Dare forma alle città

Il convegno “Urban Age 2016”, alla 15. Biennale Architettura, ha preso in considerazione la questione della scala, suscitando accanite discussioni tra sostenitori dell’urbanistica top-down e bottom-up.

Il progetto Urban Age ha dato vita per oltre dieci anni a ricerche, concorsi e convegni che mettono a confronto progetto e politica nelle città di tutto il mondo. Quest’anno un convegno intitolato Shaping Cities (“Dar forma alla città”) si è svolto a Venezia, il 14 e 15 luglio, come manifestazione speciale nel quadro della 15. Biennale Architettura.
Urban Age 2016: Shaping Cities, Venezia
Urban Age 2016: Shaping Cities, Venezia
Una serie di conferenze e di tavole rotonde che ha totalizzato 40 interventi da 25 città ha attirato l’interesse dei numerosi visitatori professionali, tra cui sindaci di varie città, urbanisti, architetti, accademici ed economisti. I temi discussi sono stati molti e vari, ma il carattere pubblico dei programmi ha dato spazio ai temi predominanti della scala, della durata, delle potenzialità e dei limiti delle comunità e della capacità di progettisti e politici di trovare un punto d’incontro. Nell’èra urbana in cui viviamo, con la prospettiva che nel 2050 il 75 per cento della popolazione mondiale viva nelle città, il ruolo di queste ultime nel procurare occasioni di sviluppo, compensare le disuguaglianze, fornire prospettive politiche, migliorare la salute pubblica e le condizioni ambientali non è mai stato più importante. E la centralità di questi temi dà luogo a un’emergenza che ha provocato un dialogo appassionante anche se a tratti difficile.
Urban Age 2016: Shaping Cities, Venezia
Urban Age 2016: Shaping Cities, Venezia
Joan Clos, direttrice di UN-Habitat, il programma delle Nazioni Unite per gli insediamenti umani, ha aperto il suo intervento sottolineando la forte crescita dell’espansione urbana informale e non pianificata, dato che nel 70 per cento delle città del mondo il tasso dell’espansione urbana pianificata oggi è in diminuzione. Il che pone la questione di come affrontare la crescita delle città, aumentandone la densità e allargandone i confini, oppure pianificando gli interventi per dare spazio agli insediamenti informali. E poi, come ha chiesto il professor Mark Swilling dell’Università di Stellenbosch, in Sudafrica, da dove verranno le risorse destinate alla crescita urbana?
Urban Age 2016: Shaping Cities, Venezia
Urban Age 2016: Shaping Cities, Venezia

Il professor Shlomo Angel della New York University ha affermato che l’espansione delle città è la strategia più praticabile, sostenendo che, pur avendo Lagos e Parigi la stessa popolazione, il PIL e il territorio di Parigi sono notevolmente maggiori perché, a mano a mano che ci si arricchisce, “aumentano i consumi di ogni genere”. Il problema delle città ristrette o limitate, ha affermato, è che la casa ha generalmente un costo troppo alto tranne che per pochissimi: se i poveri hanno accesso al territorio (e al mercato del lavoro) nelle periferie, saranno in grado di trovar casa da sé.

Al contrario Swilling ha sostenuto che la gestione attuale della città richiede risorse eccessive e ha proposto invece una “intensificazione strategica”, cioè un’urbanistica dell’efficienza delle risorse ottenuta attraverso la riconfigurazione delle infrastrutture. A suo parere, in definitiva, migliorare parallelamente l’efficienza di risorse e infrastrutture e la densità è il modo migliore per sostenere l’aumento della popolazione urbana, in presenza o meno di un’espansione.

