Andrea Anastasio

Alla Galleria O di Roma, gli oggetti di Andrea Anastasio parlano spesso di una dimensione nella quale complementi, oggetti e arredi vivono di anima, pensiero e funzione senza soluzione di continuità.

Ci sono due strade principali per riferirsi all’Oriente: una è la via del viaggiatore occasionale che, sedotto dalla sua cultura, ne replica stilemi, forme e colori; l’altra è quella di chi lo vive predisponendosi a un percorso di conoscenza continuato nel tempo.
Vista d'insieme dell'esposizione nella Galleria O. Roma
In alto: foto d'insieme dei side tables Corallium. Sopra: Vista d'insieme dell'esposizione nella Galleria O. Roma
Andrea Anastasio appartiene senz’altro a questa seconda categoria e nelle sue opere è molto presente la condizione di viaggio mentale che i suoi costanti contatti con l’Oriente gli hanno disvelato. Si tratta di un livello più complesso e radicato nel profondo che deluderà senz’altro chi si aspetta la replica formalistica o la decorazione di pedissequa importazione. Nei suoi lavori, al contrario, emerge una lezione importante che arriva dall’India, dalla Cina, dal Giappone: quella delle loro filosofie che generano una cultura immersiva, sempre presente, anche e soprattutto nel quotidiano.
Pillow Case 6, raso di seta beige, cipria, verde chiaro e azzurro by Verel de Belval, ottone dorato, pezzo unico
Pillow Case 6, raso di seta beige, cipria, verde chiaro e azzurro by Verel de Belval, ottone dorato, pezzo unico
Gli oggetti di Anastasio parlano spesso di questa dimensione nella quale complementi, oggetti e arredi vivono di anima, pensiero e funzione senza soluzione di continuità tra l’uno e l’altro. Alla Galleria O di Roma, fino al 21 marzo, sono presentati lavori recenti ognuno dei quali è in grado di aprire una finestra su una lezione impartita e prontamente elaborata. I Pillow Case, per esempio, sono sgabelli costituiti da tre cuscini, apparentemente assemblati in maniera precaria e instabile, ma concreti e affidabili nella realtà. Raccontano di quella cultura nomade per la quale l’abitare declina le sue funzioni attraverso gli arredi piuttosto che nella distribuzione in stanze: la convivialità che nelle civiltà stanziali si esprime in ambienti di soggiorno arredati con poltrone e divani, in quelle nomadiche si identifica con una massa di cuscini liberamente sparsi sul terreno.
"Corallium Album"  Ardesia, marmo Calacatta, pelle, ferro brunito. Pezzo unico.
Corallium Album, ardesia, marmo Calacatta, pelle, ferro brunito. Pezzo unico
Questi sgabelli creano quindi un punto di incontro tra l’una e l’altra tradizione e sono al tempo stesso una riflessione sulla nostra percezione degli stati fisici della materia: quello che all’occhio appare morbido e incapace di sostenere, nell’esperienza si dimostra efficace e resistente. Rivestiti con tappezzerie policrome, velluti della collezione creata da Raf Simons per Kvadrat e rasi di seta della storica Maison francese Verel de Belval, i Pillow Case rileggono un complemento trasformandolo in seduta a tutti gli effetti.
"Corallium 6"  Marmo nero del Belgio, cotone cerato, ferro brunito. Pezzo unico
Corallium 6, marmo nero del Belgio, cotone cerato, ferro brunito. Pezzo unico
Riferiti al gesto e alla cultura del rammendo sono i tavoli della nuova collezione per la galleria romana. Anche qui si tratta di un incontro tra mondi che si scoprono complementari più che opposti: quello antico dell’artigianalità che ripara, ricuce, sutura col gesto ponendo rimedio ai danni del tempo e quello della tecnologia dei macchinari a controllo numerico che taglia le pietre dure. Materiali vivi come il giallo di Siena, il nero del Belgio, il rosso Levanto vengono tenuti insieme da lacci di cuoio con colori a contrasto per far sì che l’inserto, il “rattoppo” sia ben visibile, perché esso appartiene alla cultura della trasformazione delle cose, unica possibile saggezza e via per la longevità.
Foto d'insieme dei Pillow Case nella Galleria O. Roma
Foto d'insieme dei Pillow Case nella Galleria O. Roma

Anche i tappeti sono realizzati con strisce di velluti Colony (Roma), tessuti a telaio jacquard e a bacchetta, tagliate e bordate con strumenti di precisione, in modo da rendere manifesto l’intreccio di trama e ordito e alludere a un tempo scandito da mani in movimento.

A completare la personale di Anastasio, oltre la collezione per la galleria, alcuni pezzi da precedenti lavori: tra questi una serie di vassoi in biscuit di porcellana che propongono un paesaggio-natura morta monomaterico. In questo lo spazio in positivo occupato dagli oggetti ne genera un altro in negativo, fatto del vuoto tra gli interstizi che chiede solo di essere colmato da altri oggetti da incastrare tra le cose presenti. Ma anche la serie di vasi sul concetto di protezione e fragilità, fatti di materiali frangibili, benché apparentemente duri, come il vetro, che viene salvato da elementi morbidi che lo avvolgono come un airbag.

"Linee D'Ombra" dettaglio.
"Linee D'Ombra" dettaglio.
Una costante riflessione sulla dicotomia duro-morbido, fragile-resistente che ci ricorda ancora una volta che negli impatti – fisici o psichici che siano – l’unica possibile azione di risposta è quella dell’elasticità che attutisce, ben più della rigidità inevitabilmente destinata alla rottura.
© riproduzione riservata

fino al 21 marzo 2015
Andrea Anastasio
Galleria O, Roma

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