Business of Design Week

Comunicare, collaborare e attivare scambi di vedute per nuove possibilità orientate al “business della progettazione” sono l’ambizione e lo scopo della manifestazione dell’Hong Kong Design Institute.

Sono stati tre giorni intensi per i partecipanti della Business of Design Week, progetto sostenuto dall’attivo Hong Kong Design Institute, cuore pulsante della creatività dell’isola e da sempre considerato centro finanziario del Far East.
Un parterre de rois di relatori si sono alternati sul palco del Convention and Exhibition Centre: da Toyo Ito a Matteo Thun, da Sou Fujimoto a Ascan Mergenthaler dello studio Herzog & de Meuron.
Business of Design Week
Anne Chapelle alla Business of Design Week di Hong Kong
L’ambizione e lo scopo della manifestazione è comunicare, collaborare, attivare scambi di vedute per nuove possibilità orientate al “business della progettazione” e intensificare lo scambio tra est e ovest. Dense le ore all’auditorium e tante le domande da parte del pubblico, per lo più studenti, appassionati e curiosi, emozionati di dialogare con i grandi personaggi del panorama internazionale del design e dell’architettura di oggi.
Il poster della Business of Design Week di Hong Kong
Il format dell’evento annuale prevede un guest country: per questa edizione è stato scelto il Belgio che con il suo slogan “Belgian Spirit” ha presentato i suoi migliori talenti, come Xavier Lust, che ha presentato i suoi oltre 20 anni di attività, l’architetto Christine Conix di CONIX RDBM Architects, responsabile della ristrutturazione dell’Atomium, il monumento a 9 sfere costruito nel 1958 per l’Esposizione Universale di Bruxelles e che qui ha parlato della relazione tra architettura e identità delle città.
Business of Design Week di Honk Kong
Anne Chapelle alla Business of Design Week di Hong Kong
Con la classe che lo contraddistingue, il gigante dei musei Lars Nittve ha presentato a un pubblico curioso il mastodontico progetto dell’M+ sulle rive della penisola West Kowloon, il museo che ambisce a raccontare e presentare “di più” (lo dice il nome); e intende riunire identità culturali diverse e eterogenee sotto lo stesso cappello, indagando le diverse manifestazioni della creatività contemporanea. Nittve ha sottolineato come il museo M+ saprà rappresentare la sovrapposizione culturale delle arti tutte, dal digitale all’architettura, dall’arte contemporanea al design, spiegando che questi diversi campi non solo sono intercambiabili fra loro ma che il suo staff le approccerà con una prospettiva audace e innovativa.
Charles Kaisin alla Business of Design Week di Hong Kong
Sottolinea che, anche se l’attenzione è concentrata sull’Asia, lo scopo di M+ è guardare il mondo con occhi diversi: sarà un museo della cultura visiva at large, caratterizzato dalla fluidità tra le diverse categorie. Nelle mani di Nittve e con un curatore per il design e l’architettura come il giovane e talentuoso Aric Chen – trasferitosi da New York per dar vita alla collezione permanente – ci sono le basi per un’entusiasmante programmazione che renda il museo un hub esplorativo di rilievo (non solo in Asia) e dalla visione globale grazie a una modalità alternativa di presentazione delle opere e addirittura di conservazione delle stesse all’interno dei magazzini. Oltre a puntare a diventare uno dei musei più visitati al mondo, l’edificio firmato da Herzog & de Meuron – vincitori della gara aperta a Snohetta, Toyo Ito, Renzo Piano, Saana, Shigeru Ban – è certamente un progetto dal grande respiro urbano e ambisce a diventare un landmark significativo dello skyline della città, entro il 2017.
Business of Design Week di Hong Kong
Incontriamo al forum l’attivo direttore William To, un passato nell’ADV, da tempo anima del progetto Design Week, dal sottotitolo “Business of Design Week”. “È proprio in questo senso”, spiega, “che l’evento è stato concepito: il design è una risorsa che arricchisce la creatività, ma che è in grado, allo stesso tempo, di sviluppare potenti logiche di mercato capaci di far crescere l’economia”. Il design è quindi considerato uno straordinario strumento che unisce in modo singolare il sogno con la realtà, la creatività che porta a muovere la macchina della produzione e dell’occupazione: “Undici anni fa ho iniziato a lavorare con l’Hong Kong Design Centre, organismo non-profit, voluto dal governo con il sostegno di ingenti finanziamenti, per far crescere la coscienza del design nel nostro Paese e soprattutto legarla a doppio filo alle logiche del mercato. Il nostro obiettivo è fare conoscere il design e renderlo accessibile a tanti e non solo a una ristretta nicchia.
Business of Design Week di Hong Kong
C’è sempre stato scetticismo nei confronti di questa disciplina: un tempo per i genitori era difficile comprendere il motivo per cui mandare i loro figli a una “scuola di design”, proprio perché non si percepivano le possibilità e le potenzialità della materia. Noi non abbiamo mai avuto una specifica cultura del design. A differenza di Pechino e Shanghai, un tempo più chiuse e che ora sono spugne nell’ambizione e nella sete di novità, noi siamo sempre stati aperti al cambiamento, allo scambio e all’evoluzione. Shanghai è oggi quello che era Hong Kong negli anni Ottanta. Hong Kong è un luogo dalla storia peculiare: è ed è stato da sempre un porto aperto al mondo; così ci comportiamo noi invitando a ogni edizione un Paese straniero a presentare se stesso; costruiamo relazioni e connessioni di cui tanti potranno beneficiare in futuro, offrendo possibilità professionali”.
La platea della Business of Design Week di Hong Kong
Carta bianca al guest country, libero di portare le sue migliori teste; dopo Olanda, Francia, Giappone, Germania e Italia (è successo nel 2007), il prossimo anno toccherà alla Svezia: “Dal 2006 cerchiamo di convogliare a Hong Kong protagonisti affermati della scena globale. L’attività didattica è prioritaria: corsi di formazione e workshop, dove gli studenti possono essere attivi in prima persona e imparare il mestiere”. Qual è la situazione attuale del design a Hong Kong? “Finalmente si parla di design”, aggiunge To, “i giornali hanno iniziato a scrivere in modo considerevole dedicando a questo argomento sempre più visibilità e la media degli studenti che s’iscrivono ai corsi  di design è salita drasticamente negli ultimi anni”. Il governo sa rispondere alla nuova domanda: nella zona di Soho, in Hollywood Road, a Central, la città di Hong Kong ha appena donato un edificio, un tempo il Police Married Quarters, a 100 giovani intraprendenti, anche stranieri, per poter aprire atelier e autopromuoversi: si chiamerà PMQ e aprirà le porte nella prossima primavera con l’intento, nuovamente, di connettere la creatività con il mercato locale e non.
Progetto di riconversione di una stazione di polizia in spazio per i 100 giovani designer, per aprire atelier e autopromuoversi
“Finalmente s’inizia a assimilare e comprendere il design, e esiste anche un buon mercato del collezionismo di design. Dall’apertura in città di gallerie importanti di arte contemporanea, da Gagosian a Perrotin, e con l’arrivo di ArtBasel, la fiera che sa trasformare tutto in oro – di cui si prepara la seconda edizione (NdR) – Hong Kong si conferma fulcro del mercato artistico asiatico; mi piace pensare al design come a un motore per la nostra economia. Io stesso, per le mie possibilità, mi sono scoperto collezionista: mi piacciono le linee semplici, ricerco piccole sculture, dipinti o arredi di design scandinavo. Ma soprattutto mi piace pensare al design come a un motore per la nostra economia”.

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