Sono proprio i suoi autori—Luca Pevere e Paolo Lucidi—a definire il loro tavolo per Kristalia "un prodotto artigianal-industriale". Boiacca infatti riassume in sé il fascino e le limitazioni di un oggetto poetico 'da galleria' con gli sforzi progettuali e le caratteristiche tecniche di un complesso prodotto di serie. Lo fa a partire dal nome stesso, "un po' sgarbato e poco chic" come affermano Lucidi e Pevere, ma anche un tantino ruffiano trattandosi di un prodotto invece molto raffinato, come pure con le immagini di presentazione ispirate alla migliore tradizione delle sofisticherie del design d'oltralpe (che, guarda caso, nelle gallerie detiene ancora il primato): boiacca, infatti, deriva dal dialetto romanesco bujacca (volgarmente brodaglia) ed è il termine tecnico con il quale si indica in edilizia un impasto fluido di cemento usato come riempitivo e finitura.
Un battesimo quindi astuto ma anche filologico dal momento che tecnicamente, nel processo produttivo di Boiacca, il cemento viene stampato proprio come se fosse plastica, con una modalità evidentemente industriale ma un risultato quasi architettonico. Con la connotazione di prodotto artigianal-industriale, i due designer anticipano e contrastano così la smorfia snobistica per la natura ibrida di questo tavolo che indispone e sorprende entrambi i fronti: quello artigianale che non si spiega perché i difetti di fabbricazione e le tracce di manualità nel pezzo non costituiscano piuttosto un plus del prodotto; e quello industriale, piegato e soggiogato alle modalità, i volumi, i tempi a cui costringe una materia 'viva' e incontrollabile come il cemento.