Takeyama. Superurban #3

Si conclude qui il nostro viaggio volto a svelare le ineffabili regole che sottendono all'architettura della città di Tokyo.

[continua dalla seconda puntata]

Domus: Uno degli aspetti che si notano dell'Ichiban-kan è la rilevanza sociale degli spazi di circolazione. I due edifici non hanno porte: si può entrare direttamente dalla strada e salire subito al sesto o settimo piano e incontrarsi per caso. È come se la strada entrasse nell'edificio: è una cosa che non abbiamo più.

Minoru Takeyama: Quando ero bambino non c'erano chiavi. Per me l'edificio evoca la stessa atmosfera, anche se tutti i residenti hanno le porte blindate.

Yasutaka Yoshimura: Nell'edificio è possibile percepire lo spazio pubblico e ciò è veramente particolare e tipico di Tokyo: qui le ragazze si truccano per strada, sentono la strada come uno spazio privato. Quindi possiamo dire che a Tokyo il confine tra i due spazi si va assottigliando. Per questo credo che questo edificio sia molto rappresentativo della realtà di questa città. L'importante non è la facciata, ma il programma.

Yoshiharu Tsukamoto: Ci vuol dire in che modo avvenne la scoperta del suo edificio da parte di Charles Jencks, che poi lo scelse per la copertina del suo libro The Language of Post-Modern Architecture nel 1977?

Minoru Takeyama: A dire il vero, non ne ho idea. Avevo conosciuto Maggie Keswick, la moglie di Jencks, prima che si sposassero. Stava facendo delle ricerche per un libro sul giardino cinese, e l'aiutai a trovare del buon materiale. Era la figlia dei fondatori commerciali della colonia di Hong Kong, apparteneva a una famiglia molto ricca e in ottimi rapporti con molti aristocratici giapponesi. Ogni volta che veniva in Giappone, ci sentivamo. Maggie fece un sacco di lavoro per Jencks, come trovare nuovi edifici a Tokyo e cose del genere.
In alto: vista panoramica notturna dei due edifici. Sopra: a sinistra l'<i>Iban-kan</i> (edificio N.1),1967-69; a destra l'<i>Iban-kan</i> (edificio N.2), 1968-70. Foto di Matteo Belfiore
In alto: vista panoramica notturna dei due edifici. Sopra: a sinistra l'Iban-kan (edificio N.1),1967-69; a destra l'Iban-kan (edificio N.2), 1968-70. Foto di Matteo Belfiore
Yoshiharu Tsukamoto: Lei e Charles Jencks avete avuto molte discussioni?

Minoru Takeyama: Sì, abbiamo avuto molte discussioni, ma solo anni dopo. Anche Kisho Kurokawa era sempre con noi quando Jencks veniva in Giappone. Tuttavia non l'ho mai portato a vedere Nibankan e Ichiban-kan.

L'<i>Ichiban-kan</i> visto dal <i>Niban-kan</i>
L'Ichiban-kan visto dal Niban-kan
Domus: All'epoca, fu una sorpresa per lei vedere che il suo edificio era diventato, ancora più che un'icona, il programma per il movimento postmoderno? Lei ha affermato che in quei giorni non si riteneva un postmodernista.

Minoru Takeyama: Definire con precisione il postmodernismo è un compito difficile, e prima del postmodernismo… penso che sia difficile trovare del modernismo in Giappone. Credo che non si dovrebbe parlare di ciò che avverrà prima che avvenga.
Gli spazi di circolazione interni non sono separati dalla strada e funzionano da luoghi di socializzazione. Foto di Matteo Belfiore
Gli spazi di circolazione interni non sono separati dalla strada e funzionano da luoghi di socializzazione. Foto di Matteo Belfiore
La strada dall'<i>Ichiban-kan</i>. Foto di Matteo Belfiore
La strada dall'Ichiban-kan. Foto di Matteo Belfiore

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