussioni, attivano pensieri, per chi li sa guardare. L’apparenza allo specchio è un’immagine al quadrato, anche ironica volendo. Per questo, parte fondamentale del progetto è stata l’orchestrazione dell’inaugurazione, vero happening giocoso, volutamente leggibile nella sua leggerezza e nel doppio della sua riflessione, simile in questo alla più originale delle opere del Pop storico. Bevande energetiche servite al posto dei classici calici, uova sode iperproteiche e senza grassi come canapè virtuosi. Gli strati del significato possono essere sfogliati senza difficoltà, partendo dalla superficie per scendere in profondità. Ma solo se si vuole, solo se si è disposti a guardare senza filtro ciò che lo specchio è in grado di restituire. A noi sorriderne o sovrapporre proiezioni, assecondare il meccanismo o tenerlo a distanza.
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