Corbu in Iran

Architetto e cliente s'incontrano sulle spiagge del Mar Caspio per costruire un'architettura tra cultura persiano/islamica e modernità occidentale. Progetto e foto Pouya Khazaeli Parsa. Testo Stefano Casciani.

Una nuova geografia dei luoghi alternativi della modernità prevede la possibilità di esistenza di mondi paralleli a quelli a noi meglio conosciuti e dove ogni segnale progettuale può essere immediatamente codificato. Incontrare in questi luoghi un altro genere di architettura contemporanea significa rimanere insieme affascinati e sconcertati – esattamente come nell'incontrare persone abitualmente lontane dai nostri percorsi esistenziali, incerti su come catalogarle ai nostri scopi amorosi, critici o di semplice comunicazione.

Se è quindi vero che ogni casa, almeno nell'interpretazione freudiana dei sogni, rappresenta la persona, in genere con tratti autobiografici, dovremmo immaginarci l'architetto Pouya Khazaeli Parsa – e probabilmente la sua cliente Tahmineh Darvish – come cittadini di una difficile Repubblica mediorientale, divisa tra Est e Ovest, modernizzazione e conservazione, falchi e colombe, lassez-faire e programma edilizio. Così, in un contesto che s'intuisce disordinato e casuale, l'architetto e il cliente hanno cercato di ricostruire, con esiguità di mezzi e oneste intenzioni progettuali, una struttura abitativa che segnalasse, almeno in parte, la loro vocazione modernista occidentale, opposta alla confusione delle idee e delle forme che il folklore vorrebbe proprie di questi luoghi.

Bandita quindi ogni fasulla suggestione islamizzante, Pouya Khazaeli Parsa (che ha anche lavorato per qualche tempo con Shigeru Ban al laboratorio sul tetto del Centre Pompidou) si concentra in una difficile variazione spaziale sulla "Poesia dell'angolo retto" corbusiana. L'intuizione progettuale decisiva, e originale, gli viene dal voler risolvere un'esigenza funzionale di semplicità disarmante: permettere agli abitanti della casa di ammirare il mistero del Mar Caspio (forse un mare, forse un lago), negato alla vista dei residenti dall'inverosimile affollamento edilizio nella località turistica di Daryacheh. Aiutato probabilmente dalla sua esperienza di scultore, Khazaeli Parsa slancia verso il cielo la struttura edilizia, segnandola con una rampa aerea che scava il volume chiuso della scatola muraria, crea al primo piano una terrazza aperta all'esterno e culmina verso il vero toit-jardin da cui si libera la vista della spiaggia.

Niente a che vedere con l'ossessione per i volumi a nastro che affollano tanti concorsi per edifici S,M,L,XL, la fisionomia dell'edificio rappresenta piuttosto la schizofrenica divisione del progettista contemporaneo: che da un lato aspira all'ordine necessario a ogni struttura, dall'altro è trascinato dalle esigenze espressive nelle volute del pensiero e della forma costruita.

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