Le Corbusier: Celebrare cinquant’anni...

Il corso organizzato da Carlo Olmo e Sergio Pace è nato dall’esigenza di fare il punto su 28 anni di studi lecorbuseriani, in vista delle celebrazioni per il cinquantenario della morte del maestro svizzero.

Sono trascorsi quasi 50 anni dalla scomparsa di Le Corbusier (1887-1965), ormai 28 anni dalle celebrazioni per il centenario della sua nascita; e, in questo arco di tempo, l’opera e la vita del maestro svizzero sono state al centro d’innumerevoli ricerche e pubblicazioni.
La letteratura sull’argomento è infatti molto ampia e spazia dai testi legati strettamente all’architettura, urbanistica, design, arte, a quelli di contestualizzazione sociologica, culturale e geografica dell’autore e dell’opera, o che affrontano nuovi aspetti biografici e documentali o anche, tra i più recenti, che trattano il restauro dei suoi edifici.
Le Corbusier 50 anni
La locandina del corso tenutosi al Politecnico di Torino 11-14 novembre 2014
Dall’esigenza di fare il punto di una situazione che sembra ormai sfuggire di mano e in vista delle celebrazioni per il cinquantenario della morte, che si terranno quest’anno, è nata l’iniziativa di Carlo Olmo e Sergio Pace di organizzare il Corso di eccellenza “Celebrare cinquant’anni, dopo averne celebrati cento. Ventotto anni di studi e ricerche su Le Corbusier (1987-2015)”, che si è svolto l’11-14 novembre 2014 al Politecnico di Torino nell’ambito del dottorato in “Architettura. Storia e Progetto”. Erano presenti noti studiosi lecorbuseriani come Bruno Reichlin, Stanislaus von Moos, Jean-Louis Cohen, esperti nel campo del restauro come Stefano Musso, Susanna Caccia, Roberta Grignolo, oltre a Bénédicte Gandini della Fondation LC, Michela Rosso e Rosa Tamborrino, storiche dell’Architettura del Politecnico di Torino, e la storica della lingua Raffaella Scarpa.
Il tema della “ricezione” dell’opera lecorbusieriana, da parte di chi la studia, osserva, “legge” e “riscrive”, è stato centrale in diversi interventi, ma focalizzato in particolare da Carlo Olmo. La questione è stata discussa nelle sue varie accezioni: dal restauro all’interpretazione attraverso le mostre, i libri o la “ricezione” da parte dei contemporanei di Le Corbusier e oltre. I grandi fenomeni di massa, come ha mostrato Sergio Pace, trasformano poi l’autore in una vera e propria icona pop e di culto, alimentata dalla produzione di gatget, fumettistica, oggetti di arredo, ecc.
Rispetto al 1987, si è acquisita una distanza temporale tale che l’opera di Le Corbusier – e l’“architettura contemporanea” in generale –, è entrata a pieno titolo a far parte della storia e della storiografia. Nonostante ciò, l’opera del maestro ha ancora oggi a che vedere con i materiali, i documenti e l’immagine che lui stesso ha costruito nell'arco della sua vita. Chiara era, infatti, la sua intenzione di affermarsi come intellettuale e artista totale: dalla prima Mostra di Ozenfant e Jeanneret del 1918 a Parigi, dove si presenta come pittore del movimento purista, alle successive  esposizioni, soprattutto negli anni ’50-’60, di pitture, sculture e anche arazzi, realizzate in tutto il mondo.
Tra queste, è stata ricordata da Carlo Olmo la mostra fiorentina a Palazzo Strozzi del 1963, “L’opera di Le Corbusier”, studiata da Susanna Caccia, che mise in primo piano l’artista affermato, proprio perché Le Corbusier riuscì a convincere Carlo Ludovico Ragghianti, che aveva promosso l’evento, a non porre in primo piano le sue architetture, ma le pitture e sculture. Ed è la sua determinazione a essere e a presentarsi come un intellettuale e artista a tutto tondo che rende Le Corbusier diverso e unico rispetto ad altri architetti suoi contemporanei. Di questo si è parlato nel corso del convegno, insieme al tema della sua attività di scrittore, ovvero all'uso del “verbo”, come Le Corbusier ama dire nel libro L’Atelier de la recherche patiente (Parigi, 1960). Si tratta di un campo di ricerca nuovo, ancora poco esplorato e di frontiera, eppure ricco di materiali e opportunità, data la varietà e il numero degli scritti (tra libri, articoli, lettere, relazioni tecniche, ecc.). Raffaella Scarpa ha mostrato come Vers un architecture si presti ad essere oggetto di interessanti studi linguistici, inevitabilmente però inscindibili dalla combinazione con le immagini, anche ritoccate, come ha sottolineato Jean-Louis Cohen, e trasformate in “forme pure” per predisporre in modo efficace la rappresentazione e ricezione pubblica di sé nella sua prima opera importante.
Ma è possibile dire o fare oggi qualcosa di nuovo sulle sue architetture? Come hanno mostrato gli esperti invitati, il restauro delle sue opere è la vera novità di questi anni. Esso costituisce un filone importante di conoscenza e di analisi filologica sull’arte di costruire lecorbusieriana, ma rappresenta anche un modo di avvicinarsi alle opere più concreto e urgente: perchè si lavora direttamente sull’opera e all’interno del  cantiere, ma utilizzando contemporaneamente documenti d’archivio (tra essi ricordiamo gli Archivi del Restauro della Fondazione LC) che, attraverso un percorso critico, possono dare indizi significativi per una realizzazione adeguata degli interventi. Anche nel campo del restauro sono fondamentali gli studi di Bruno Reichlin, basati su un approccio intertestuale e  genetico dell’opera, inteso non solo come ricostruzione e stratificazione diacronica delle diverse fonti, ma come ricerca delle origini, soluzioni, pratiche e idee che hanno dato vita e forma al progetto nel contesto dell’intera opera e delle diverse attività dell’autore. Questa metodologia di ricerca, utilizzata da  studiosi come, tra gli altri, Josep Quetglas, Tim Benton, Caroline Maniaque, sembra essere ancora oggi quella che riesce a cogliere in maniera approfondita e pregnante l’architettura, anche perché i numerosi documenti d’archivio, di cui la maggior parte sapientemente conservati da Le Corbusier e raccolti prima della sua morte nella Fondazione LC, sono il materiale che alimenta questi studi. Ci sono poi libri che ancora oggi, grazie anche alle ristampe, rimangono vivi e imprescindibili per chi si avventura ad approfondire il tema. In particolare, è stato ricordato Le Corbusier. Elements of a synthesis di Stanislaus von Moos (prima edizione in tedesco del 1968), ristampato nel 2009 con nuovi post scriptum ai sette capitoli che – insieme a pubblicazioni come Le Corbusier: Ideas and form di William Curtis del 1986 –, ha contribuito a sistematizzare in modo chiaro e puntuale la biografia e l’intera opera di Le Corbusier.

Come sintesi dell’incontro tra Storia e Progetto Pierre-Alain Croset ha coordinato poi un seminario su Ronchamp destinato ai dottorandi, nel quale, tenendo conto del dibattito sorto in seguito al progetto di Renzo Piano, sono state proposte idee e soluzioni progettuali nuove per il recupero dell’area della Cappella, con l’intento di restituire un senso sociale all’opera, al luogo e al  paesaggio.

Gli atti del convegno, molto ricco e utile a orientare e capire meglio lo stato della ricerca su Le Corbusier oggi, saranno raccolti in un volume, edito dalla Fondazione Adriano Olivetti nella Collana Intangibili, che uscirà proprio nel 2015.

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