Urban Age 2016: Shaping Cities, Venezia
Urban Age 2016: Shaping Cities, Venezia
Mentre le città continuano a crescere e i temi della durata, del capitale, della densità, delle risorse e dei confini sono tutti materia di contestazione, è stato anche necessario prendere in considerazione la questione della scala. Il convegno ha suscitato alcune accanite discussioni sui vantaggi dell’urbanistica top-down nei confronti di quella bottom-up, alla grande come alla piccola scala.
Urban Age 2016: Shaping Cities, Venezia
Urban Age 2016: Shaping Cities, Venezia
Shaping Cities ha presentato vari progetti che si possono descrivere come interventi di piccola scala, su misura per gli ambienti e le comunità specifiche per cui sono stati concepiti. In questo senso risultano i più adatti alle soluzioni e ai progetti creativi, per rispondere al contesto di cui sono parte e riuscire a essere incisivi. Inoltre a questo livello è possibile trarre insegnamenti dalla ricchezza di risorse delle comunità. La Scuola di Makoko, intervento architettonico nella comunità di Makoko che fa uso di materiali riciclati, costruita su palafitte a Lagos, è tra i più adatti al recupero dei materiali e a usare le risorse che le persone hanno già a disposizione, come – nel caso della scuola – le bottiglie di plastica. Anche Alejandro Aravena ha sottolineato l’importanza di usare materiali ampiamente disponibili, materiali semplici, che si prestano alla progettazione e alla costruzione. Inoltre i progetti di piccola scala creano un senso molto più forte di impegno e di possibilità di iniziativa nelle comunità. La messicana Rozana Montiel ha illustrato un progetto in cui è stata realizzata un’apparecchiatura meccanica, mossa da una bicicletta, per purificare l’acqua, che dà alle persone il senso del controllo su questa risorsa.
Urban Age 2016: Shaping Cities, Venezia
Urban Age 2016: Shaping Cities, Venezia
La piccola scala migliora l’integrazione e la qualità del progetto, sostiene Aravena, mentre la centralizzazione delle decisioni porta a un progetto discutibile. Stefano Recalcati di Arup ha poi affermato che il successo del recupero del litorale marino in Italia, come nel caso delle acciaierie di Bagnoli presso Napoli, ha implicato una serie di azioni collettive che comprendevano l’impegno della popolazione, oltre che la semplificazione del processo di pianificazione allo scopo di permettere a queste comunità di avere un peso maggiore. Per l’architetto messicano José Castillo il miglioramento della pianificazione richiede “strategie trasversali”, richiede di sbagliare di più e più rapidamente, coinvolgendo i non specialisti e non fidandosi degli esperti. Tanto Montiel quanto Adyemi hanno sostenuto che, se hanno successo, i progetti più piccoli possono crescere di proporzioni. Montiel ha affermato che gli interventi tattici di minime dimensioni si possono adattare a nuovi contesti e si possono ampliare, mentre Adyemi ha affermato che si impara alla scuola delle comunità, traendone ispirazione per nuovi progetti che ampliano le loro proporzioni nella fase seguente.
Urban Age 2016: Shaping Cities, Venezia
Urban Age 2016: Shaping Cities, Venezia

È inevitabile che le soluzioni di piccola scala non siano necessariamente in grado di dar forma o tutelare la città alla stessa scala degli interventi economici, giuridici e politici.

Sono stati presentati diversi casi di importanti progetti di grande scala, a volte con un’impostazione top-down. Mentre è vero che il sindaco di Barcellona Ada Colau non può affrontare uno per uno i problemi a livello locale, molte leggi che riguardano la struttura della città sono responsabilità dello Stato e magari di un governo federale. I progetti di piccola scala non possono intervenire sulla sfera del territorio e della proprietà terriera, indispensabili all’ampliamento e allo spazio pubblico come ai progetti di infrastrutture di grande scala. Come dice Jennifer Musisi, il suo lavoro a Kampala deve anche combattere contro una legislazione che favorisce l’urbanizzazione, compresi i cinque differenti tipi di proprietà terriera vigenti in città, e contro l’assenza di una strategia che li riunisca in un unico sistema.

