Urban Age: Hong Kong

Quest'anno il convegno di Urban Age ha scelto Hong Kong come argomento di ricerca e di dibattito sul complesso collegamento tra città, salute e benessere.

Con i suoi grattacieli stretti tra il porto e la montagna, Hong Kong non ha terreni edificabili e ha bisogno di espandersi. Così sale verso l'alto nel tentativo di dare alloggio a 7 milioni di persone in un nucleo compatto di soli 1.068 chilometri quadrati. Solo il 6 per cento della popolazione di questo polo della logistica e dei trasporti riconosciuto a livello mondiale si sposta in automobile. Ma, se si esamina al microscopio il DNA sociospaziale di Hong Kong, i rischi dell'alta densità e della capacità espansiva stanno chiaramente provocando i loro effetti. "Frenetica, stratificata e affollata" è la definizione della sua condizione urbana espressa nel 2010 da Civic Exchange, il principale centro studi su Hong Kong, in netto contrasto con le immagini di dinamica vitalità e di mescolanza tra Oriente e Occidente, antico e moderno, volentieri comunicate da innumerevoli riviste di viaggi.

Quest'anno il convegno di Urban Age ha scelto Hong Kong come argomento di ricerca e di dibattito sul complesso collegamento tra città, salute e benessere, con una miriade di esperti di sanità, urbanistica, architettura e politica sociale. Rivolgendosi a questo eminente gruppo internazionale Ricky Burdett, direttore del LSE Cities di Londra, fondatore insieme con la Alfred Herrhausen Society della Deutsche Bank del ciclo di indagini sul problema dell'urbanizzazione rapida, ha sottolineato come Hong Kong superi di gran lunga New York e Shanghai per esplosione demografica. Il fenomeno, non sorprendente per molti ospiti, è il portato della scelta della verticalità nell'edilizia, che costituisce un punto tanto di forza quanto di debolezza. Anche i tanto vantati servizi di trasporto vivono su un compromesso: a buon mercato, frequenti ed efficienti – secondo Christine Loh, direttore generale e professore associato di Ecologia presso la Hong Kong University – ma non rispettosi dell'ambiente. Hong Kong soffre di un pesante inquinamento atmosferico, che ricade sproporzionatamente su poveri e bambini, a causa di una flotta datata di autobus e di autocarri diesel. Le varie difficoltà inevitabilmente si intrecciano a creare ulteriori problemi e, con tutti quei grattacieli che creano canyon viari – afferma Loh – la dispersione degli agenti inquinanti a livello stradale diventa molto più difficile. L'edilizia inoltre qui si fa sulle grandi dimensioni: si impadronisce di ogni metro quadrato di terreno disponibile per massimizzare i profitti e di conseguenza non c'è abbondanza di spazi pubblici aperti.
Foto di apertura: Wei Leng Tay. Qui sopra: photo Nic Tinworth
Foto di apertura: Wei Leng Tay. Qui sopra: photo Nic Tinworth
Il modo in cui le problematiche ecologiche si manifestano è una minaccia per lo sviluppo economico. Due importanti progetti urbanistici previsti (il ponte Hong Kong Zhuhai Macao, che collega la città con la riva occidentale del Fiume delle Perle, e la terza autostrada per l'aeroporto) nascondono importanti interessi privati. Com'era prevedibile ciò ha catalizzato un dibattito che inquinatori e amministratori danno segno di voler risolvere il più presto possibile con la riduzione delle emissioni. Come campo di forze che illustra dati, ricerche ed esempi recenti, il convegno stesso ha fortemente ampliato la discussione da una giustificazione esclusivamente economica delle migliorie ai benefici etici e sanitari rivolti all'intera società. Il programma ha presentato molti esperti di urbanistica che hanno articolato i temi della densità e dell'affollamento, come Anthony Yeh, professore di Urbanistica all'Università di Hong Kong, per il quale i due concetti non necessariamente coincidono. L'alta densità è un uso più efficiente del territorio, più economicamente conveniente per la fornitura dei servizi pubblici; rende più efficiente il trasporto pubblico e riduce i costi energetici. Ma per ovviare ai suoi punti deboli e renderla vivibile, sostiene Yeh, "urbanisti, architetti, amministratori, comunità e cittadini devono lavorare tutti insieme". Due rimedi che secondo lui sono già applicati in città sono il miglioramento della pianificazione e della progettazione, in modo che edifici e schemi siano collocati più a distanza e con più spazio libero, facendo miglior uso della cima degli edifici e dei plinti, da trasformare a destinazione comunitaria e ricreativa.
