La scienza dei missili, secondo Rubbi

L'ultima mostra dell'artista italiano allo Studio Guenzani passa in setaccio l'universo dell'esperienza quotidiana. Una ricognizione complessa che necessita una guida, per essere compresa.

Introducendo i lettori di un suo libro alla nozione scientifica di ordine di grandezza (migliaia, milioni, miliardi, ecc.), e a come questa possa essere fuorviante, in certi contesti, Isaac Asimov racconta di una conversazione avuta un giorno con la sua, paziente, moglie.
"Sai", le aveva chiesto, "quanto è raro l'Astato 215? Immagina di prendere tutta la crosta terrestre che compone il Nord e il Sud America, scavando fino a dieci chilometri di profondità, per poi setacciare tutto quello che hai trovato, atomo per atomo, alla ricerca dell'Astato 215. Sai quanti atomi ne troveresti?" La moglie non ne aveva idea.
"Praticamente nessuno", ha risposta Asimov. "Solo un trilione."
Per la sua ultima mostra allo Studio Guenzani, aperta fino a fine novembre, Matteo Rubbi ha fatto, in un certo senso, quello che Asimov ha consigliato o immaginato o sognato per sua moglie. Ha passato a un setaccio finissimo la superficie non della Terra, ma dell'esperienza quotidiana, degli oggetti qualsiasi, del ricordo degli anni di scuola, in cerca di tracce della scienza. Le ha trovate.

Entrando in galleria, il pubblico è accolto da una stanza che richiama, nel linguaggio, l'aspetto più stereotipico dell'arte contemporanea: una serie di lucine, uno schermo monocromo, un suono elettronico che ritmicamente attraversa lo spazio. È immediato, per il pubblico, pensare a quanti artisti del passato (c'è un'eco chiara, per esempio, di Gonzalez-Torres) abbiano creato opere molto simili; quelle, però, non sono, in senso stretto, opere. Sono istantanee o biografie o identikit forensi di elementi chimici.
Il progetto di Rubbi è evidente nella sala seguente, che ospita una quantità indescrivibile di cose: palloncini che volano sino al soffitto, un secchiello che esala puzzo di piscina, lampadine, mazze da baseball, camei ottocenteschi, barrette metalliche, una fotocopiatrice, monete, frammenti. Gli oggetti sono disposti secondo un ordine che oscilla fra il rigore di un museo etnografico e la confusione di uno studio d'artista: in fila su tavoli o teche che però sono un po' troppo pieni, o gettati in terra con una casualità evidentemente non casuale. A ben guardare, si percepisce, tuttavia, la natura comune di quegli oggetti: sono elementi, gli elementi naturali, o ciò che di essi si può trovare guardandoci attorno, nella superficie delle cose con cui viviamo. C'è il fosforo del glow-in-the-dark e il magnesio dei flash, il tungsteno dei filamenti luminosi e il cloro delle piscine, e giganti segretissimi come il torio, il disprosio, il lantanio.

In fondo alla mostra, due lavagne illustrano la nascita dell'universo, con disegni coloratissimi; una palla da basket, all'ingresso, costituisce il centro di un modello del sistema solare in scala, disperso nella città. Mercurio è in cortile, un chiodo quasi invisibile. Saturno è una palla da ping-pong a svariati chilometri da lì. Questo, certo, come la selezione di oggetti in mostra, è un modello scientifico del mondo: ma la scienza a cui si ispira è fantastica e quotidiana al contempo: è la scienza dei libri illustrati, delle spiegazioni schizzate da un genitore sulla tovaglietta della pizzeria, è la scienza dei missili che vanno nello spazio.

La mostra include anche un libretto, una collezione di biografie fantastiche o di racconti impossibili sulla natura di ognuno dei 92 elementi, scritti da Rubbi come guida per orientarsi, o perdersi, nella loro esplorazione. Senza una guida, in effetti, nella mostra si rischia di smarrirsi. Si ha la sensazione di essere in un laboratorio scientifico abbandonato di fretta per timore di una catastrofe, in un'aula scolastica in sciopero, in un museo segretamente abitato: manca il ricercatore fuggiasco, il professore assente o l'abitatore nascosto che fornisca la chiave di quegli oggetti, la loro proiezione sulla tavola periodica degli elementi. Mentre si studia, di sguincio, il libretto, si è illuminati a tratti da un lampo verde, e dal fischio, da fuori, di un fuoco d'artificio. Il colore, naturalmente, dipende dal fatto che è farcito di boro.
Vincenzo Latronico
Matteo Rubbi al lavoro per la messo a punto delle <i>Lavagne</i>, alla galleria milanese.
Matteo Rubbi al lavoro per la messo a punto delle Lavagne, alla galleria milanese.
Matteo Rubbi, <i>
Lavagne</i>, 2010.
3 parti, 
ardesia, gessetti colorati, 
cm 150 x 100 cad. 
Courtesy Studio Guenzani, Milano.
Matteo Rubbi, Lavagne, 2010. 3 parti, ardesia, gessetti colorati, cm 150 x 100 cad. Courtesy Studio Guenzani, Milano.
Veduta generale "Gli Elementi", materiali vari installazione ambientale, 2010.
Veduta generale "Gli Elementi", materiali vari installazione ambientale, 2010.
"Gli Elementi", materiali vari, installazione ambientale (particolare), 2010.
"Gli Elementi", materiali vari, installazione ambientale (particolare), 2010.

Ultimi articoli di Arte

Altri articoli di Domus

Leggi tutto
China Germany India Mexico, Central America and Caribbean Sri Lanka Korea icon-camera close icon-comments icon-down-sm icon-download icon-facebook icon-heart icon-heart icon-next-sm icon-next icon-pinterest icon-play icon-plus icon-prev-sm icon-prev Search icon-twitter icon-views icon-instagram