Urban Age 2016: Shaping Cities, Venezia
Urban Age 2016: Shaping Cities, Venezia
Poiché gli sforzi di controllare le migrazioni forzate e il cambiamento climatico influiranno tanto drasticamente sull’ambiente urbano, e visto che gli effetti concreti delle scelte politiche a livello locale si avvertono con maggior forza, è importante che a livello locale le persone si sentano in grado di influire sulle scelte politiche che calano dall’alto. Il conflitto delineato dal sindaco di Venezia Luigi Brugnaro a proposito delle divergenze tra l’Unesco e i veneziani sulla gestione di Venezia testimonia la necessità che le comunità si sentano in grado di influire sulle iniziative che partono dal basso come su quelle di grande scala.
Ada Colau, sindaco di Barcellona, ha sostenuto che l’incapacità di influire concretamente sulle forze della propria città e il relativo crescente senso di esclusione hanno molte conseguenze sul benessere psicofisico. Se, come ha affermato Ed Glaeser, occorre cambiare l’atteggiamento sulle infrastrutture in modo da ottenere come risultato finale una riduzione del disagio percepito dalla collettività, l’impegno delle comunità sarà cruciale, e le comunità accresceranno il loro coinvolgimento se sentiranno di poter influire sul risultato dei progetti di grande scala. Per questo motivo anche progetti che si gestiscono meglio su grande scala richiedono contributi per così dire dal basso, ovvero da parte della comunità, per poter essere realizzati.
Urban Age 2016: Shaping Cities, Venezia
Urban Age 2016: Shaping Cities, Venezia
Un modo per superare la netta divisione tra impostazione guidata dalle comunità e impostazione top-down è quello che il vicesindaco di Parigi Jean-Louis Missika ha battezzato “urbanistica negoziata”. Per Missika il progetto Réinventer Paris (“Reinventare Parigi”), una serie di nuovi progetti d’architettura di vari autori per la maggior parte destinati alla periferia parigina, è un tentativo di proteggere e favorire con questa forma di pianificazione quelli che chiama “diritti collettivi urbani” tramite la creazione di nuovi spazi interstiziali e nuove proprietà comuni. Per esempio il progetto Mille Arbres (“Mille alberi”) di Manal Rachdi (OXO Architects) e Sou Fujimoto Architects, per un sito del boulevard Pershing, crea un edificio di collegamento sopra la circonvallazione all’altezza dell’avenue de la Porte de Ternes. In un’altra situazione lo studio David Chipperfield Architects ha vinto il concorso per la riprogettazione di un sito del boulevard Morland con un complesso plurifunzionale che comprende abitazioni, un ostello della gioventù, uffici, negozi e un mercato. Sono progetti che spezzano la dicotomia tra pubblico e privato, interventi di piccola scala e grandi opere urbanistiche, e approdano a spazi mutevoli e collaborativi per mettere insieme differenti tipi di popolazione.
Urban Age 2016: Shaping Cities, Venezia
Urban Age 2016: Shaping Cities, Venezia

Il processo che dà forma alla città è multilaterale e mette in causa i concetti di diritto e di autorialità. In molti contesti le soluzioni di piccola scala sono le migliori per la qualità dei risultati progettuali e per il coinvolgimento dei cittadini, ma non necessariamente per le crisi impellenti.

Questo convegno Urban Age, che si è svolto in parallelo a una mostra compresa nel programma della Biennale intitolata Conflicts of an Urban Age, ha rappresentato una speciale risposta a due manifestazioni internazionali che hanno portato in primo piano l’architettura e l’urbanistica. Prima di tutto alle limitate risposte localizzate degli artefatti architettonici esposti in Reporting from the Front, la 15a Biennale Architettura, che sostiene che la scarsità, l’insicurezza e la deprivazione producono risposte ingegnose e progetti intelligenti. Dall’altro lato ha rappresentato il tentativo di esercitare un influsso sul programma di lavoro di UN-Habitat III, l’incontro che si tiene ogni vent’anni che si svolgerà in ottobre a Quito, in Ecuador. La diversità dei toni dei partecipanti al convegno è la dimostrazione che, quale che sia il successo di questo incontro nell’elaborare un programma coordinato, esiste un modo di realizzarlo e che la realizzazione del programma sarà – come deve essere – spezzata dal contesto in cui si svilupperà. Prendere atto di questa inevitabile interruzione – la confusione – permetterà le soluzioni contingenti che sono in definitiva necessarie per il successo e la salute della città.

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