Photo Nic Tinworth
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Per approfondire questi temi sul territorio LSE City ha lodevolmente organizzato gruppi interdisciplinari in modo da compiere un'analisi particolareggiata di tre delle zone più dense e problematiche della città: Whampoa, a Kowloon, sull'altra riva della baia, ben collegata all'isola di Hong Kong e con una veduta spettacolare su tutto il porto; Sham Shui Po, dagli anni Cinquanta sede dei commerci tessili cittadini, i cui abitanti sono relativamente poveri; e Sai Ying Pun, zona di primo insediamento a Hong Kong risalente al 1841. Joshua Bolshover, professore associato all'Università di Hong Kong, responsabile della ricerca, definisce Sai Ying Pun una delle zone più complesse e problematiche della città. L'Urban Renewal Authority [l'agenzia pubblica per il rinnovamento urbanistico della città] sta acquistano terreni in quest'area, sostituendo i piccoli lotti con grandi palazzi: "il tessuto di vuoti e solchi di piccole dimensioni" che dava spazio all'interazione sociale e al lavoro.
La densità deve essere progettata meglio per evitare di compromettere la sanità pubblica e il benessere di tutta la popolazione urbana
Photo Nic Tinworth
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A Sham Shui Po, dove quasi il 30 per cento della popolazione vive al di sotto del livello di povertà, prevale uno degli aspetti più rischiosi della città: le "case a stia", con le stanze divise verticalmente in due piccole unità sovrapposte che portano la densità a 40 persone per appartamento. Quest'autunno 80 affittuari di stanze suddivise sono sfuggiti per poco alla morte per un cortocircuito dei cavi dei contatori. Lo spazio pubblico viene radicalmente ristretto ovunque possibile, afferma Bolshover: qualche panchina fuori della stazione della metropolitana, parchetti tascabili qua e là tra un edificio e l'altro o sugli spartitraffico. Anche qui gli isolati inadatti all'abitazione sono in via di sostituzione e gli sfrattati ricevono un indennizzo per affittare una casa in altri quartieri ma, secondo Bolshover, "i legami forti del tessuto sociale del quartiere vengono erosi".
Photo Wei Leng Tay
Photo Wei Leng Tay
Whampoa è la più borghese delle tre zone prese in esame. Il Quartiere giardino di Whampoa ha sostituito i magazzini portuali chiusi nel 1985, senza lasciare traccia dell'antico patrimonio industriale. Bolshover lo descrive come "un condensato della Ville Contemporaine di Le Corbusier del 1922, l'utopia immobiliare plurifunzionale di una popolazione felice". I suoi centri commerciali e la sua area pubblica per il tempo libero offrono svariate occasioni di shopping. Ma la percezione del benessere in queste tre zone è stata molto diversa secondo l'età degli abitanti, come LSE ha scoperto nel corso della ricerca. Una persona di mezza età residente a Whampoa ha dichiarato che il suo orario di lavoro era così lungo che la qualità relativa dell'ambiente locale non era così importante: come molti coetanei stava poco a casa. Nonostante la densità i membri del gruppo di ricerca hanno riferito di una scarsa interattività con i vicini. Gli interpellati più anziani hanno dichiarato che, al confronto con i tempi del colonialismo, trovavano la vita più difficile, e parecchi, data la perdita dei luoghi familiari, constatavano pochi miglioramenti nel modo in cui il rinnovamento urbano veniva realizzato. Per la maggior parte sacrificavano qualità e ampiezza della casa per approfittare dei vantaggi di Hong Kong. Ma il convegno e la sua ricerca hanno illustrato quanto l'equazione sia squilibrata, sempre più sbilanciata a causa della scarsa qualità ambientale, dell'aumento dei prezzi degli immobili, della competitività del mercato del lavoro; e dalla logica del rinnovamento urbanistico. La SoCO (Society of Community Organization), organizzazione comunitaria senza fini di lucro costituita nel 1972, afferma che oggi più di 320.000 persone attendono l'assegnazione di un alloggio convenzionato a causa della diminuzione delle unità assegnate ogni anno. Benché il numero di coloro che vivono nelle case a stia e nei cubicoli sia sceso dai 210.100 del 2011 a 75.600 (dati 2010), l'associazione afferma che "il dato è sottostimato perché non tiene conto dei residenti che vivono in edifici industriali". Indica le mancanze della politica amministrativa nella riduzione delle unità residenziali da 50.000 a 15.000 l'anno e nell'insufficiente assegnazione di superficie all'edilizia pubblica in affitto, nell'assenza di sussidi per l'affitto e nel discriminatorio sistema a punteggio per chi vive solo, con un attesa media di otto anni.
