Technocraft: design in the age of individuality

Il curatore Yves Béhar racconta l'avanzare di una nuova dimensione umano-centrica del design: tra hacking, artigianato e fai-da-te.

"Technocraft" segna il tuo debutto come curatore di una mostra (al Yerba Buena Center, San Francisco, fino al 3 ottobre). Come descriveresti questa nuova esperienza? Che tipo di approccio hai adottato?
Curare una mostra di progetti di altri designer mi è sembrato all'inizio una forma di altruismo. Alla fine, mi sono accorto che curare questa mostra non è stato molto diverso rispetto al mio solito approccio al progetto: il lavoro principale è stato guardare in modo più ampio a ciò che accade nel mondo, e quindi scegliere e distillarlo nell'espressione più chiara possibile rispetto alle idee che si vuole comunicare.

Technocraft, il titolo, è una sorta di ossimoro. È anche uno specchio dei tempi in cui viviamo?
È un ossimoro e anche uno specchio del nostro tempo, ma penso anche che la tecnologia ci stia aprendo molti orizzonti in modi diversi nel mondo dell'artigianato, permettendo a designer e nuovi artigiani di a) apprendere e condividere le tecniche; b) trovare un nuovo mercato per le proprie merci. Esiste un'economia completamente nuova resa possibile dalla tecnologia, l'economia dell'artigiano moltiplicata dal web. Faccio un esempio di questo fenomeno: milioni di produttori in contatto tra loro scambiano, vendono, comprano e così generano un nuovo tipo di economia diretta, dal produttore all'acquirente, senza intermediari. Il risultato è un po' lo spirito del "mercatino dell'artigianato della domenica", ma in scala molto più grande.

Sembrerebbe che l'individualismo possa essere anche un valore. È così?
Credo che ci stiamo spostando dall'età della produzione di massa a quella dell'individualismo di massa. E, quando guardo questo fenomeno, trovo che il senso di individualismo della nostra produzione sia una grande contropartita per la globalizzazione e l'uniformità globale: prodotti ed esperienze vengono modificati dagli utenti stessi, in base alle loro esigenze specifiche, differenze culturali, personalità e stile.

Dopo 18 mesi di ricerche, potresti raccontarci chi sono – secondo te – i nuovi produttori e i nuovi artigiani? E quale potrebbero diventare in questo scenario il ruolo di un designer professionista e di un artigiano?
Come risultato di queste nuove modalità in cui le persone partecipano al processo della creazione e della produzione, vedo un dialogo crescente tra consumatore, designer e imprenditore. Il risultato è una relazione più diretta tra il designer e l'artigiano da una parte e il consumatore dall'altra, senza necessità di un "dipartimento marketing" che parli al posto dell'utente finale... Mi sembra che in questo modo lavoro e commercio prendano una piega più personale e umana. Per questa ragione, vedo "Techocraft" come un'illuminazione positiva, che serve da supporto al lavoro del designer.

"Technocraft" guarda ai diversi modi in cui i consumatori personalizzano un prodotto di design. Quando e perché un utente ha bisogno di sostituirsi al designer?
Per me è sempre il designer che crea grandi esperienze attorno al prodotto che disegna... Ma per chi sono create queste esperienze? Per un consumatore, un acquirente. Prendiamo ad esempio il lavoro del collettivo canadese Eames Hack, in mostra. Charles Eames ha creato oggetti che riflettevano il modo in cui le persone vivevano davvero: un ambiente domestico sociale, casual ed ergonomico tutto l'opposto dell'idea "anni Cinquanta" di una interazione sociale rigida che guardava a modelli antiquati. La sua preoccupazione di adattare i prodotti che disegnava e la loro ergonomia al maggior numero di persone, è semplicemente portata avanti da Eames Hack: la nuova hacked chair fa fare un passo in avanti al design moderno di Eames adattando la sedia alle esigenze di una giovane famiglia e trasformandola in seggiolone per bambini o riduttore per l'utilizzo del wc. Per me questa trasformazione e molti dei modi in cui il consumatore interviene sui prodotti rendendoli unici significano semplicemente che l'ergonomia, la funzione e l'estetica sono state adattate alle esigenze di ciascuno... Questa è una visione molto tradizionale degli obiettivi del design.

Anche se viviamo nell'era dell'individualismo, sembra che il collegamento emozionale con gli oggetti sia ancora molto importante. Sei d'accordo? Perché secondo te?
Il collegamento emotivo con gli oggetti è stato eroso dalla produzione di massa e dal consumismo di massa: quando di vede lo stesso oggetto o la stessa funzione in ogni negozio e in tutte le case, non rimane più alcuno spazio per le emozioni. D'altro canto, quando il consumatore partecipa alla realizzazione modificando e adattando un prodotto alla propria vita, la connessione emozionale è esperienziale e diretta.

Con il tuo studio, fuseproject, al di là di molti progetti commerciali hai sviluppato anche un certo numero di progetti per clienti no-profit. Pensi che il design possa essere il motore di un cambiamento per passare dall'individualismo a uno stile di vita più responsabile?
Credo che il ruolo del designer sia di dare l'esempio su come il futuro possa volgersi al meglio per tutti noi. Questi concetti si applicano sia a progetti no-profit, sia a progetti più commerciali: servire il pubblico con progetti intelligenti, salutari, sorprendenti ed efficienti. Vedo il designer come il collante tra le opportunità offerte dalla sostenibilità o dal bene sociale: possiamo avere un ruolo importante in questi settori.

La sostenibilità è un tema molto discusso (e abusato). Quanto è importante – anche rispetto alla tua esperienza diretta di designer – nel mondo del progetto?
Possiamo dire che un mondo è migliore semplicemente quando tutto ciò che creiamo e produciamo, porta un vantaggio al pianeta e alle persone, rispetto a prima. Questo significa che i mezzi di produzione MIGLIORANO e AGGIUNGONO al pianeta piuttosto che prenderne qualcosa. Come convincere le persone a comportarsi in questo modo? Dobbiamo convincere qualcuno a cambiare le regole del gioco? Direi che il modo migliore di farlo è quello di usare argomenti innegabili... Ecologia e sostenibilità sono argomenti che potrebbero fare la differenza per milioni di persone!

Fin dalle sue origini, il design industriale è stato pensato come uno strumento democratico, per produrre oggetti per molte persone e per il mercato di massa. Ma oggi è diventato sempre più elitario e meno abbordabile in termini economici. Dobbiamo dire che ha fallito la sua missione? Una via alternativa al design potrebbe arrivare da Technocraft?
Penso che esistano diversi approcci al design e, mentre la stampa ama pubblicare esercizi di design costosi e spesso elitari, credo che la dimensione reale del fenomeno del design elitario sia molto più ridotta di quanto sembri. Quello di cui abbiamo bisogno è di essere consapevoli è che il nostro lavoro di designer è ben visibile e quindi viene imitati dagli altri: quello che è incredibile è non solo il fatto che un progetto come OLPC o gli occhiali per i bambini messicani sono nelle mani di milioni di bambini, ma che questi progetti possono essere fonte di ispirazione per molte associazioni no-profit a usare il design in modo rivoluzionario nel loro settore. Questa è la responsabilità che dobbiamo tenere a mente quando progettiamo: quale esempio stiamo offrendo? Che tipo di ispirazione siamo per gli altri? "Technocraft" è un sofisticato fenomeno umano-centrico, e credo che continuerà... Sempre meglio.
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