Photo Wei Leng Tay
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La densità deve essere progettata meglio per evitare di compromettere la sanità pubblica e il benessere di tutta la popolazione urbana, e il punto è se l'amministrazione di Hong Kong stia facendo abbastanza in fatto di politica sociale, mentre il rinnovamento urbano e la costruzione delle infrastrutture distruggono gli spazi pubblici e i servizi locali sostituendoli, come hanno sottolineato Myfanwy Taylor e Cristina Inclan-Valadez, che hanno realizzato le interviste con gli abitanti, "con alberghi di lusso e palazzi d'appartamenti la cui domanda e la cui offerta dipendono dal mercato immobiliare, e che generano un senso di perdita in molti abitanti". Sanità, benessere e città sono compatibili? Data la polarizzazione sociale ed economica dei paesi sia avanzati sia in via di sviluppo, la risposta richiede un strategia sanitaria completa, il che a Hong Kong significa non solo eliminare dalla città le tremende abitazioni a cubicoli, ma costruire abbastanza abitazioni di edilizia sociale di buona qualità in ubicazioni convenienti, ben servite, e senza permettere che vengano ristrette, loro e i loro futuri inquilini, in minuscole 'stie'. Ma, in assenza di altre forze – la presenza di istituzioni come la SoCO, che attraverso la sua opera di formazione civica e le sue iniziative sociali ha educato gli strati sociali più bassi al senso della responsabilità civica in modo che possano esercitare le loro potenzialità politiche – è possibile favorire la crescita di un più ampio e generoso senso del benessere urbano. Alcuni di questi problemi trovano un'eco profonda in altre città mondiali, in particolare le restrizioni applicate alla sanità; e gli esempi transculturali dei vari continenti sono stati ben rappresentati a Urban Age Hong Kong, per esempio da Edgar Pieterse, direttore dell'African Centre for Cities di Città del Capo, e da Siddharth R. Agarwal, direttore del Centro per le risorse della sanità urbana di Nuova Delhi. È stata opinione comune che la prospettiva spaziale della sanità e del benessere nelle città mette in risalto le disuguaglianze del benessere e contribuisce a creare una consapevolezza del progetto che in futuro avrà un effetto positivo su di esse, spostando l'accento – come hanno affermato Burdett e Taylor – dall'astrattezza delle statistiche di una generica popolazione 'rurale' e 'urbana' senza spazio e senza luogo agli spazi urbani e a luoghi delle città.
Photo Wei Leng Tay
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Nelle loro conclusioni hanno puntato il dito su un dilemma, affermando che "oggi la sanità non è più questione di controllo centralizzato della politica o della prassi urbanistica, e viceversa". Mentre la sanità era alla base delle motivazioni dei più importanti movimenti architettonici e urbanistici del XX secolo, questo slancio è andato perso in molte ristrutturazioni urbanistiche, con un influsso negativo sul modo di affrontare l'abitazione, la distribuzione dell'acqua e l'igiene, e soprattutto la morfologia urbana. Un ulteriore, incombente problema sta nel fatto che, in molti casi, le amministrazioni cittadine sono più un ostacolo che una parte della soluzione. Riunendo insieme una moltitudine di specialisti multidisciplinari Urban Age intende influire sul modo in cui le strategie vengono gestite, creando un rapporto migliore tra ricerca, amministrazione e prassi. Una prospettiva più umana del bisogno di abitazioni, del calore dei quartieri percorribili a piedi con spazio verde in quantità per contrastare l'obesità e le pressioni generatrici di tensione di oggi; tutti questi fattori urbanistici – affermano Burdett e Taylor – vanno sostenuti da metodologie qualitative (cioè relative a come gli abitanti vivono concretamente la città), al di là delle pure e semplici valutazioni quantitative consuete al momento della pianificazione. Sembra facile, ma il cambio di passo della sensibilità e dell'iniziativa deve provenire dall'ascolto e dalla valutazione della dimensione preminente, esperienziale di tutti gli abitanti della città. Lucy Bullivant

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